· 

Bambini e ottimismo

10 buone prassi per stimolare il pensiero positivo nel tuo bambino


Molto spesso si pensa che uno nasca ottimista o pessimista perché “la genetica ha voluto così” …beh, in realtà non è proprio così. Gli occhiali che decidi di metterti addosso per guardare il tuo mondo sono più o meno scuri in base al tuo temperamento, ma anche in base alle esperienze che fai e alle relazioni che vivi.

Questo è, a mio avviso, un aspetto rilevante su cui riflettere: è stato dimostrato dalle ricerche che lo stile esplicativo (cioè il nostro personalissimo modo di “spiegarci la realtà”) è già formato all’età di 7/8 anni. Ciò significa che un bambino impara ad “usare i suoi occhiali” molto presto e, probabilmente, il modo di costruire la sua esperienza resterà stabile per il resto della sua vita.

Ecco che, allora, il ruolo di noi genitori può essere determinante per “influire” sul modo che i nostri figli avranno di leggere la loro vita e, soprattutto, gli eventi non proprio piacevoli che capiteranno inevitabilmente loro.

 

Come si forma uno stile esplicativo pessimistico?

 

Avete mai fatto caso al modo di spiegarsi gli eventi di un bambino di 4/5 anni? Tendenzialmente (le eccezioni esistono sempre…) per un bambino di questa età gli eventi sono sempre positivi e resteranno tali e, soprattutto, sono merito suo. Gli eventi negativi sono molto sporadici, passano subito e, in ogni caso, avvengono per colpa di altri. Infatti, anche il modo di manifestare la depressione di un bambino molto piccolo è davvero diverso da quello di un adulto.

Potremmo dire, quindi, che quando il bambino è piccolo c’è una sorta di “squilibrio” nello stile esplicativo. Questo squilibrio andrà, poi, modellandosi prendendo strade precise in base ad alcune esperienze che tuo figlio si ritroverà a fare, consolidandosi intorno ai 7/8 anni.

Da cosa dipende, perciò, il modo di costruire la nostra realtà?

 

-          Lo stile esplicativo di tuo figlio dipende dal tuo: è stata dimostrata un’ampia correlazione tra il modo di costruire la realtà di mamma e/o papà e gli occhiali che poi il loro figlio indosserà.

Se quando ti succede qualcosa di spiacevole inizi a pensare che “capitano sempre tutte a te perché non sei nata/o sotto una buona stella” o inizi a criticare te stessa/o come persona in toto a prescindere dall’evento scatenante, tuo figlio imparerà che se gli capita qualcosa di brutto è quasi sempre colpa sua e del fatto che, di base, non è ok.

Se, ancora, vedi un fallimento come un qualcosa che durerà per sempre e inciderà in maniera negativa su tutta la tua vita, tuo figlio imparerà che non c’è speranza, che le cose andranno sempre male e sarà molto difficile, se non impossibile, provare a modificare la situazione perché tanto è inutile (impotenza appresa).

 

-          Lo stile esplicativo dipende dal tipo di critiche che si ricevono nella vita, principalmente quando si è piccoli.

Non so se è solo una mia esperienza o ti trovi d’accordo, ma mi sembra che spesso tendiamo a criticare qualcuno come persona, e non in base all’aspetto specifico o all’azione che di quella persona ci dà fastidio.

Se io rivolgo a mio figlio delle critiche permanenti e pervasive (“sei cattivo”, “non capisci” ecc…) con molta probabilità lui imparerà che è davvero così. E siccome, soprattutto quando si è tanto piccoli, dipendiamo in tutto da mamma e papà, per essere amati e non perdere la loro “protezione” ci convinciamo che hanno davvero ragione.

 

-          Lo stile esplicativo dipende dalla portata delle avversità che ci capitano nella vita, e dal modo che chi ci sta accanto adotta per farvi fronte.

Chiaramente sarebbe meglio non sperimentare dei traumi nella propria vita ma, siccome non ne siamo immuni, potrebbe capitarci. Ancora più complicato se ci sono di mezzo dei bambini: lutti, separazioni, abusi, maltrattamenti, guerre, calamità naturali, malattie, incidenti…purtroppo ci sono eventi che non dipendono direttamente dalla nostra volontà e che, a volte, non possiamo evitare. Ma, per quanto un trauma sia molto doloroso e difficile da superare (anche se ci si riesce, non temere!), il punto non è il trauma in sé ma come rispondi ad esso.

