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"Ti perdono perchè...e mi perdono perchè..."

Il per-dono nella coppia


In questi ultimi tempi abbiamo attraversato dei momenti molto complessi e difficili e, magari, la quarantena ha reso le nostre relazioni più “nutrite”.

Oppure, cosa purtroppo abbastanza frequente, il periodo di isolamento che abbiamo passato ha esacerbato conflitti e difficoltà di coppia già esistenti in precedenza.

O, peggio ancora, ha tirato fuori delle criticità che non si vedevano o non si volevano vedere.

Come spesso ripeto, le crisi di coppia sono sempre delle grosse opportunità: lo sono se riusciamo ad “andare oltre”, senza rimanere ancorati al nostro punto di vista. E, forse, la crisi può diventare un’opportunità di rinascita interiore se riusciamo a per-donare.

In questo post intendo parlarti di perdono e, nello specifico, del perdono all’interno della coppia. Quanto spesso ti senti tradita/o dal tuo partner? Quante volte è successo che ti sei sentita/o giudicata/o, ferita/o per qualche motivo, non ascoltata/o o non rispettata/o?

Se hai provato qualcosa del genere, sai anche quanto sia difficile “fare pace”. E per “fare pace” intendo ricucire ciò che si è rotto in maniera più o meno grande, decidendo consapevolmente di lasciare andare. E’, infatti, davvero tanto complicato sentire di essere la “vittima” della situazione e provare ad approcciarsi al partner perdonandolo per ciò che ha fatto.

Non si può, chiaramente, fare di tutta l’erba un fascio ed è normale che ci siano delle situazioni dove vengono commessi degli abusi talmente gravi e grandi che il perdono sembra quasi una presa in giro.

Ma, come vedremo più avanti, anche nelle situazioni più critiche e difficili il perdono che dovresti andare a ricercare non deve essere per forza quello rivolto all’altro: infatti, il primo perdono che devi esercitare è quello verso di te.

 

Il per-dono come dimensione psicologica

 

Quando si parla di perdono la prima cosa che ci viene in mente è la religione. Siamo portati, infatti, ad associare il perdonare con l’esercitazione di una sorta di “carità cristiana” che ci porta a porgere l’altra guancia al nostro prossimo.

Questa visione, per quanto degna di rispetto, non è l’unica in tema di perdono. Molti studiosi appartenenti al mondo della filosofia, della sociologia, della psicologia si sono interrogati in merito al senso del perdono nella vita dell’uomo e ne sono venute fuori diverse considerazioni interessanti.

Per ovvi motivi, provo a riassumerti qualcosa dal punto di vista della psicologia.

In primo luogo, possiamo definire il perdono un << processo interno, centrale per la psicoterapia, in cui la persona ingiuriata, senza la richiesta dell’altro, abbandona i sentimenti negativi e smette di desiderare di restituire il danno; questo processo comporta benefici fisici, psicologici ed emotivi >> (Denton e Martin, 1998).

In questa definizione è racchiuso, secondo me, tutto il senso del perdonare inteso come dimensione psicologica di senso.

Il primo aspetto su cui voglio focalizzare la tua attenzione è il fatto che il perdono sia, soprattutto, un atto interiore. Detto in altri termini, prima ancora di rivolgerti a chi ti ha fatto del male (e, ricordati, potresti anche non rivolgerti mai più al tuo “aguzzino”), il perdono è un’azione attiva che  vede solo te come protagonista.

Se vai a vedere l’etimologia del termine, perdono vuol dire “dono totale”, cioè un donarsi all’ennesima potenza. E, se ci pensi, quando riesci a perdonare il tuo partner provi un senso di grande liberà e piacere. Proprio perché sei riuscita/o a donarti davvero, però a te stessa/o prima ancora che all’altro.

Il “dono potenziato” che tu metti in pratica  è, infatti, un grande gesto d’amore che tu rivolgi a te stessa/o nel liberarti dalla schiavitù del risentimento. In questo modo, la persona che ti ha ferito non avrà più un’influenza su di te, perché ti sarai distaccata/o dalla logica “vittima-carnefice”. E, forse, se non c’è più una vittima non c’è nemmeno più un carnefice, sei d’accordo?

Perdonare ti porta, infatti, a tagliare le catene che ti tengono legata/o all’altro, fossero “solo” catene di odio, rabbia, delusione o risentimento: quindi, nel momento in cui perdoni, ti riappropri di te e della tua individualità, non dipendi più da qualcun altro, sei libera/o ed eserciti il tuo potere personale.

Altro punto non meno importante, il perdono ti permette di “riequilibrare” la responsabilità: se continuerai a vivere da “povera vittima” non potrai mai sentirti parte agente della tua vita. Viceversa, nel momento in cui decidi attivamente di perdonare ti assumi la responsabilità di un’azione, anche se può rimanere solo un’azione interiore.

