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Liber-ando sotto l'ombrellone

Uno sguardo sui libri che aiutano a "liberare" il tuo potenziale


Estate significa anche avere più tempo libero, e per molti è un’occasione per dedicarsi alla lettura. Ecco, quindi, 3 titoli utili per una lettura, “riflessiva” ma leggera, sotto l’ombrellone.

 

- “Quattro etti d’amore, grazie” di Chiara Gamberale

 

Vi siete mai ritrovati ad osservare il carrello delle altre persone mentre fate la spesa? Questo è quello che succede a due donne, apparentemente molto diverse, ma accomunate da due cose: la ricerca della felicità e la “convivenza” con l’insoddisfazione.

Osservando l’una la spesa dell’altra, iniziano i loro monologhi interiori sulla vita e su che ruolo vogliono assumere loro in questa vita. Fantasticare l’una sulla spesa dell’altra permette di far venire fuori bisogni e desideri mai ascoltati fino in fondo, per poi rendersi conto alla fine che ciò che non si ha non è per forza e sempre ciò che si vuole.

Lettura molto scorrevole, che stimola la riflessione e la messa in discussione personale. La Gamberale tratta con una sorta di amara ironia tematiche molto attuali, che riguardano ognuno di noi in diversa misura e ci chiamano in causa da vicino. A mio avviso, questo è un libro che ti permette di scegliere quanto coinvolgerti: puoi fermarti ad una lettura simpatica e di intrattenimento, che sembra quasi una macchietta comica della nostra quotidianità.

O puoi scegliere di andare a fondo e fare tuoi i desideri e le paure delle protagoniste e dei personaggi che fanno da contorno. Se vai a fondo, forse, potrai accorgerti che la tua vita non è poi così diversa e lontana da quella dei personaggi del libro.

 

3 cose che ho imparato dalla lettura di questo libro:

 

1.    L’apparenza inganna.

E’ molto comodo e facile pensare che l’erba del vicino sia sempre più verde della nostra: siamo per natura portati a soffermarci su ciò che l’altro ha o è rispetto a noi, su ciò che ci manca e che non abbiamo raggiunto. Le due protagoniste idealizzano l’una la vita dell’altra, nonostante entrambe vivano in realtà delle vite imperfette. Come è giusto che sia, e come spesso ci rifiutiamo di accettare.

E ci ritroviamo a lottare per apparire ciò che non siamo, o per nascondere le nostre debolezze e i nostri fallimenti…perché se no l’altro (che fa lo stesso a sua volta…) diventa l’incarnazione della perfezione e noi restiamo intrappolati nella nostra perenne insoddisfazione. E questo non lo possiamo proprio sopportare. La verità è che ognuno di noi vive una vita imperfetta e, per quanto ai nostri occhi quella degli altri possa essere un’esistenza migliore della nostra, siamo tutti sulla stessa barca. Che ci piaccia o no.

2.    Il certo è più attraente dell’incerto.

Un’altra cosa che ho appreso dalla lettura del testo è che siamo abituati a ripetere i nostri “copioni” esistenziali, anche se sentiamo che non ci soddisfano. A volte è molto più facile rintanarsi in una realtà conosciuta e insoddisfacente, piuttosto che aprirsi ad un ignoto che potrebbe portarci anche delle novità positive. La paura del cambiamento ci può limitare, se non proviamo a fidarci di noi stessi e della vita.

Sempre posto che il cambiamento sia ciò di cui abbiamo realmente bisogno.

Ti è mai capitato di “lamentarti” per cose che in realtà non potresti mai e poi mai accettare se fossero diverse da come sono? Questo è un po’ ciò che accade alle due protagoniste del libro: sognano una vita completamente diversa da quella che hanno, per poi rendersi conto che, di fatto, la vita che possiedono è l’unica davvero possibile per loro.

3.     Apprezza ciò che sei e che hai.

Se solo provassimo a godere un po’ di più di più di ciò che siamo, focalizzandoci sulle cose che sono presenti dentro e fuori di noi (e non sempre e solo su ciò che manca), forse il nostro modo di leggere la realtà potrebbe cambiare. L’insoddisfazione può essere un “motore” utile in certe situazioni, ma può trasformarsi in una zavorra in altre. La vera risorsa è, forse, imparare ad individuare questa sottile linea di confine.

