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Cogito ergo mi stresso

Come "fare spazio" ai tuoi pensieri prima che loro tolgano spazio a te


Photo by Thought Catalog on Unsplash
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E’ martedì mattina e mi ritrovo a bere di malavoglia il mio caffè seduta al tavolo della cucina. Mia figlia di un anno mi sorride e dice “ma-ma-ma”, ma non le do attenzione. Sento la mascella tesa e le spalle rigide, e so che potrei scattare da un momento all’altro. Sono arrabbiata, infastidita e a tratti delusa. Perché? Improvvisamente mi ricordo che ieri sera, prima di andare a letto, ho chiesto a mio marito se poteva passare da me allo studio per appendere un quadro che abbiamo preso da una settimana ma non siamo ancora riusciti a sistemare. Noto che mentre gli parlo fa un sospiro. E il pensiero che mi si forma subito in mente è: <<ecco, non gliene frega nulla del mio lavoro >>. Tutto questo mi ritorna in mente mentre bevo il mio caffè e mi scopro ancora più arrabbiata nel momento in cui trovo delle “prove” a conferma del mio pensiero (mi dice che devo imparare a cavarmela di più da sola, quando gli parlo ho la sensazione che non mi ascolti, a volte mi fa vedere i possibili risvolti negativi dell’avere un’attività in proprio). Mi sento sempre più infastidita e tesa fisicamente, con la conseguenza di essere distaccata e taciturna con mia figlia.  Ad un certo punto….

 

MA PRIMA DI PROSEGUIRE CON IL RACCONTO, ANDIAMO A VEDERE COSA E’ SUCCESSO NELLA MIA MENTE

 

La dura schiavitù del pensiero

A seguito dell’esperienza del giorno precedente la mia mente ha generato un pensiero disfunzionale, che ha alimentato il mio stato d’animo negativo e ha condizionato il mio comportamento successivo. Spesso ci accorgiamo di essere tristi, di malumore, agitati ma non sappiamo perché. Se poi ci fermiamo un attimo e proviamo a chiederci che succede, ecco che la maggior parte delle volte salta fuori un pensiero collegato.   

I pensieri automatici sono delle manifestazioni della nostra mente che arrivano senza avvertire e si presentano come parole, immagini, ricordi. Il problema arriva quando diventiamo schiavi di questi pensieri, spesso a carattere negativo, e permettiamo loro di invadere il nostro spazio mentale e la nostra intera vita. A volte, che lo ammettiamo o meno, siamo così succubi dei nostri pensieri disfunzionali, che questi influenzano in maniera diretta i nostri stati d’animo, il nostro corpo e i nostri comportamenti.  

 

PERCHÉ ACCADE TUTTO CIÒ?

 

Gli “occhiali scuri” della nostra mente

Ricordate i primi capitoli di storia del libro delle medie? Si parlava di preistoria e di uomini primitivi: dobbiamo ammetterlo, la loro vita non era per nulla facile e rilassante! Sempre a lottare per cibarsi e per non essere divorati da qualche grosso animale, sempre in allerta. E per quanto il nostro cervello si sia evoluto (e con lui l’intera umanità) probabilmente dentro di noi è rimasta una traccia di quel periodo.

Siamo, in qualche modo, programmati per “fiutare” il pericolo in ogni dove (dove per pericolo intendo anche sofferenza, fallimento, delusione, debolezza…) e ci viene automatico “leggere” la nostra realtà con degli occhiali scuri. In questo modo tentiamo di “prevenire” ciò che di più brutto potrebbe capitarci, in modo da non essere poi così sorpresi e devastati da un risultato negativo. Il problema è che non abitiamo più nelle caverne e non rischiamo la vita ogni 5 minuti!

Non so se ci avete mai fatto caso, ma spesso e volentieri gli occhiali con cui guardiamo il mondo e la nostra vita sono scuri: tristi, disillusi, impotenti, invidiosi, agitati, arrabbiati…e, più o meno involontariamente, interpretiamo tutto ciò che ci accade con questi occhiali, spesso perdendoci ciò che di bello e buono esiste in noi e nella nostra realtà. Inoltre, i nostri pensieri sono spesso proiettati sul futuro o sul passato, e quasi mai sono sintonizzati sul presente. Questo stato di cose non fa altro che renderci stressati, impazienti, diffidenti, distanti … e non ci permette di vivere la nostra vita con spontaneità e presenza viva e autentica.

