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Liber-ando "Dentro la solitudine"

Uno sguardo sui libri che aiutano a "liberare" il tuo potenziale


Il saggio di cui voglio parlarti oggi tratta un argomento un po’ “scomodo”, quello della solitudine.

Scomodo perché la maggior parte di noi associa alla parola solitudine immagini di tristezza, isolamento, abbandono, buio.

E, per certi versi, l’autore ci porta per mano nei meandri di queste dimensioni che possono essere tipiche della solitudine.

Ma, nello stesso tempo, lo fa dandoci anche una visione totalmente diversa da accompagnare alla prima: la solitudine è anche una necessità sana dell’essere umano, ed è l’unica condizione che può permettere davvero l’incontro con noi stessi.

Non posso dire che il libro sia semplice, anche perché è scritto da uno psicoanalista e, quasi per definizione, si porta dietro tutta una serie di argomentazioni complesse e profonde, supportate da diversi riferimenti al mondo della psicoanalisi, ma anche a quello della filosofia e della letteratura.

Un saggio che definirei complesso ma, nello stesso tempo, “aperto al dialogo” anche con chi è bianco in materia.

Un merito che do all’autore è, infatti, quello della chiarezza: niente è dato per scontato, quindi anche la terminologia o le teorie direttamente collegate alla psicoanalisi sono sintetizzate e spiegate in modo che tutti possano capirci qualcosa. Va da sé, ovviamente, che i livelli di complessità rispetto alla ricezione di questi contenuti saranno comunque diversi in base al background che ognuno di noi si porta dietro.

Può esserti utile se ti trovi in una situazione di solitudine, interiore o fisica, perché può aiutarti a “dare un senso” a quello che vivi e, soprattutto, può esserti utile a capirti e conoscerti meglio in questa dimensione fondamentale della vita.

 

 

3 COSE CHE HO IMPARATO LEGGENDO QUESTO LIBRO

 

 

1. La solitudine come ascolto di sè

 

Un po’ in controtendenza rispetto alla visione più diffusa di solitudine, l’autore focalizza l’attenzione proprio su un aspetto fondamentale della solitudine: questa dimensione di vita favorisce l’incontro vero con se stessi.

Non puoi pensare di ascoltarti davvero se resti immersa/o nella confusione fuori e dentro di te, se non accetti di staccarti dagli altri (psicologicamente) per fare un’operazione di passaggio da esterno a interno.

Tutto questo non ha nulla a che vedere con isolamento, ascetismo o qualcosa del genere: è vero che qualcuno possa essere favorito dal passare un periodo isolato anche fisicamente per pensare, meditare, guardarsi dentro, produrre qualcosa. Ma questa modalità non è certo l’unica possibile.

Puoi essere da sola/o anche in mezzo a tanta gente, l’importante è come vivi questa solitudine interna. Immaginala come una sorta di spazio che fai dentro di te, come quando devi ricevere un ospite e fai ordine o passi l’aspirapolvere: una dimensione di solitudine “pacificata” ha proprio a che vedere con l’ospitare profondamente te stessa/o per intraprendere un dialogo profondo con la tua interiorità.

E, come sostiene l’autore, questo tipo di solitudine è una dimensione non solo da ricercare, ma anche da proteggere rispetto alle distrazioni dalle quali siamo sempre pronti a farci trasportare.

 

2. Il potere del silenzio

 

Continuando sulla scia del punto precedente, un’altra verità che mi porto dietro da questa lettura è proprio relativa all’importanza del silenzio. La solitudine, di per sé, evoca immagini relative a condizioni di silenzio, di raccoglimento, di meditazione. E, se ci pensi bene, non puoi minimamente ascoltarti se non fai silenzio.

Un silenzio che non è solo esteriore, ma che deve diventare anche e soprattutto interiore.

In questo senso, la meditazione può rappresentare una buona scuola per imparare a fare silenzio e goderne anche. Fare silenzio interiore significa, in un certo senso, far fluire pensieri ed emozioni senza alimentarli, ritornando ad una condizione di ascolto e sintonizzazione in un certo senso “vuota”.

Vuoto non nel senso di annichilimento o angoscia, ma proprio di spazio interiore che crei per accoglierti e, se non fai silenzio, tutto questo non sarà possibile.

 

3. E’ necessario essere soli per stare con gli altri

 

Un altro aspetto che spesso tendiamo ad applicare quando parliamo di solitudine è proprio la scissione: cioè, o sono sola/o, o sono con gli altri. Come se queste due dimensioni dell’esistenza si escludessero a vicenda e non potessero coesistere.

La lettura di questo saggio mi ha aiutato un po’ a ridimensionare questa visione: puoi e devi stare in relazione con gli altri, attingendo alla tua solitudine come risorsa interna utile proprio a stabilire delle relazioni con il mondo esterno.

Magari può sembrarti un controsenso o una cosa troppo “filosofica”, e provo a fartela ancora più semplice: se non incontri davvero te stessa/o nella solitudine (che non deve essere per forza fisica), non incontrerai davvero l’altro. Anzi, come spiega bene Castellazzi alla luce delle più fondate teorie psicoanalitiche, puoi stare bene con un altro se sei in grado di stare bene da sola/o.

Solo se la relazione è un valore aggiunto, e non motivo di dipendenza, minaccia, o sopravvivenza totale per la tua vita, tu sei una Persona individuata e “staccata” dall’altro in senso maturo.

Non parliamo, ripeto, di essere distaccati, freddi, isolati: parliamo proprio di tutto l’opposto! Se vivo un rapporto sicuro e profondo con la mia individualità, posso creare un rapporto intimo con un’altra Persona, senza se e senza ma.

 

 

  

CITAZIONE PREFERITA

 

 “La solitudine è felice quando non la si cerca come uno stato di vita permanente e definitivo, e neppure si pretende di eliminarla totalmente dalla propria vita. Inoltre la solitudine è felice quando non è subita, quando è vissuta senza rabbia e imbarazzo, quando non evoca angoscia e senso di abbandono né si avverte la necessità di abbandonare, quando si sta bene con se stessi e allo stesso tempo non si smarrisce il dialogo con gli altri, quando fa sentire il proprio Io come la vera casa da abitare, senza tuttavia disprezzare il mondo circostante”

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.