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"Strappi" di coppia, "cuciture" genitoriali

Separazione e genitorialità 3.0


Separazione e divorzio sono, ormai, all’ordine del giorno. Ed è inutile andare a giudicare, cercare una causa o un rimedio ad un qualcosa che è, volenti o nolenti, un grosso dato di fatto ai nostri giorni.

Se un tempo si tendeva di più a “tenersi tutto dentro” rimanendo in famiglia nonostante tutto, oggi sono molte di più le coppie che preferiscono lasciarsi per ritrovare in questo modo un po’ di serenità nelle loro vite.

Non penso che ci sia una scelta più giusta di un’altra: c’è chi dice che “non ci sono più le coppie di una volta”, come a sottolineare il fatto che le giovani coppie sono troppo deboli, poco disposte a vivere frustrazioni e delusioni, più centrate su loro stesse e meno sui figli e sulla famiglia che hanno costruito.

L’altra campana, invece, potrebbe suonare più o meno così: “meglio separarti se sei infelice, meglio dare ai tuoi figli serenità e sicurezza, invece di conflitti perenni e insoddisfazione”.

Beh, mi sembra che andare a scovare chi ha più ragione in questa diatriba sia inutile, oltre che molto riduttivo: se c’è una cosa che ho imparato in questi anni stando a contatto con coppie che lavorano per ritrovarsi e coppie che, invece, si lasciano è proprio che non può esistere una verità data a priori.

Come vedremo tra poco, la separazione è un evento traumatico equiparabile ad un lutto, sia per i diretti interessati che per chi ne risente, cioè i figli. Ma voglio sfatare un po’ il mito del “trauma a tutti costi” dicendo anche che, a volte, una separazione può essere anche occasione di rinascita e ri-equilibrazione positiva di relazioni e vissuti.

E’ innegabile che la separazione, ancora di più del divorzio (che arriva dopo, quando le cose sono ormai stabilizzate …), rappresenti un momento di crisi. Ma non dimenticarti che la crisi è un momento di rottura e di “strappo”, ma può diventare anche una nuova opportunità di vita  e di “cucitura”.

 

La separazione come “strappo”

 

Se iniziamo a vedere la parte di “strappo” che la separazione di una coppia si porta con sé non possiamo non considerare come l’evento del lasciarsi sia una perdita, e quindi un lutto, che investe la coppia su diverse dimensioni. Già nel 1970, uno studioso di nome Paul Bohannan ha individuato delle dimensioni di perdita legate al divorzio, che credo possano essere attuali anche a distanza di cinquant’anni, con i dovuti aggiustamenti.

In primis, la separazione comporta un perdita di tipo emozionale: dentro la scelta di lasciarsi troviamo tutta una serie di sconvolgimenti emotivi, che portano la coppia a dis-innamorarsi in qualche modo.

Ecco che, quindi, perdita emozionale significa perdita dei sentimenti che si provavano un tempo, fine dell’amore, ma anche emersione di altre emozioni che segnano questa perdita, come rabbia, tristezza, delusione, senso di colpa. Forse la separazione emotiva è quella che corrisponde meno ai “tempi giuridici”: può avvenire molto prima di separarsi, oppure ancora molto dopo del divorzio.

Può essere caratterizzata da una profonda ambivalenza (per esempio, resti legata/o al partner facendogli la guerra per anni …) o da sentimenti non elaborati e non risolti. Questa è una dimensione di lutto essenzialmente interiore, proprio perché stiamo parlando del disgregarsi di un legame di attaccamento che, in quanto tale, ha tutta una serie di importanti implicazioni emozionali.

In conseguenza di ciò, il processo di interruzione di questa relazione di attaccamento comporta anche una separazione psicologica: l’altro, soprattutto se il legame dura da molto tempo, diventa in qualche modo parte di noi e della nostra identità. Quindi, è necessario che si attivi un processo di lutto legato proprio ad una dimensione identitaria che, per forza di cose, va a cambiare.

Oltre all’ovvia separazione giuridica, che può essere più o meno travagliata, arriva una spesso sofferta separazione economica che, molte volte, crea dei grossi sconvolgimenti all’interno della vita sia della coppia separata sia dei figli. Non è raro che emergano grosse difficoltà legate al sostentamento economico che cambia, determinando malesseri e problematiche evidenti molto difficili da gestire.