Se io imparo dai miei genitori che quello che mi è successo ha causato dei danni irreparabili, che niente sarà più come prima e, soprattutto, che non posso fare altro che subire passivamente la sventura, questo sarà il mio modo di affrontare le avversità da grande. Ovviamente diciamo che ci sono buone probabilità che le cose vadano in questo modo, ma nulla è così pianificabile a tavolino: ho visto molte persone crescere diversamente, superare grossi traumi e cambiare il loro stile esplicativo lavorando su se stesse.

 

Se, quindi, i nostri figli apprendono l’ottimismo o il pessimismo attraverso le esperienze che fanno nella vita e se il “modello” che noi diamo loro ha così tanta rilevanza, cosa possiamo fare?

 

10 passi per insegnare l’ottimismo ai bambini

 

1.     Costruisci un clima sicuro

    Sono le relazioni a costruire ed alimentare il nostro Sé e, per questo, l’ottimismo dipende anche da quanta sicurezza il bambino sperimenta nella sua relazione di attaccamento. Parlo sia del tipo di relazione che instauri con tuo figlio, nei termini del “io ci sarò sempre per te”, “non ti abbandono” e “sono costante e prevedibile”, che nel modo di mostrarti quando succede qualcosa di spiacevole.

Pensa, per esempio, ad una caduta: tuo figlio piange perché si è fatto male. Ti metti a piangere e urlare anche tu andando in panico, o lo tranquillizzi e provi a contenere la sua paura? Ciò non vuol dire negare la propria paura o il dispiacere perché si è fatto male, ma dare a lui la sensazione che adesso viviamo una cosa che non ci fa tanto piacere, ma che dopo tutto passerà e andrà tutto bene. E’ chiaro che ho portato un esempio molto banale e ci sono situazioni ben più gravi, dove diventa quasi una presa in giro dire quello che sto dicendo: il mio è solo un esempio per farti capire il tipo di “approccio” alle avversità che potrebbe essere più funzionale per te e tuo figlio in un dato momento.

 

2.    Aiuta il tuo bambino a vedere delle sfide anche nelle difficoltà.

    Nella vita è molto frequente ritrovarci a vivere delle situazioni che non ci piacciono, o sperimentare delle cadute più o meno grandi. Questo è un qualcosa che non si può cambiare: ciò che si può cambiare è il modo di leggere quello che ti succede. Insegna al tuo bambino a trovare dei pensieri alternativi per affrontare le difficoltà: ciò significa vedere pian piano una connessione tra avversità, credenza e conseguenze.

Se tuo figlio impara a comprendere che le emozioni che prova e i comportamenti che adotta sono anche frutto delle “spiegazioni” che si è dato rispetto a quel fallimento, potrà sentire di avere maggiore potere per leggere la sua caduta in modo diverso, non crogiolandosi in essa. Questo, di nuovo, non vuol dire far finta che non sia successo nulla o essere felici a tutti i costi: significa rinforzare un atteggiamento proattivo rispetto alle avversità.

 

3.    Insegnagli a tollerare le frustrazioni.

    Sarebbe bello vivere in un mondo dove tutto è facile e non sperimentiamo mai una frustrazione…. o forse no?! Imparare a tollerare e accettare anche quello che non ci fa piacere ci permette di gestire meglio le nostre emozioni e di farcele “amiche”, adottando di conseguenza dei comportamenti più funzionali.

Esempio: il tuo bambino è triste e arrabbiato perché il suo amico del cuore ha la febbre e non può venire a giocare da lui. Cosa fa? Si butta sul divano senza voglia davanti alla tv, magari pensando che è sfortunato, che chissà quando potrà giocare con il suo amichetto, che adesso non c’è nulla di bello da fare. Cosa potrebbe fare di diverso per gestire questa “frustrazione” in maniera più proattiva? Magari potrebbe usare il tempo che doveva dedicare al gioco per scrivere una letterina al suo amico, esprimendo il suo dispiacere per come sono andate le cose (in modo da dare un nome alla frustrazione e, già così, modularla…), e pianificando tutte le attività che potranno fare insieme non appena lui guarirà (fiducia nel futuro, proattività ed esercizio di potere personale…).