 

Fusione ed evitamento

E’ doveroso per me sottolineare che in sé i pensieri e le emozioni non sono per nulla un problema! Lo diventano nel momento in cui mettiamo in atto 2 azioni:

 

-    La FUSIONE: questo meccanismo si attiva nel momento in cui non riusciamo a mettere una “distanza” tra noi e i nostri pensieri o le nostre emozioni. Se pensiamo una cosa, quella cosa è per noi la realtà più assoluta. Se viviamo una forte emozione noi diventiamo quell’emozione in toto.

-    L’ EVITAMENTO ESPERIENZIALE: questo sottile “sotterfugio” è molto gettonato tra il genere umano! Consiste nell’evitare puntualmente tutto ciò che ci crea fastidio, dolore, difficoltà, compresi ovviamente pensieri ed emozioni spiacevoli. Allontanando con tutte le nostre forze un pensiero negativo fingendo che non esista non facciamo altro che ottenere l’effetto opposto, cioè di dargli ancora più potere dentro di noi.

 

Perché è importante cambiare strada

Quello di cui ho appena parlato rientra in una corrente di pensiero psicologico di nuova generazione chiamata ACT: Acceptance and Commitment Therapy. Questo nuovo approccio psicoterapeutico ci può insegnare ad accogliere la nostra esperienza così com’è, a chiarire cosa è davvero importante nella nostra vita lavorando concretamente per raggiungerlo. Ma avremo magari modo di ritornarci successivamente in altri post.

Il concetto fondamentale è che se impariamo a cambiare la relazione con i nostri pensieri, accettandoli ma nello stesso tempo provando a ridimensionarli in maniera più funzionale, ne risentiremo positivamente. Saremo più flessibili e meno rigidi con noi stessi e con gli altri, e potremmo acquisire un maggiore equilibrio.

Quindi, da dove si parte?

 

7 PASSI PER PROVARE A PENSARE MEGLIO

  

1.       CONTATTO CON IL MOMENTO PRESENTE

 

-  Ascolta le tue emozioni e i tuoi stati d’animo senza paura, andando di volta in volta a valutarne l’intensità.

Quando incontro i miei pazienti nel mio studio di Psicoterapia riscontro spesso una grande difficoltà a “stare” con le proprie emozioni. Infatti, uno degli errori che spesso facciamo è proprio quello di fare finta che tutto vada bene, ignorando le sensazioni che arrivano dal nostro corpo e le emozioni che agitano il nostro cuore. Questo si esprime, poi, nel modo di rivolgerci agli altri, nella difficoltà a dormire o a concentrarci, nella stanchezza o nei “famosi” mal di testa che hanno tutto fuorchè cause organiche.

Non aver paura di ascoltarti, fai spazio a ciò che provi e, anzi, lasciagli pieno diritto di esistere. 

-       Prova a rendere consapevoli i pensieri automatici che accompagnano i tuoi stati d’animo.

Quando provi quella forte emozione o hai una reazione intensa, chiediti cosa ti passa per la mente, che immagine, ricordo o frase può rappresentare ciò che stai sperimentando. Che sapore ha la tua emozione? Se potesse tradursi in parole cosa direbbe? La maggior parte delle volte dietro un pensiero automatico c’è un costrutto, cioè una sorta di idea di fondo più radicata in noi, che abbiamo appreso quando eravamo bambini.

Questo tipo di pensiero non è circoscritto ad una data situazione, ma si generalizza e si estende a più situazioni che toccano le stesse corde emotive. Ecco perché, se ci facciamo caso, tendiamo a rispondere in maniera quasi automatica sempre con lo stesso stato d’animo o comportamento a delle situazioni dallo stesso sapore emotivo.

Allora, partendo dal tuo pensiero automatico, puoi chiederti “cosa mi fa dire questo pensiero di me, degli altri e del mondo?”. Questo ti serve per individuare quali possono essere le cognizioni negative (riguardo la tua persona, gli altri o il mondo) che influenzano i tuoi stati d’animo o il tuo modo di reagire alle situazioni.

 

2.       ESERCITA LA DEFUSIONE  

 

I pensieri disfunzionali ci stressano perché oltre a farci vedere il bicchiere mezzo vuoto, ci proiettano nel futuro o ci fanno tornare al passato, senza di fatto darci la possibilità di viverci e goderci ciò che ci accade nel presente. Lascia fluire i tuoi pensieri come fossero un rumore di sottofondo che non ti impedisce di concentrarti su quello che stai facendo momento per momento.

