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Ansia e panico: istruzioni per l'uso

L'universo della paura e le sue manifestazioni


Hai mai provato quella sensazione di tremore alle gambe e di mancanza d’aria? Come se avessi un peso sul petto che non ti permette di respirare bene…e il tuo cuore batte all’impazzata, come se dovesse balzare fuori dal petto. Senti come se dovessi svenire, hai un nodo in gola, braccia e gambe formicolano, la testa è in confusione. E più cerchi di bloccare le tue sensazioni fisiche, più aumentano. Fino ad arrivare al termine: tutto finisce, ma lascia una grave devastazione.

Come in un villaggio travolto da un’ondata di barbari: tutto distrutto, tutto saccheggiato….e resta il grande timore che possano tornare, quasi un “presagio nefasto” che accadrà di nuovo. Allerta, diffidenza, tensione, irrequietezza: amici fidati che aspettano il nemico atteso.

Parliamo di paura e delle sue diverse manifestazioni. La paura è caratterizzata da una dimensione somatica, emotiva, cognitiva e comportamentale comune a molti disturbi: è presente in diverse patologie legate all’ansia e non solo. E se l’ansia inizia ad incidere in modo rilevante sulla tua vita e il tuo benessere, diventa un vero e proprio disturbo, con tutte le limitazioni e le complicazioni del caso.

Puoi trovare tanto a proposito dei disturbi d’ansia e delle loro classificazioni e non voglio ripetermi. Quello che mi interessa fare in questo articolo è mostrarti che cos’è l’emozione della paura, da dove arriva, cosa vuole da te e come può essere canalizzata positivamente nella tua vita.

 

Paura e Ansia: due facce della stessa medaglia.

Possiamo definire la paura una reazione innata del corpo e della mente ad una minaccia percepita. E’ un’emozione primaria e, forse anche per questo, potremmo definirla costitutiva dell’essere umano. Essa è alla base di molte problematiche psicologiche: paura degli insetti, degli spazi aperti, di volare… ma anche paura di non essere all’altezza, paura di sbagliare, di deludere, paura di parlare in pubblico, paura di avere relazioni intime. E via via l’elenco sarebbe davvero lungo. Ma che funzione ha la paura nella nostra vita?

Se ci pensiamo, la paura ha in sé un valore estremamente adattivo, potremmo dire “ancestrale”: se pensi ai nostri antenati nelle caverne, puoi intuire quanto la dimensione della paura fosse in qualche modo protettiva. Aiutava a “fiutare” il pericolo e preparava gli uomini primitivi a rispondervi in maniera adeguata. La paura ha garantito la sopravvivenza e il mantenimento della specie. Vista in quest’ottica, dovremmo quasi essere grati di avere paura: la paura ci permette di essere cauti, di distinguere le situazioni di pericolo da quelle sicure, ci permette di attivarci nel miglior modo possibile per fronteggiare le avversità.

Il problema sorge quando la paura diventa un qualcosa che ti blocca, quando ti porta a limitare la tua vita o a reagire ai “presunti pericoli” come se tornassi ad essere l’uomo delle caverne. Ma oggi questi pericoli non ci sono più o, meglio, la maggior parte delle volte non richiedono quel tipo di attivazione. Nel momento in cui questa attivazione, invece, si presenta parliamo di fobie, ansia e/o di panico: dimensioni che possono davvero limitare molto la tua vita.

Nello specifico, potremmo dire che una fobia è un qualcosa che è caratterizzato maggiormente da un oggetto: di solito è paura di una data cosa, ben identificata e circoscritta. Anche se, spesso, le nostre reazioni all’oggetto fobico possono comunque essere eccessive e sproporzionate rispetto all’entità della minaccia, per certi versi ci troviamo davanti ad un qualcosa di più definibile.

Diverso è il discorso dell’ansia o dell’angoscia: qui entrano in gioco delle dimensioni spesso non afferrabili, poco definibili e difficili da connotare. L’ansia è un qualcosa di più generalizzato e indefinito: sei spaventato e agitato, ma spesso non sai nemmeno bene tu da che cosa o in che termini. Mi chiedo e ti chiedo se questa modalità esistenziale non sia ancora più tragica di quella fobica: investe la nostra dimensione emotiva e cognitiva di una sorta di “schiavitù” che ti costringe a restare in allerta sempre e comunque.

Sia che parliamo di ansia o di fobia specifica, la base comune è sempre una: la paura. Nel panico è paura di morire o perdere il controllo, nell’ansia più generalizzata è paura che accada qualcosa di spiacevole nella nostra vita anche se non sappiamo bene identificarlo, nella fobia specifica è paura che si verifichi un dato pericolo o una data minaccia, sempre e comunque destabilizzante per noi.

Alla base di ognuna di queste manifestazioni di sofferenza troviamo, comunque, 4 fondamentali dimensioni: quella somatica, legata appunto all’attivazione fisiologica e corporea che la paura si porta dietro; quella cognitiva, legata alle preoccupazioni rispetto alle varie minacce e alle convinzioni rispetto alla propria capacità di rispondere; quella emotiva, legata ai vissuti di dolore e sofferenza che tutto questo comporta; quella comportamentale, legata alle strategie che adottiamo per rispondere al pericolo percepito.

