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I volti dell'Abbandono

La trappola dell'Abbandono come possibile "copione" di  vita


Quando parliamo di attaccamento non ci riferiamo soltanto alla relazione primaria che il bambino instaura con la sua figura di riferimento.

L'attaccamento, come già visto nei post precedenti, diventa infatti una sorta di “abito su misura” che ognuno di noi indossa durante tutta la vita.

Una sorta di divisa che replichiamo in ogni tipo di relazione, in maniera più o meno importante a seconda della relazione in questione.

Proprio per questo, a furia di ripetere in maniera pressoché invariata i nostri copioni (vedi post precedenti) potremmo incorrere in alcune “trappole relazionali”, che ci potrebbero impedire di vivere le nostre relazioni in maniera serena ed equilibrata. Una di queste, del resto anche abbastanza diffusa, è la trappola dell’Abbandono.

 

Fisionomia di un Abbandono

 

Gli esperimenti della Strange Situation (vedi sempre i post precedenti se vuoi approfondire …) hanno reso tangibile un qualcosa che già John Bowlby aveva teorizzato con la Teoria dell’Attaccamento: di fronte alla separazione il bambino mette in atto una serie di comportamenti, in qualche modo sia finalizzati ad impedire la separazione stessa, sia con l’intento di rispondere al distacco laddove si verifica.

In situazioni normali all’inizio ci sarà una sorta di protesta rispetto alla separazione e, molto probabilmente, il piccolo proverà angoscia e smarrimento. Poi, magari a distacco avvenuto, subentrerà la disperazione e lo struggimento per la perdita della persona amata. Infine, ci sarà una sorta di “distanziamento” rispetto a ciò che è avvenuto, con conseguente riorganizzazione.

Questo è ciò che in linea di massima succede quando abbiamo davanti una situazione “normale”, con un attaccamento sufficientemente sicuro alla figura di accudimento. Ma, a furia di sperimentare situazioni di distacco, instabilità e imprevedibilità della figura di attaccamento, o di fronte alla presenza di un adulto distante emotivamente che non rappresenta una base sicura per il suo bambino, si potrebbe strutturare un attaccamento insicuro.

Ed è qui che si origina la trappola dell’Abbondono: di fronte ad una non-sicurezza della relazione, le reazioni potrebbero, infatti, essere quella dell’iperattivazione del sistema di attaccamento (come a dire che se non ascolti grido di più) oppure dell’ipoattivazione (se non ascolti smetto di parlare). Nel caso del timore di Abbandono siamo, generalmente, nella prima situazione, cioè abbiamo un’iperattivazione di fronte alla separazione, sia essa fisica o emotiva, reale o presunta.

Perciò, se da piccoli abbiamo fatto esperienza di ripetute separazioni, o se abbiamo avuto una relazione soffocante che non ha stimolato la nostra autonomia oppure instabile e imprevedibile, è molto probabile che andremo a replicare questa modalità anche nelle nostre relazioni di coppia o di amicizia.

Da adulta/o sentirai che le tue relazioni sono per qualche motivo in pericolo e, per questo, sarai portata/o ad essere sempre ipervigile rispetto ai possibili abbandoni che potranno arrivare nella tua vita. E quando parlo di abbandoni non mi riferisco soltanto ai pensieri rispetto alla fine di una relazione o alla morte di una persona cara. Abbandono può diventare, per esempio, la difficoltà ad accettare che la persona a te cara si allontani qualche giorno, o la sensazione che la persona a cui tieni provi stima anche per qualcun altro o che reputi anche altre persone un riferimento per qualche aspetto specifico della vita.

Questo può portarti a mettere in atto due tipi di copioni: o eviti il problema e, quindi, rifiuti del tutto di entrare in relazione profonda con gli altri, oppure metti in atto tutta serie di comportamenti per evitare il presunto abbandono dell’altro.

Di che cosa stiamo parlando in termini pratici?