 

4.     Alimenta potere personale e capacità di scelta.

   So che è molto difficile accompagnare i nostri figli quando sappiamo che, con molta probabilità, sbaglieranno: la nostra tendenza è, giustamente, quella di proteggerli e, in certi casi, quasi fare al posto loro. Purtroppo tutto questo passa il messaggio che da soli non ce la fanno, che ciò in cui credono ha poco valore ed è sbagliato. Accogli anche la diversità di vedute come un dono e non come un’espressione di oppositività fine a se stessa.

Permetti a tuo figlio di fare delle scelte da solo: che sia il vestito da indossare quando è più piccolo, fino ad arrivare alla scelta della scuola o dello sport quando è più grande. Prova a dargli la libertà di essere e scegliere quello che vuole. Ciò non significa “lavarsene le mani” e far fare a tuo figlio tutto quello che vuole: cammina accanto a lei/lui, esprimiti anche in merito al percorso che sta facendo, ma dai a lei/lui il potere di scegliere che strada prendere, trasmettendogli la tua fiducia nel fatto che sia in grado di farlo.

Questo può significare anche insegnare al tuo bambino a stabilire degli obiettivi personali più o meno grandi con gradualità, aiutandolo a scegliere tra diverse priorità e bisogni, e stimolando in lui/lei la capacità di monitorare quello che sta facendo. Tutto questo aiuta a passare il messaggio che il potere, e anche la responsabilità, sono nelle sue mani, proprio perché è il solo protagonista della sua vita.

 

5.      Evita le generalizzazioni.

      Come abbiamo visto sopra, un aspetto che incide molto frequentemente sul nostro approccio alla vita è proprio il tipo di critiche che abbiamo ricevuto. Se tuo figlio fa qualcosa che a te non va bene, concentrati il più possibile nel criticare il suo comportamento e non lui/lei in toto come persona. Prova ad essere il più precisa/o possibile rispetto a ciò che ti infastidisce, mandando il messaggio che sei sicura/o che il suo comportamento è temporaneo e legato strettamente ad una data cosa. No, quindi, a giudizi e svalutazioni generalizzate e poco circostanziate.

 

6.      Incoraggia il tuo bambino.

      L’autostima è un ingrediente fondamentale per lo sviluppo di un atteggiamento ottimistico verso la vita: più hai una buona stima di te, più sei portato a vedere anche la tua realtà in maniera positiva. Diventa, allora, importante far sentire al tuo bambino che fai il tifo per lui.

Non ti dico di lodare tuo figlio senza motivo o esagerando le sue doti, ma di passargli il messaggio che, in ogni caso, è ok così com’è. Ciò non significa che non deve sforzarsi di fare meglio o di raggiungere obiettivi sempre più alti, anzi! L’importante è che non carichi il tuo bambino di aspettative eccessive, magari trasmettendo il messaggio che è ok solo se fa certe cose, se si comporta in un certo modo, o se ha determinati successi.

Parliamo, in questo caso, di accettazione positiva incondizionata: quella bellissima componente di una relazione che ti fa sentire sostenuta/o e voluta/o bene, a prescindere da quello che fai, ma solo ed esclusivamente per quello che sei in quanto Persona.

 

7.      Rinforza ciò che ha di buono.

    Invece di focalizzarti sulle cose che in tuo figlio non vanno o sugli errori che fa, prova a rinforzarlo quando ha dei comportamenti che reputi funzionali. Dai anche il giusto valore agli aspetti del suo carattere che apprezzi, alle sue qualità, a tutto ciò che di bello ti manifesta di sé.

Questo non aiuta solo a sviluppare un maggiore senso del proprio valore e una maggiore capacità di rispetto per la propria persona, ma insegna al tuo bambino a individuare il bello in se stesso e negli altri. Prova a riconoscere il valore dei suoi gesti positivi in un’ottica di gratitudine: in questo modo imparerà a ringraziare a sua volta per ciò che è e che ha.

 

8.    Sponsorizza il buon umore.

   Come ti sentiresti se fossi circondata/o da persone con musi lunghi e sguardi persi nel vuoto? Probabilmente saresti più portata/o ad abbatterti o a sentirti senza voglia di fare. Se, viceversa, ti circondi di persone sorridenti, che ironizzano sulle cose, a cui piace giocare e godere anche dei momenti di allegria e umorismo…beh, forse anche se non hai proprio un umore al top ti viene voglia di fare, di inventare, di sorridere.