 

Citazione preferita:

“Credono che l’esistenza che trascinano gli sia capitata come una dannazione: invece è esattamente l’unica che desiderano, l’unica adatta a loro. Si mettono in salvo e credono di perdersi, rischiano di perdersi e credono di mettersi in salvo. Quanto pesa quello che siamo? E quello che non abbiamo? sembrano chiedersi in continuazione, ma non se lo chiedono mai”.

 

 

- “La principessa che credeva nelle favole” di Marcia Grad Powers

 

Ricordate quando leggevate le favole da bambini? Il finale era quasi sempre “e vissero felici e contenti”, no? Anche la principessa Victoria, eroina di questa favola a sfondo psicologico, sogna il lieto fine. Lo desidera così tanto che sceglie di portare avanti una vita che sente stretta e delle relazioni frustranti, solo per rimanere ancorata ad un lieto fine che di fatto non arriverà mai.

Solo quando decide di prendersi la responsabilità di percorrere il Sentiero della Verità, attraversando il Mare in tempesta delle Emozioni, camminando sulle strade della Terra delle Illusioni e della Valle della Perfezione qualcosa cambierà. Tutta la sua vita verrà messa in discussione, i suoi ricordi prenderanno un nuovo sapore e approderà al Tempio della Verità, che tutto rivela e tutto risana. E il lieto fine ci sarà lo stesso, anche se diverso da come lo aveva immaginato.

Una favola ricca di spunti di riflessione utili, che spinge a non fermarsi e ad incontrare noi stessi. Anche se è faticoso, anche se fa paura, anche se non ci sentiamo forti. Una favola che si legge tutta d’un fiato e che è molto complessa nella sua semplicità disarmante. Una favola che puoi scegliere di leggere come tale o decidere di “digerire” facendola diventare Vita Vissuta.

 

3 cose che ho imparato dalla lettura di questo libro:

 

1.   La felicità è dentro di te.

Quante volte siamo portati a pensare che la nostra felicità dipenda da ciò che fanno gli altri, dal possedere delle cose, o dal raggiungere determinati traguardi? Tante, almeno nella mia esperienza. Questo libro mi ha fatto riapprendere che la vera “causa” della nostra felicità siamo e possiamo essere solo noi stessi. Ed è dentro noi stessi che possiamo trovare la chiave giusta, che non si trova da nessun’altra parte se non nel nostro intimo. Cercare questa chiave significa assumersi la responsabilità della nostra vita e del nostro futuro, senza aspettare altro, senza piangersi addosso.

2.    Ci vogliono sia il sole sia la pioggia per fare un arcobaleno.

Possono davvero esistere solo la gioia e la serenità? O anche la tristezza, la delusione e la rabbia sono ingredienti importanti del nostro benessere? Questa favola ci insegna che anche le nostre paure, debolezze, fragilità, fallimenti sono necessari per arrivare alla consapevolezza e alla felicità. Non ci sono altre strade percorribili: solo quando impari ad accettare attivamente anche la pioggia nella tua vita, potrai “accostarla” al sole per godere di un bellissimo arcobaleno.

3.    Non puoi amare l’altro se non ami prima te stessa/o.

Questo libro è un ottimo spunto di riflessione soprattutto per chi sta vivendo dei momenti di crisi di coppia e fa fatica a trovare la luce. Fa riflettere su quanto, a volte, pretendiamo di “salvare” l’altro riversandogli un amore che di fatto non possediamo dentro di noi. E che rischia di distruggere il rapporto invece di alimentarlo.

Questa favola ci insegna che non si può pensare di dare amore ad un’altra persona se non abbiamo imparato prima a darlo a noi stessi, se non abbiamo “fatto pace” con gli aspetti della nostra storia e di noi stessi che ci fanno ancora soffrire. Solo dopo il nostro amore sarà libero e le nostre relazioni fonte di soddisfazione e di reale scambio.  

 

Citazione preferita:

“<<La felicità non si trova né in giardino né in cucina>> la corresse Doc. <<E non la portano gli uccellini, nemmeno questo, così come non è a portata di mano dall’altra parte dello steccato, dove l’erba sembra più verde. Sorge invece dal profondo di qualunque essere umano giunga a conoscere la verità>>”.