Ed è qui la grande “magia” del perdono: andare, in qualche modo, oltre se stessi e “lasciare andare” proprio per affermare la propria individualità e il proprio potere personale.

Tutto questo è molto molto lontano dal dimenticare l’accaduto o far finta che nulla sia successo: questa modalità ha a che fare con l’ingoiare il rospo, cosa che lascia il tempo che trova e ti fa solo del male.

Con il concetto di “lasciare andare” intendo proprio la capacità di tenere a mente ciò che si è subito, in un primo tempo magari anche manifestarlo con rabbia e risentimento, per poi pian piano andare a “svuotare” l’evento della carica emotiva negativa che quest’ultimo si porta dietro.

Infine, un aspetto psicologico molto rilevante in tema di perdono è la sua natura “totalizzante”: diverse ricerche mostrano, infatti, come l’azione del perdonare abbia delle ripercussioni positive sia da un punto di vista fisico (soprattutto sul sistema immunitario) ed energetico, che cognitivo (creatività, meta cognizione, visione più ottimistica), emotivo (compassione, amore, gratitudine, gioia, empatia), relazionale e spirituale.

 

Una strada a doppio senso

 

Se iniziamo a vedere il perdono come un processo, sarà più facile leggerlo come il frutto di un cammino ben preciso che prevede delle tappe specifiche. E, se continuiamo ad usare la metafora della strada, possiamo concludere che l’azione del perdonare non può essere data a priori e a prescindere, ma è conseguenza di un dato di cammino di consapevolezza e lavoro personale.

Detto in altri termini, sarà molto difficile riuscire a perdonare perché lo decidi dall’oggi al domani: il perdono è frutto di un processo interno che, a volte, può essere anche molto lungo e difficile. E - aspetto fondamentale su cui voglio soffermarmi in questo paragrafo - la strada che dovrai percorrere sarà necessariamente a doppio senso.

Sarà a doppio senso perché prima ancora di donare il tuo perdono al partner devi donarlo a te stessa/o: devi immaginarti il processo del perdono come una strada a due sensi, dove un senso può essere rappresentato dal perdono che dai all’alto, e l’altro senso dal perdono che dai a te.

“Ma se sono io la vittima non ho mica nulla da perdonarmi, no?”: il pensiero che viene subito in mente è proprio questo, ti ritrovi?

Quando ci sono in ballo torti, tradimenti, delusioni varie le leggiamo sempre da un punto di vista che è un po’ fuori da noi e che, spesso, si concentra molto sul nostro aguzzino e sul torto subito, e meno sul nostro ruolo in tutto questo.

Chiaramente adesso non voglio dirti che se hai subito dei torti la colpa è tutta tua e si rigira la frittata: ma quando parliamo di coppia, a mio avviso, non possono esistere in maniera netta e definita una vittima e un colpevole.

Ciò che riceviamo dagli altri è, anche solo in minima parte, frutto di ciò che siamo e di ciò che agiamo in prima persona. Quindi, il perdono che devi provare a rivolgere a te stessa/o è legato alla capacità di andare oltre e vedere anche qual è stata la tua responsabilità nella faccenda e, in senso più generale, qual è la tua responsabilità nella vita.

Potresti, per esempio, sentire che devi perdonarti anche per tutte le volte in cui hai lasciato che qualcuno ti facesse del male, o per le situazioni in cui sei stata zitta/o credendo di valere meno dell’altro, o per tutte quelle volte che non hai osato chiedere aiuto o esprimere i tuoi bisogni per timore di trovarti delle porte in faccia.

Non so se riesco a farmi capire, ma ciò che intendo è che se non impari ad essere compassionevole e accettante con te stessa/o e la tua dimensione personale, non potrai mai fare un “dono completo” di te a qualcun altro. Come vedi, qui la prospettiva è del tutto ribaltata e, forse, ti permette di nuovo di riallineare il processo andando dall’esterno all’interno.

Per cui, se perdoni gli errori dell’altro dai anche a te stessa/o più chance di sbagliare: il perdono inteso in questi termini dovrebbe suonare come una cosa del tipo “Ti perdono per …. perché ho perdonato me per ….”.

Tutto questo potrebbe sembrarti molto filosofico e poco pratico, lo comprendo. Ti starai chiedendo, forse, come si fa a fare tutto questo in pratica. Daniel Lumera ha scritto un libro interessante sul perdono (di cui ti parlerò presto) che dà anche degli spunti più concreti per lavorarci su.  

Provo a sintetizzare tutto questo in punti, tratti un po’ da questo libro e un po’ dalla mia personale visione di questo processo applicato al teatro specifico della relazione di coppia.