Gioca e sorridi insieme ai tuoi figli, ma non farlo come un “compitino”: prova davvero ad immergerti in quello che stai facendo, divertendoti e passando il messaggio che hai il piacere di essere lì con loro in quel momento.

 

9.    Insegna empatia, condivisione e altruismo.

      Una delle cose più importanti che puoi fare per incentivare l’ottimismo è trasmettere al tuo bambino il messaggio che può e deve volersi bene, ascoltando se stesso e i suoi bisogni. Vedrai che, nello stesso tempo, applicando l’empatia su se stesso sarà portato ad avere un atteggiamento empatico anche con chi gli sta accanto. Infatti, se io do valore ai miei sentimenti, posso riconoscere valore anche a quelli degli altri.

Ancora, se imparo a lavorare per un “bene comune” (che sia aiutare ad apparecchiare la tavola, o lavare i piatti a turno alla sera) inizio a dare un significato a quello che faccio e alle persone con cui lo faccio. Ciò significa passare da un’ottica di obbligo ad un’ottica di dono: condividere degli obiettivi comuni con le persone che amo vuol dire fare squadra, e significa “prendersi cura” di se stessi mentre ci si prende cura degli altri.

 

10 Allena la gratitudine.

      Insegna ai tuoi bambini a godere delle piccole cose della vita, e a ringraziare per esse. Non importa che sia successa una cosa megagalattica o che abbiate semplicemente passato il sabato pomeriggio a fare i biscotti: ciò che conta è che tu dai l’esempio. Quando ti rivolgi a tuo figlio inizia a fare delle considerazioni (naturalmente spontanee!) su ciò che di bello ti è capitato, o su come sei contenta/o di essere riuscita/o a fare una data azione, o su quanto apprezzi alcune cose che avete. Se vedrà il tuo modo di essere e di fare sarà, con molta più probabilità, portato a rifare lo stesso.

 

L’elenco degli spunti di riflessione per stimolare l’ottimismo nei bambini finisce qui. E, per concludere, voglio darti anche qualche idea di gioco per lavorare in questo senso.

 

 

I giochi dell’ottimismo

  • Le storie della felicità

Al momento di andare a nanna, potresti sostituire la solita storia della buona notte con le storie della felicità: non devi fare altro che proporre a tuo figlio di raccontare 3 cose belle successe durante la giornata. Anche tu farai lo stesso con lui/lei, presentando gli eventi sotto forma di storia.

Potreste narrare di aspetti positivi di voi stessi che avete scoperto o di azioni compiute per cui siete soddisfatti, raccontare alcune cose buone che altri hanno fatto per voi o, in generale, quali sono stati gli eventi della giornata per cui potete dire grazie. Questo crea intimità e rafforza il vostro legame, oltre ad insegnare al bambino a fare una sorta di “bilancio” della sua giornata, focalizzandosi sugli aspetti positivi di se stesso, degli gli altri e delle situazioni.

  • La scatola della felicità.

Crea insieme al tuo bambino una scatola di dimensioni sufficienti per contenere fogli e oggetti. Nel corso del tempo, magari durante il fine settimana, invita tuo figlio a scrivere e disegnare i momenti di felicità che ha vissuto di recente. Se ci sono degli oggetti che possono rappresentare questi momenti potreste anche decidere di riporli nella scatola.

Questo è un gioco che aiuta ad allenare la gratitudine e a vedere gli aspetti positivi della propria vita, ma permette anche a tuo figlio di approcciarsi in maniera un pochino diversa ai momenti più bui. Lo scopo della scatola è, infatti, quello di essere usata nei momenti in cui le cose non vanno proprio come lui/lei vorrebbe: ricordare i momenti belli passati aiuta il bambino ad interiorizzare il fatto che le avversità sono temporanee, specifiche e circoscritte ad una data situazione, e che la sua vita non può e non deve ridursi a vedere solo il fallimento del momento.

 

 

Come di consueto, ecco alcuni titoli per approfondire:

  • “11 Favole di felicità – Imparare a pensare positivamente” di Roberta Corallo.
  • “Pensiero positivo per bambini – Come educare tuo figlio al pensiero positivo e all’autostima sin dia primi anni del suo sviluppo” di Giancarlo Fornei.
  • “Imparare l’ottimismo” di Martin Seligman.
  • “La principessa Plum impara il pensiero positivo” di Nerissa Marie.

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.