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Il giardino come cura

Gli effetti benefici del contatto con la natura


Ti è mai capitato di fare una passeggiata in un parco o, in generale, in mezzo alla natura, e poi di sentirti meglio sia fisicamente che mentalmente?

Se si, possiamo dire che hai fatto esperienza degli effetti estremamente benefici sulla psiche del contatto con la natura.

In questo post proviamo a trattare questo tema sotto tre diversi punti di vista: la natura come “agente esterno” con funzione curativa, la natura come simbologia del nostro mondo interno, e la natura come porta di accesso al senso della vita.

 

Il potere curativo del giardino

 

La ricerca ha ormai dimostrato da tempo che stare a contatto con la natura fa bene al corpo, al cuore, alla mente e allo spirito. Il contatto con il verde, infatti, è un potente riequilibratore per l’umore, oltre a stimolare tutta una serie di ormoni e neurotrasmettitori in grado di intervenire sulla diminuzione dello stress e l’aumento di sensazioni di benessere.

Viviamo in una società ormai caotica, dove si corre da mattina a sera incastrando mille impegni e attività.

Non siamo più capaci di stare. Di fermarci, osservando il mutare dei colori degli alberi o le gemme che spuntano dalle piante in primavera, o di ascoltare il canto degli uccelli, o di osservare il muoversi incessante dei vari animaletti che vivono in un giardino.

Prendersi cura di un giardino, o anche solo di un orto in balcone, o anche solo di una piccola piantina sul davanzale ci permette di fermarci ed esercitare una facoltà molto curativa per la nostra psiche: l’attenzione al qui ed ora.

Curare le piante, infatti, stimola la nostra concentrazione, aumenta le nostre capacità di osservazione e ascolto. Se inizi a prenderti cura anche solo di una piccola piantina, inizi a riconnetterti con il mondo della natura e con tutto ciò che la caratterizza, e questo ti permette anche di metterti in contatto profondo con quello che stai facendo stando nel qui ed ora.

Stare nel qui ed ora è un importante esercizio di mindfulness, pratica ormai universalmente riconosciuta come portatrice di grandi benefici per la nostra psiche: camminare in mezzo all’erba, piantare dei semi, annaffiare una pianta, osservare i colori dei fiori possono diventare proprio delle forme di vera e propria meditazione.

E la meditazione, come già detto diverse volte, è una delle strade possibili per acquisire maggiore benessere fisico e mentale.

So che magari ti starai dicendo che, ok, sarebbe bello stare immersi nella natura o avere addirittura un proprio spazio verde, ma che tutto questo è fantasia perché non sempre c’è il tempo per andare fuori in mezzo al verde e, soprattutto, sono anche poche le persone che hanno la fortuna di avere un giardino personale.

Giusta obiezione, ci mancherebbe! Devi, però, riflettere sul fatto che anche avere una fioriera sul davanzale della tua finestra, o curare una pianta in casa può darti dei benefici importanti. Dipende tutto dall’intenzione con cui fai un qualcosa: non bisogna per forza avere ettari ed ettari di terra per fare esperienza di tutto quello che ti sto raccontando!

Qui ti sto parlando di mindset, di provare a coltivare un certo approccio alla vita che vada nella direzione della calma, della lentezza, del silenzio, dell’ascolto di ciò che arriva da fuori e di ciò che arriva da dentro di te. E questo, te lo posso garantire, puoi iniziare a farlo anche con una pianta grassa piccola piccola posizionata sulla tua scrivania.

Il contatto con le piante, man mano che impariamo a crearlo, ci permette anche di “trasferire” verso noi stessi le cure che, magari, possiamo riservare alle nostre piante. Se ci fai caso, infatti, prendersi cura di uno spazio verde non è poi così lontano dal prenderci cura della nostra mente, e adesso ti mostro perché.