 

Esercitare il perdono

 

1. Parti dall’accusa.

 

Non puoi superare una situazione dolorosa se non ci passi attraverso, se non senti tutto il dolore che questa ti sta causando, se non provi tristezza, rabbia, delusione e tutte le possibili emozioni legate alla tua ferita.

Non è possibile mettere una pietra sopra le nostre ferite e “medicarle” senza sentire anche solo un piccolo bruciore interno. Questo, tradotto più nella pratica, vuol dire esprimere tutto quello che stai provando riguardo a ciò che succede, magari scrivendo una sorta di “lettera di accusa” rivolta proprio al tuo carnefice.

Questo ti permette non solo di sfogarti e dare voce a tutte le emozioni difficili che ti porti dentro, ma, una volta che hai espresso tutto ciò che senti, ti può aiutare in seguito ad identificare le mancanze che vuoi perdonare.

Come consiglia Lumera, l’ottica non deve essere tanto quella del “mi hai fatto questo e quest’altro”, ma quella del “ ti perdono per ….”.

 

2. Considera le due prospettive.

 

Altro punto importante quando si parla di perdono nella coppia, è proprio quello di esercitare una sorta di “cambio di prospettiva”: prova, cioè, a leggere ciò che è successo anche dal punto di vista del tuo partner. Esercita l’empatia mettendoti nei suoi panni, e provando a capire cosa l’ha portata/o ad agire in quel dato modo.

Quando si è in coppia è, infatti, molto importante sforzarsi di dare per scontato che l’altro vuole il nostro bene: se così non fosse, non ci potrebbero essere i presupposti per stare insieme. Quindi, questo vuol dire pensare che il nostro partner non sia una persona cattiva che ha piacere a farci del male, ma che ci ha fatto del male senza averne l’intenzione.

Se imparo a dare per scontata la buona fede del mio partner potrò, forse, essere più capace di mettermi per qualche secondo i suoi occhiali per leggere la realtà: magari la ragione potrebbe comunque essere più la mia ma, almeno, avrò provato a comprendere l’altra/o e, per forza di cose, questo mi avrà avvicinato a lei/lui.

 

3. Trova la tua responsabilità.

 

Un po’ come già descritto sopra, se riesci a metterti anche nei panni del tuo partner puoi essere in grado di collocarti sulla “scena del crimine”. Posto che la tua metà abbia commesso un errore e ti abbia ferito, come hai contribuito tu a tutto questo? Quali sono le tue responsabilità all’interno della vostra relazione che, magari, possono aver contribuito a fare agire il tuo partner così?

A questo proposito, Lumera suggerisce di scrivere accanto ai motivi per cui perdoni l’altro anche i motivi per cui perdoni te stessa/o. Io aggiungo, inoltre, di trasformare tutto questo in una sorta di lettera che puoi scriverti, nella quale provi a guardarti con occhi compassionevoli ed accettanti, riconoscendo in maniera bonaria e senza condannarti qual è il tuo ruolo nella faccenda.

Fare una cosa del genere può essere davvero molto complicato, proprio perché facciamo una grande fatica a metterci in discussione, ancora di più se siamo convinti di essere dalla parte dalla ragione.

Ma, ricorda, sei, per esempio, responsabile anche di ciò che senti e del modo in cui decidi di reagire a ciò che ti succede: magari devi perdonarti per le mancanze che puoi aver avuto nel darti valore o nel difenderti di fronte ad una mancanza di rispetto.

Se ci rifletti, troverai per forza qualcosa per cui vuoi perdonarti e questo di darà un grande senso di centratura e libertà.

 

4. Sii grata/o.

 

Solo dopo che hai sentito che qualcosa dentro di te si è smosso e ti sta portando a sperimentare il perdono, puoi iniziare a trovare un senso a tutto quello che ti è successo. Questo vuol dire “digerire” l’accaduto, andando a sostituire i sentimenti spiacevoli con emozioni più funzionali, legate alla dimensione della compassione, della gioia, della vicinanza, della gratitudine.

Se provi a focalizzarti su ciò che hai imparato da questa caduta, riuscirai con il tempo anche a ringraziare per questo e a leggere come un dono anche il negativo che puoi aver sperimentato.

E, infine, esercitando la gratitudine nella tua vita e per la tua vita, potrai agire il tuo per-dono come una forma di amore e di libertà piena verso te stessa/o e gli altri.

 

 

La nostra riflessione sul perdono termina qui, non prima di averti lasciato qualche spunto se vuoi approfondire:

- “I 7 passi del perdono”, di Daniel Lumera.

- “Non è più come prima. Elogio del perdono nella vita amorosa”, di Massimo Recalcati.

- “I 5 linguaggi del perdono. Come vivere la gioia di recuperare i rapporti interpersonali”, di Gary Chapman e Jennifer Thomas.

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.