Osserva il tuo pensiero da una maggiore distanza, prova a staccarti da esso. Appena arriva il pensiero incriminato notalo e osserva “ecco, è arrivato il pensiero x”, oppure “noto che sto pensando x”. Lascialo essere così com’è senza giudicarlo e prendi il tuo pensiero per ciò che è, cioè solo un pensiero.

 

3.       IMPARA L’ACCETTAZIONE

 

Spesso, quando siamo immersi in uno stato d’animo o in un pensiero fare questa operazione risulta molto difficile. Siamo talmente invasi dalla nostra ansia, dalla nostra tristezza o rabbia che sentiamo il bisogno di allontanarcene in tutti i modi possibili. E le nostre emozioni sono così forti che prendiamo come verità assoluta il pensiero in questione, facendo molta fatica a distaccarcene.

Quando ti senti soggiogato dal tuo pensiero notalo e basta. Poi ritorna a concentrarti sul tuo presente e sul respiro. Immagina, per esempio, di riposarti sul divano di casa tua e di ascoltare il via vai delle macchine fuori dalla finestra: allo stesso modo, concentrati sul tuo respiro e sugli stimoli sensoriali che arrivano dal tuo presente e comportati con i tuoi pensieri come faresti con il rumore di sottofondo delle macchine che vanno e vengono in strada.

Accettare non significa tollerare una sensazione sperando che passi il prima possibile, ma significa entrarci in relazione, in qualche modo venirne a patti.  

 

4.       TU HAI IL POTERE

 

Non è infrequente sentirci impotenti e quasi senza potere di fronte ad un pensiero particolarmente negativo o davanti ad un’emozione che ci sovrasta. In realtà tu non sei solo il tuo pensiero o il tuo stato d’animo! E quando impari a distaccarti e ad accettare, acquisisci maggiore potere e consapevolezza di te. Già il solo fatto di osservare che hai un pensiero e di ascoltarti, ti permette di sviluppare una funzione molto importante: quella dell’Io osservante.

In questo modo è come se ti guardassi da fuori, facendo spazio a questa funzione della personalità che tutti abbiamo, ma che spesso non riconosciamo in noi: la capacità di essere in contatto e in ascolto di noi stessi momento dopo momento, ma in maniera distaccata e “super partes”. Immagina di essere un direttore d’orchestra: i tuoi pensieri e le tue emozioni sono i vari elementi strumentali dell’orchestra e tu sei il direttore che li ascolta e li osserva da fuori, oltre a dirigerli.

Approcciarti in questo modo ai tuoi pensieri ti potrà far sentire più efficace e responsabile, potrebbe alleviare il tuo stato d’animo negativo o addirittura farti scoprire che dietro quel pensiero si nascondono una miriade di altre sfaccettature che non avresti mai immaginato di avere dentro di te.

 

5.       QUESTO PENSIERO TI AIUTA?

 

Chiediti quanto è funzionale il tuo pensiero, non quanto è positivo o negativo. Ti aiuta ad essere la persona che vorresti essere nella vita? Alla lunga che conseguenze potrebbe portarti?

Prova a trovare un altro punto di vista rispetto al tuo pensiero, una sorta di “idea alternativa”. Concentrati sugli elementi concreti che potrebbero alimentare il tuo pensiero disfunzionale e sugli aspetti che invece ne evidenziano la sua “non funzionalità”. Potrai trovare, infatti, delle situazioni in cui ti renderai conto che il tuo pensiero non è esattamente realistico e non ti serve per essere la persona che desideri essere.   

 

Ritornando al mio racconto, ad un certo punto ho sentito l’esigenza di alzarmi e respirare un po’ di aria fresca in balcone. Il mio pensiero era ancora lì, ma nel frattempo ho iniziato a sentire l’aria frizzantina del mattino accarezzarmi il volto, e mi sono sorpresa ad ascoltare gli uccelli cinguettare. Ho sentito il mio fastidio diminuire nel momento in cui, restando in contatto con le mie sensazioni fisiche e con il presente, mi sono resa conto di essere entrata nel loop del pensiero negativo. Ho notato questa cosa e ho continuato a respirare a pieni polmoni, assaporando la pace che si può respirare nel balcone appartato di casa propria alle 8 del mattino. Da qui ecco arrivare nuovi pensieri: mio marito ha scelto il quadro insieme a me e mi ha spinto a comprarlo, quando non litighiamo è molto attento a me e mi chiede spesso come va il lavoro, è contento che io abbia una mia attività, mi ha spiegato più volte che ultimamente è stanco e pensieroso per sue questioni di lavoro.