 

Il giardino come simbologia della nostra psiche

 

Chi si occupa di giardino lo sa, prendersi cura di uno spazio verde porta con sé delle prassi ben precise, quasi dei rituali mi viene da dire.

E tutti i “passaggi” che chi cura uno spazio verde si ritrova a fare quasi in automatico hanno tanto a che vedere con gli stessi passaggi che dovremmo fare noi per prenderci cura della nostra psiche.

Ti racconto tutto questo usando delle parole chiave prese dal mondo del giardinaggio per calarle in quello della psicologia.

Preparare il terreno: quando devi seminare qualcosa, è importante preparare il terreno per creare le condizioni ottimali affinchè la pianta possa poi germogliare. Lo stesso vale per la nostra vita: a volte bisogna preparare il terreno per il cambiamento, bisogna creare un ambiente il più possibile facilitante per lo sviluppo delle nostre potenzialità o per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti.

Togliere ciò che ostacola il germoglio: pulire il terreno vuol dire anche togliere le erbacce, o le pietre che possono ostacolare lo sviluppo della pianta dal seme, ma anche eliminare i vari parassiti. “Togliere le erbacce” in psicologia vuol dire lavorare sui costrutti disfunzionali che incidono su come ci approcciamo alla vita, fare attenzione ai pensieri che bloccano il nostro agire, prenderci cura di quelle “rigidità mentali” che non ci permettono di svilupparci a pieno. O, ancora, lavorare sulla sfiducia, sulle paure o sui dubbi che non ci permettono di realizzarci.

Seminare: una volta che il terreno è bonificato, bisogna seminare. Ma i semi non sono tutti uguali, e bisogna scegliere quelli più adatti a noi. Ogni pianta è diversa e ha bisogno di attenzioni diverse, quindi in fase di semina è importante saper discriminare cosa è più funzionale seminare in base al terreno, alla luce, al clima, alle condizioni ambientali in genere.

Lo stesso vale per noi: per qualcuno sarà utile e importante un certo tipo di seme, per qualcun altro l’opposto. I semi da piantare possono essere paragonati alle cose per noi importanti, come la famiglia, la carriera, un hobby particolare. Bisogna imparare a guardarsi dentro e a trovare il proprio ikigai, ciò per cui ci sentiamo in qualche modo chiamati a vivere, iniziando a coltivarlo.

Annaffiare e concimare: una pianta non si sviluppa bene da sola, ma ha bisogno di una certa dose di acqua, di luce, di concime. Idem per la nostra psiche: acqua, luce e concime sono le esperienze costruttive che facciamo, le relazioni che instauriamo, i luoghi che visitiamo, le letture che facciamo, la musica che ascoltiamo. La nostra pianta interiore ha bisogno di continua cura per svilupparsi al meglio, ed è nostra responsabilità fornirle più nutrimento possibile.

Potare e trapiantare: ci sono momenti o periodi dell’anno in cui una pianta va potata e, se serve, trapiantata. Nella nostra vita potare significa togliere ciò che non ci è più utile, che non ci aiuta a realizzarci. Questo a volte costa molta fatica, e può significare anche cambiare alcune condizioni di vita o chiudere delle relazioni. Trapiantare vuol dire, poi, avere il coraggio di cambiare strada se ti rendi conto che quella che avevi imboccato non è più funzionale per te.

Raccogliere: altro aspetto importante nella cura del verde può essere proprio quello della raccolta. Raccolta di frutti, fiori, erbe aromatiche: la raccolta ci pone in una condizione di gratitudine per ciò che abbiamo ricevuto, e anche di bilancio rispetto a come è andata.

Raccogliere i frutti della nostra vita significa anche celebrarsi, riconoscersi i passi fatti, saper discriminare con obiettività cosa abbiamo realizzato e cosa no, fare dei bilanci. E raccogliere è molto importante proprio perché ci dà la sensazione che nulla sia stato vano, e che tutti i nostri sforzi e sacrifici in qualche modo abbiano portato verso qualcosa.