Ma come mai oggi la dimensione della paura è, insieme a quella della tristezza, una delle più presenti nella nostra vita?

 

Da dove arriva la paura? Che cosa vuole da te?

Se ci pensi, siamo immersi in un mondo tutto sommato “confortevole”, dove non ci manca nulla e siamo iper protetti, già a partire dalla culla. Se puoi evitare che tuo figlio sia esposto ad un potenziale rischio o ad un potenziale fallimento non fai di tutto per evitarglielo? Io credo di si. Beh questo, però, ci priva della possibilità di venire a contatto con la paura o il fallimento e giocare la nostra partita.

Potremmo dire, quindi, che la paura arriva proprio dal suo costante evitamento? Viviamo la paura come un qualcosa di estremamente destabilizzante e, per questo, da evitare in tutti i modi: siamo abituati a non soffrire o, quanto meno, a limitare al massimo rischi e pericoli, interni ed esterni.

Se sei una persona timorosa a diversi livelli, conoscerai bene la sensazione di non essere mai del tutto al sicuro, di doverti quasi sempre guardare le spalle, di dover stare con 1000 occhi aperti invece che 2…probabilmente hai imparato che il mondo è pericoloso e, di conseguenza, tu devi fare molta molta attenzione perché potrebbe succederti qualcosa.

Questo ti porta ad adottare una delle condotte più gettonate tra chi ha paura: l’evitamento. Tendi ad evitare tutte quelle situazioni che ti espongono alla tua difficoltà, cercando in tutti i modi di far finta che il problema non ci sia. Questo non fa altro che rinforzare la tua paura: più la eviti, più questa diventa grande e minacciosa. A volte l’ombra è molto molto più grande del corpo che rappresenta…

Potresti anche aver appreso che sei al sicuro solo con determinate persone e, infatti, una delle caratteristiche più frequenti in chi ha paura è la dipendenza: senti che da sola/o non puoi uscire, non puoi guidare o non puoi affrontare qualsiasi altra presunta difficoltà. Tendi, quindi, a ricercare l’aiuto degli altri: purtroppo, in questo modo non fai altro che peggiorare la tua condizione.

I tuoi familiari o amici saranno ben lieti di aiutarti ma, alla lunga, non faranno altro che danneggiarti: ti passeranno, involontariamente, il messaggio che tu non sei capace di affrontare quella difficoltà, che hai bisogno della “stampella”. E questo andrà a rinforzare ancora di più la tua sensazione di non potercela fare, ingigantendo il problema invece di ridurlo. 

Oltre alle forme di evitamento di fattori esterni a noi, abbiamo anche quelle di evitamento della nostra stessa esperienza interna. Ci sono, infatti, delle esperienze che possono collocarsi in una dimensione preverbale molto antica, che possono incidere molto profondamente sul tuo modo di rispondere oggi a delle minacce. Questo per dirti che potresti aver vissuto delle situazioni particolari e averle “registrate” ad un livello così profondo di cui magari non sei nemmeno consapevole.

La paura che provi oggi potrebbe, quindi, essere una sorta di “copertura”, un segnale che ti fa attivare perché ciò che vivi oggi ha qualche particolare collegamento con ciò che hai vissuto ieri. In questo senso la paura può essere vista come una sorta di “protezione” che il tuo sistema interno adotta per non farti sentire delle altre emozioni, pensieri, impulsi ancora più difficili da tollerare.

Quindi può capitare che uno stimolo o una situazione apparentemente non ansiogeni possano generare paura a livello più o meno inconsapevole. Questa paura determina, a sua volta, un’attivazione somatica e tu, percependo il tuo corpo “fare le bizze”, ti senti in ansia andando ad aumentare le tue sensazioni fino ad arrivare al panico vero e proprio.

Infatti, la paura è un’emozione e, in quanto tale, ha una dimensione che potremmo definire “primitiva”, che si attiva ad un livello preverbale e corporeo. Non entro nel merito delle varie “fazioni” che discutono da anni se l’emozione sia frutto di una cognizione, o se abbia un’attivazione immediata che è precedente alla dimensione cognitiva e verbale: questo blog nasce con un intento divulgativo e semplificativo, non specialistico.

Ti basta sapere che nell’emozione sono coinvolte strutture cerebrali molto antiche, che si attivano ancora prima che tu possa capire cosa sta succedendo, come nel caso dell’emozione della paura. Ecco il perché di tutta quella serie di sintomi somatici, come la sudorazione, la tachicardia, il fiato corto, il formicolio che non puoi controllare. Anzi, tanto più provi a controllarli ed eliminarli, tanto più aumentano.

  

Non pensare, però, che a questo punto la paura sia “automatica” e non ci sia nulla da fare: senza dubbio i tuoi pensieri in merito alle tue paure hanno un ruolo rilevante nell’aumentare il tuo livello di ansia e nel mantenere alta la tua reattività somatica. Così come la tua consapevolezza rispetto ai significati che la paura assume per te nella tua vita può facilitarti nel “farci amicizia”.