Altra separazione rilevante è quella sociale: essere marito e moglie determina anche uno “status sociale” che viene meno venendo meno il matrimonio in sé. Questo si traduce, per esempio, in un cambio di vicinato e contesto amicale di riferimento, o anche in una profonda modifica nei rapporti con i parenti.

Infine, e mi viene da dire purtroppo, spesso la separazione diventa anche genitoriale: soprattutto in quei contesti conflittuali che non è raro trovare, con la fine del matrimonio assistiamo anche alla perdita del ruolo genitoriale da parte di uno dei due membri della coppia. Questo succede perché, magari, i figli vengono affidati ad un solo genitore e, conseguenza di ciò, succede che il genitore non affidatario sia tagliato fuori e ridotto al ruolo di “genitore della domenica”. Oppure può succedere che, da solo, si disimpegni nei confronti dei figli, rendendosi assente e poco disponibile.

E qui veniamo al grande “strappo” che una separazione va a causare, cioè quello rispetto ai bambini. Chiaramente i bambini reagiscono ad una separazione in modo diverso in base al livello di sviluppo che possiedono, ma è innegabile che, a prescindere dall’età, la separazione sia un evento altamente destabilizzante per loro.

Parliamo di un trauma che investe i figli su un piano emotivo e psicologico, perché si sente un venire meno della sicurezza e della stabilità che una famiglia coesa può dare. Ancora di più se i figli si trovano a vivere in un clima di abuso, o scarso ascolto e sintonizzazione rispetto ai loro bisogni e vissuti.

Una separazione può comportare anche un cambio di abitudini, di case, di routine in generale: questo potrebbe incidere sul senso di identità, appartenenza e sui legami che i figli hanno creato nel loro contesto di vita, magari facendoli sentire diversi o discriminati per qualche motivo.

Infatti i figli, per quanto possano venire protetti e tutelati nei casi migliori, sono pur sempre delle “vittime” impotenti rispetto a quello che succede loro. E, soprattutto se parliamo di figli un po’ più grandi o adolescenti, non è infrequente assistere addirittura a delle vere e proprie prese di posizione per prendere le difese di un genitore contro l’altro, o assistiamo spesso ad una inversione di ruolo, dove è il figlio a doversi prendere cura del genitore più fragile. 

Ma, nonostante parliamo di perdite su più livelli e di sconvolgimenti vari sia per la coppia che per i figli, è doveroso sottolineare come, a volte, ci siano casi in cui la separazione è motivo di rinascita e “ricucitura”.

 

La separazione come “cucitura”

 

Non è scritto da nessuna parte che separarsi voglia dire soffrire sempre e comunque: per esempio, è stato ampiamente dimostrato come vivere in situazioni altamente conflittuali porti un carico di stress nettamente superiore a quello causato dalla separazione in sé.

Detto in altri termini, ci sono molte situazioni nelle quali una separazione porta maggiore serenità ed equilibrio, ai partner e ancora di più ai figli stessi.

Ma un aspetto che può davvero fare la differenza quando ci si separa, andando a fare da “cucitura” invece che da “strappo” all’interno di tutto l’assetto relazionale, è proprio il mantenimento del ruolo genitoriale.

Sembra una cosa scontata e di poco conto, ma quando si parla di separazione dobbiamo avere ben chiara una verità fondamentale: ci si separa come coppia e mai come genitori.

Nel momento in cui gli ex partner realizzano di continuare ad esistere come coppia genitoriale, molti degli effetti traumatici della separazione potrebbero venire meno.

Questo perché, se ci pensiamo, per un figlio è fondamentale sentirsi amato, protetto e supportato dai suoi genitori: certo, meglio se questi genitori si amano e vivono nella stessa casa, ma questo non è un aspetto predominante nella relazione con i figli, tanto più se sono piccolini.

Scorporando, quindi, la coppia dall’essere genitori rimane il “progetto comune e condiviso” legato alla genitorialità, e questo sarà assolutamente garanzia di serenità ed equilibrio per i figli. Perciò, si ricuce lo strappo proprio ripristinando e alimentando la dimensione genitoriale che, come già detto, non finisce per niente con la separazione, anzi va potenziata ancora di più.