 

6.       COSA CONTA DAVVERO?

 

Chiediti cosa anima la tua vita, costruisci o ristabilisci i tuoi valori. I valori sono delle affermazioni su ciò che dà significato e scopo alla nostra vita, guidando il nostro agire.

Nel momento in cui sentirai che la tua vita ha una “traiettoria” precisa, basata su un credo in particolare (e questo non significa dogma religioso, fede di qualche tipo o adesione a specifiche filosofie di pensiero…), anche i tuoi pensieri diventeranno più flessibili e funzionali, perché orientati a farti vivere seguendo un “percorso di senso”.

Questo genererà delle cognizioni inevitabilmente più positive su te stesso, gli altri e il mondo in generale. Quindi, permetti a queste nuove cognizioni positive di espandersi ed influenzare la tua vita.

 

7.       PASSA ALL’ AZIONE

 

Una volta che le tue cognizioni negative saranno bilanciate da pensieri più funzionali, dovrai impegnarti a rinforzarli ogni giorno. Come? L’azione è il motore del cambiamento.

Metti alla prova i tuoi pensieri funzionali con l’azione e scopri cosa succede cambiando prospettiva e comportamento. Osserva se le tue cognizioni positive sugli altri e il mondo si applicano anche ad altre persone e possono, quindi, essere generalizzate.  

Scegli un’area della tua vita ad alta priorità per il cambiamento, individua i valori da perseguire per quest’area in particolare e costruisciti degli obiettivi specifici guidati dai tuoi valori.

Agisci apprezzando ciò che di bello sperimenti ogni giorno ed esercita la gratitudine. L’esercizio della gratitudine quotidiana è un potente “salvavita” contro i pensieri disfunzionali e ci aiuta a trovare le nostre risorse personali anche quando ci sembra di non averne. Su quest’ultimo aspetto mi riprometto di tornarci più avanti in altri post.

 

Nel mio caso, i nuovi pensieri nati dal semplice ascolto delle mie sensazioni seduta in balcone mi hanno ricordato quanto sia importante per me condividere le mie passioni con mio marito, avere un “progetto comune” che ci faccia sentire uniti, andare l’uno incontro all’altra nei momenti di stanchezza o difficoltà. Allora, il mio pensiero iniziale è diventato qualcosa tipo: “quando Nicola è stanco e pensieroso non sembra interessato alla mia attività e questo mi dispiace. Giorni fa, però, mi ha raccontato che sta passando un periodo difficile a lavoro e ieri, vedendomi accigliata, mi ha spiegato che il suo sospiro era legato alla stanchezza e non al disinteresse nei miei confronti. Di fatto, mi ha sempre dimostrato sostegno e incoraggiamento, e sento che nonostante la nostra stanchezza guardiamo verso lo stesso orizzonte”. Sorrido, e mi viene voglia di andare a giocare con mia figlia e di chiamare mio marito per salutarlo visto che la sera prima ci siamo lasciati di cattivo umore.

 

E PER FINIRE … COSA MI AVRA’ DETTO MIO MARITO AL TELEFONO?

 

Mi ha informato che questa mattina presto, mentre io bevevo arrabbiata il mio caffè, è andato ad appendere il famoso quadro nel mio studio!

 

Chiaramente, non è sempre tutto così facile e immediato come sembra: il racconto della mia piccola esperienza è solo un esempio per farti capire come potrebbe funzionare un modo alternativo di “trattare” i tuoi pensieri rispetto alle strategie che usi quotidianamente. E’ necessario acquisire dimestichezza con questi processi, e ci vuole pazienza.

Se non disperi e provi ad assumerti la responsabilità dei tuoi processi mentali ti sentirai più efficace. Se vuoi approfondire, ti suggerisco il libro “La trappola della felicità” di Russ Harris (del quale vedrai una recensione prossimamente su questi schermi!).   

 

Detto questo, a te la palla: cosa decidi di fare per te stessa/o?

 

 

Concludo dando un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi qui o nel mio studio.