Quindi, che cosa vuole da te la paura? Ti sembrerà una cosa pazzesca, ma vuole proteggerti: vuole farti fermare un attimo. Ti sta, forse, dicendo che qualcosa non va, che hai bisogno di prenderti cura di te senza scappare. Ti sta invitando a conoscerti meglio, e ad assumere il pieno controllo della tua vita. Proprio adesso che, in realtà, ti sembra di non avere più il controllo a causa della paura stessa.

 

Canalizzare la paura è possibile

Se, come appena detto, la paura è un “segnale” che ti dice di fare attenzione e guardarti dentro, forse la prima e unica cosa da fare è lasciarla entrare. Pensa di trovarti nelle sabbie mobili: ha più senso dimenarti per cercare di uscire, o galleggiare lasciandoti trasportare? Il concetto è quello di non avere paura della paura, anzi proprio il contrario.

Ci sono tutta una serie di strumenti psicoterapeutici che ti possono aiutare a fare tutto questo: ma, a prescindere, dalla psicoterapia (che resta in ogni caso lo strumento principale per occuparti della tue paure!), se vuoi avere la meglio sulla tua paura il segreto è proprio quello di farla entrare nella tua vita. A breve farò un articolo più specifico a riguardo.

Il messaggio che, intanto, voglio lasciarti oggi è che se impari a “domarla” non evitandola o cercando di combatterla, ma facendotela semplicemente amica, forse qualcosa potrà cambiare. Mettiti a discutere con la paura, cerca di capire perché è arrivata e cosa vuole dirti. Metti in discussione le convinzioni più o meno irrazionali che hai rispetto a ciò che temi e prova ad agire per “mettere alla prova” queste convinzioni.

Un’altra cosa fondamentale da fare per stimolare accettazione e consapevolezza è l’esercizio di espansione. Serve ad osservare le tue emozioni senza giudicarle o farti travolgere da esse. Primo step è quello di osservare: esamina le sensazioni/emozioni che arrivano dal tuo corpo come fossi una sorta di scienziato, concentrandoti sulla forma, la qualità, il peso, il suono, il movimento della tua sensazione/emozione spiacevole.

Secondo passaggio: respira dentro. Quando stiamo male tendiamo a contrarci e ad irrigidirci, quasi illudendoci che in questo modo possiamo controllare meglio il dolore. Se, invece, provi a fare dei respiri profondi proprio sulla sensazione dovresti sentirti meno soggiogata/o da essa.

Terzo step: crea spazio, che vuol dire apriti all’emozione lasciandola fluire liberamente. Se fai più spazio, la tua sensazione premerà di meno perché sentirà che non è costretta, anzi che cerchi di farla espandere dentro di te. Infine, lascia andare: questo significa accogliere la tua sensazione così com’è lasciando che resti con te il tempo che vuole restare, senza farci a pugni o cercare di modificarla.

Un po’ di anni fa ho passato un periodo molto stressante nella mia vita e avevo iniziato a provare una discreta agitazione quando prendevo il treno. Sentivo le gambe venirmi meno, mi mancava l’aria e avevo dei capogiri, con il conseguente terrore di svenire in mezzo alla gente. All’inizio facevo in tutti i modi per non pensarci, per “controllare” il respiro e restare vigile.

Poi ho capito: dovevo sfidare la mia paura. Allora, quando provavo quelle sensazioni facevo anche in modo di aumentarle e, paradossalmente, queste diminuivano. Più mi dicevo “vieni paura, non ho paura di te!”, più le mie sensazioni corporee diminuivano.

Questo per dirti che più imparerai ad essere protagonista della tua difficoltà e a vederla come una sfida, meno ansiogene e terribili ti appariranno le situazioni che temi. Azione deve essere la parola chiave nel tuo rapporto con la paura: prova, prova e prova. Guarda cosa funziona meglio per te e cosa, invece, non ti va bene. Sei tu il direttore d’orchestra della tua vita!

 

Prima di concludere ci tengo a specificare una cosa molto importante: ti ho spiegato qualche riga fa che una sana paura è adattiva, e che il problema nasce quando la paura si trasforma in ansia o panico. Questo significa che se provi preoccupazione per un qualcosa che minaccia la tua vita (partner violento, malattia fisica invalidante, problemi economici, situazioni varie che mettono a rischio la tua sicurezza…) devi provare ad agire per cambiare qualcosa.

Ci sono situazioni dalle quali puoi tirarti fuori, altre in cui puoi chiedere il giusto aiuto, altre ancora dove proprio la non-accettazione fa la differenza. Sta a te capirlo, magari avvalendoti del sostegno di uno psicologo se hai il coraggio e la voglia di prendere il buono di ciò che la tua paura ti sta comunicando.

 

Come sempre, a te la palla!

 

Ecco qualche spunto per approfondire:

 

-          “Che ansia. Come controllarla prima che lei controlli te” di Albert Ellis.

-          “La trappola della felicità” di Russ Harris.

-          “Le figure dell’ansia” di Eugenio Borgna.  

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.