Certo, non mi permetto di dire che tutto questo sia proprio una passeggiata: nelle coppie dove ci sono alti livelli di conflittualità, situazioni gravi di abuso e violenza, è molto difficile pensare ad un progetto genitoriale: anzi, paradossalmente, il distacco dei partner rappresenta a volte una salvezza per il benessere psicofisico dei figli.

Ma, se andiamo a vedere le statistiche, sono più alte le percentuali di situazioni nelle quali lavorare proprio sulla genitorialità può essere un ottimo canale per attutire gli effetti negativi, innegabili, di una separazione.

Ti starai chiedendo, perciò, come questo sia possibile: per le situazioni di maggior criticità un supporto esterno può essere la soluzione migliore, sia per lavorare sulla comunicazione della separazione che sulla gestione concreta del tutto.

In altre situazioni particolarmente floride, invece, l’elemento che non deve mai mancare tra gli ex partner è proprio il dialogo e il confronto rispetto a cosa è bene e meglio per i figli. E, se si è lavorato in tal senso prima della separazione, ci sono buone probabilità che si possa esercitare il ruolo genitoriale in maniera positiva anche dopo.

Ma quali sono, in sostanza, i messaggi che devi mandare ai tuoi figli nel momento in cui hai deciso di separarti e, ovviamente, che dovrai mantenere anche dopo, nel processo fisiologico di lutto e ri-adattamento?

 

Messaggi per “ricucire”

 

Chiaramente, come già sottolineato sopra, non possono esistere delle ricette preconfezionate su cosa fare o cosa dire ai figli quando ci si separa. In primis perché ogni situazione è unica e va valutata caso per caso. E, poi, perché il modo cambia tanto in base all’età dei figli.

Per questo, quello che mi preme passarti adesso è una sorta di “messaggio di massima” che può essere utile trasmettere ai figli in caso di separazione: di nuovo, non sono le parole esatte che contano (che, appunto, cambiano in base alla situazione specifica e all’età del figlio), ma il significato che deve passare attraverso la comunicazione.

Ecco, quindi, i messaggi di “ricucitura” possibili da trasmettere ai tuoi figli nel processo di separazione:

- “Ci saremo sempre per te, l’amore che proviamo per te non cambia”: è molto importante, infatti, trasmettere la certezza che ci sarete sempre per i vostri figli come mamma e papà.

- “Non è colpa tua”: spesso i figli possono, in qualche modo, sentirsi responsabili per l’accaduto. E’ fondamentale fare loro capire che non hanno nulla a che vedere con la vostra scelta.

- “Avere avuto te rimane la cosa più bella fatta insieme, ed è la prova di quanto ci siamo voluti bene”: la coerenza della propria identità deriva anche dall’idea di avere una storia “stabile” da portarsi dietro. Dare voce anche a ciò che di bello è stato e all’importanza della scelta di aver avuto i vostri figli trasmette l’idea di una “base di amore” che c’è stata ed esiste nonostante la separazione.

- “Puoi sentirti triste, arrabbiato, deluso, abbandonato, impotente, confuso e siamo qui per ascoltarti”: è necessario che i vostri figli abbiano la possibilità di esprimere tutto quello che provano e che siano compresi e contenuti da voi.

- “Possiamo parlare di questo tutte le volte che vorrai e ne sentirai il bisogno”: dare senso a ciò che succede può essere molto utile nel favorire l’elaborazione, e questo può significare rispondere alle possibili domande che verranno fuori o dare ai vostri figli la possibilità di tornare sull’argomento ogni volta che vogliono.

 

Per concludere ti lascio alcuni spunti utili per approfondire sia te che per i tuoi figli:

- “Dai figli non si divorzia”, di Anna Oliverio Ferraris.

- “Genitori efficaci”, di Thomas Gordon.

- “Mamma e papà si separano. Consigli psicologici e pratici per affrontare la separazione e spiegarla ai propri figli”, di Claus Koch e Christoph Strecker.

- “Due nidi”, di Laurence Anholt e James Coplestone.

- “Sotto il temporale. Fiabe ombrello per famiglie in trasformazione”, di Manuela Mareso.

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.