 

 

- “Sul lettino di Freud” di Irvin Yalom

 

Questa è la storia delle vite di tre psicoterapeuti. Vite che, per diversi motivi, resteranno intrecciate l’una all’altra, e che ci permetteranno di guardare in faccia miserie e nobiltà dell’essere umano. L’attenzione è rivolta più da vicino al mondo della psicologia e ai suoi protagonisti, ma credo che questo libro possa parlare ad ogni persona in quanto tale. Particolarmente utile per gli addetti ai lavori, permette di mostrare anche a chi è un po’ fuori da questa realtà cosa avviene in una stanza di terapia, cosa passa nella mente di psicoterapeuti e pazienti, cosa può “generare” una relazione terapeutica.

Tutto è presentato sotto forma di romanzo e, al di là di qualche “tecnicismo psicologico” reso comunque comprensibile anche a chi non è del mestiere, questo libro parla al cuore di tutti noi. Un cuore pieno di paure, speranze, virtù, fallimenti, piccolezze, ombre, vergogne, vittorie, doti. E, proprio perché si rivolge alle “passioni umane” in senso lato, a mio avviso può coinvolgere e chiamare in causa ognuno di noi a vari livelli.

 

3 cose che ho imparato dalla lettura di questo libro:

 

1. La verità assoluta non esiste.

I protagonisti del libro hanno tutti una serie di valori che animano la loro vita e la loro pratica professionale, e cercano di renderli più “convincenti” possibili agli occhi degli altri. Giusti o sbagliati che siano tali valori, il libro insegna a mettersi sempre in discussione, a non dare come certo e immutabile il proprio sistema di significati. Se penso di avere sempre ragione o di agire sempre in maniera corretta, non posso e non riesco a guardare oltre me stesso. E, quindi, rischio di non incontrare mai davvero l’altro.

Da questa lettura ho imparato che non è utile trincerarsi dietro una maschera di eticità e correttezza a tutti i costi perché, alla lunga, sarà inevitabile sbagliare: e se, anche quando sbagliamo, pensiamo di avere ragione possiamo nuocere a noi stessi e agli altri.

2. Non ci può essere un reale incontro con l’altro senza l’autenticità.

Uno dei protagonisti, Ernest Lash, fa psicoterapia in maniera un po’ “fuori dalle righe” per i canoni della comunità professionale a cui appartiene: decide di essere autentico con i propri pazienti, di essere semplicemente se stesso. Sceglie di non trincerarsi nel suo ruolo professionale e questo gli permette di essere davvero di aiuto ai suoi pazienti. In questo modo insegna anche a loro che, se ci si prende il rischio di essere autentici, si può davvero fare un’esperienza di relazione profonda con se stessi e con gli altri.

3. Se imparo ad ammettere che ho delle debolezze posso trasformarle in risorse.

Gli eventi narrati in questo romanzo si susseguono in maniera abbastanza veloce e ci dimostrano che tanto più riusciamo ad ammettere i nostri errori e le nostre imperfezioni, più possiamo poi trasformarle in risorse. Per motivi diversi i tre protagonisti, ma anche gli altri personaggi che animano il libro, si trovano a fare degli errori nella vita: in quanto esseri umani sono perfettamente imperfetti e questo, inevitabilmente, li porta a commettere degli sbagli. Ciò che farà la differenza sarà proprio il modo con cui ognuno di loro si approccerà alla propria fragilità, rendendola ora una ricchezza ora una prigione.

 

Citazione preferita:

“Credo di essere piaciuto a Belle perché la trattavo come una persona. Facevo esattamente quello che sta facendo lei adesso…e le voglio dire, dottor Lash, che apprezzo che si comporti in questo modo. Non avevo letto nessuno dei suoi incartamenti, ero entrato alla cieca, volevo essere completamente genuino, privo di pregiudizi. Belle per me non è mai stata una diagnosi, né una paziente a rischio o un disordine alimentare, una compulsiva o un carattere antisociale. E’ questo il modo con cui accosto tutti i miei pazienti. E mi auguro di non diventare mai una diagnosi per lei”.

 

 

E voi cosa leggerete questa estate? Buona lettura e buon relax!

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.