Riposo vegetativo o morte: la vita delle piante ha un ciclo ben preciso e, dopo il massimo rigoglio, quasi sempre viene il momento della perdita e della caducità. Perde foglie frutti e fiori e si spoglia di se stessa. La pianta va a riposo, si ferma, si “addormenta” per poi ripartire di nuovo con la bella stagione, mentre altre volte si ammala e muore definitivamente.

Anche nella nostra vita ci sono i momenti di perdita a vari livelli, di stanchezza, di conclusioni, di morte. E imparare ad accogliere anche questi momenti ci prepara, forse, ad affrontare il momento conclusivo per eccellenza che è, appunto, quello della nostra morte. Lungi dall’essere un discorso triste o macabro, la vita delle piante ci apre ad una dimensione di significato più alta che, inevitabilmente, riguarda tutti gli esseri viventi noi compresi.

 

Il senso della natura

 

Fare una passeggiata in un parco nelle diverse stagioni dell’anno, oppure osservare il nostro giardino o la nostra piantina sul balcone ci può regalare anche delle riflessioni molto importanti sul senso della vita.

Se ci fai caso, la natura rispetta un ciclo di vita ben preciso che non è niente di diverso rispetto al ciclo della nostra. Una pianta nasce da un seme, si sviluppa, diventa rigogliosa e bellissima, ma si ammala anche a volte. I fiori appassiscono o perde le foglie in autunno, per poi rimettere in primavera.

Il giardino, in un certo senso, ci rispecchia e ci parla anche della nostra vita e del suo ciclo: nascita, sviluppo, maturazione, avvizzimento e caduta. Ci avvicina, forse, un pochino al mistero della vita e della morte. E ci fa chiedere, magari, il senso del nostro stesso esistere.

E se ci facciamo certe domande è più probabile che riusciamo non tanto a darci delle risposte certe e univoche, ma a “sfruttare” il nostro passaggio su questa terra proprio per non renderlo vano.

Se ci pensi, una pianta attraversa il corso della sua esistenza, lasciando in qualche modo una traccia del suo esserci e mettendosi in relazione anche con gli esseri che la circondano: un albero ci fa ombra, protegge la nostra intimità, ci facilita il raccoglimento o il rilassamento. I bellissimi fiori di un’orchidea ci lasciano un senso di maestosità ed eleganza, ci fanno sorridere quando riusciamo a tenere in vita la pianta senza farla morire, ci fa sentire un po’ più sereni se ci mettiamo ad osservare la perfezione con la quale vengono fuori e si sviluppano.

La natura ci lascia qualcosa, rimane traccia di sé in qualche ricordo, in una foto, nell’attimo di pienezza condiviso in un certo momento all’aria aperta. Ed è la stessa “eredità” che, in un certo senso, possiamo lasciare anche noi vivendo.

Curare una pianta, quindi, ci fa entrare in piccolo nel grande mistero dell’esistenza: nasciamo, ci sviluppiamo, produciamo frutti e fiori bellissimi, ci ammaliamo e moriamo. E guardare tutto questo ciclo in natura evoca per forza in noi delle sensazioni, se solo ci mettiamo in ascolto di esse con atteggiamento mindfulness.

A cosa ci serve tutto ciò? Ad imparare un po’ di più a vivere, forse. Nell’adesso, nel silenzio, nella semplicità di una pianta che può darti tanto senza chiederti nulla.

 

Spero che queste riflessioni ti abbiano regalato qualcosa di utile e, come sempre, ti lascio dei titoli utili per approfondire.

- “Mindfulness in giardino”, di C. Chapelle e S. Schall.

- “Di che giardino sei?”, di D. Duccio.

- “Il giardino come spazio interiore”, di R. Ammann.

- “Lo zen e l’estasi del giardinaggio”, di M. Sakamoto.

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.