 

Come riconoscere se sei in trappola

 

Proprio perché non rimanga tutto in astratto, proviamo a fare una sorta di identikit dell’abbandono. Per farlo, ti elencherò alcuni dei comportamenti tipici che vengono messi in atto da una persona che potrebbe avere questo tipo di trappola: l’invito è quello di considerarli, ma senza esagerare.

Ciò significa che, anche se dovessi avere alcuni tratti in particolare o se capisci che tendi a mettere in atto questi comportamenti in alcune situazioni della tua vita, non vuol dire né che sei malata/o né che tu abbia per forza questo tipo di trappola.

Spesso l’intensità e la frequenza con cui si mettono in atto determinati comportamenti fanno, certamente, la differenza e, per inciso, un lavoro di psicoterapia è lo strumento più adeguato per capire dove sei e quali possono essere le tue fragilità, per poi prendertene cura.

Detto questo, iniziamo!

 

- Tendi ad essere gelosa/o e possessiva/o con le persone per te importanti.

- Nella tua vita sei una persona dipendente, cioè ti appoggi molto agli altri sia in termini pratici ma anche emotivi.

- Non riesci a stare da sola/o per molto tempo e, se una relazione finisce, tendi a “sostituirla” subito con un’altra.

- Non hai molta autonomia ed individualità, nel senso che ti coinvolgi totalmente nelle tue relazioni perdendo di vista i tuoi interessi o le tue attività.

- Se senti che la persona a cui tieni è per qualche motivo non raggiungibile (non risponde subito al telefono, è via per lavoro, non ti dice dove va …) vai in panico.

- Ti arrabbi molto facilmente se ti senti esclusa/o dalla persona di riferimento, o se senti che questa persona ha altri riferimenti nella sua vita, se credi che preferisca altri a te, se ti senti trascurata/o o messa/o in secondo piano (anche se non è detto che questo sia davvero reale …).

- Di fronte ad una minaccia di abbandono puoi andare in panico, essere aggressiva/o o cadere nella disperazione più totale.

- Tendi a voler avere sempre il controllo delle situazioni e della persona a cui tieni, anche se con comportamenti di accudimento e cura.

- Non permetti che la persona di riferimento coltivi delle attività in autonomia o che abbia degli interessi che non ti coinvolgano.

- Ti leghi a persone che sono incostanti, poco disponibili o distanti emotivamente.

- Tendi a non avere delle relazioni intime per paura di essere abbandonata/o.

 

Come puoi vedere, il paradosso di tutto questo è che mettendo in atto questo tipo di comportamenti non fai altro che indurre l’altro a distaccarsi da te e, quindi, rinforzi in automatico la tua stessa trappola.

Immagino che, a questo punto, ti starai chiedendo “Cosa devo fare?”: la brutta notizia è che non esiste una ricetta magica o un insieme di “regolette” da applicare per uscire da questa trappola, ma quella buona è che puoi iniziare ad averne consapevolezza e lavorarci.

 

“Piccoli” accorgimenti utili

 

Come ti ho appena detto non ci sono dei “segreti” da applicare per uscire dalla tua trappola: il modo in cui entriamo in relazione con gli altri ha radici profonde e fa talmente parte di noi che è molto difficile andarlo a modificare così su due piedi.

Nello stesso tempo, però, se inizi ad osservarti e ad ascoltarti potrai pian piano andare a comprendere meglio se adotti un qualche copione nella tua vita e, soprattutto, quale e perché. Nel momento in cui riesci a risalire al tipo di attaccamento che ha caratterizzato la tua storia e che oggi tendi, magari, a rimettere in azione sarà un po’ meno complesso andare ad intervenirvi.

Ti lascio, allora, dei piccoli spunti di riflessione che, forse, potranno esserti utili per guardare in faccia la tua trappola e imparare a farvi fronte nelle tue relazioni.

 

1. Ricostruisci la tua storia di attaccamento.

E’ molto importante partire dalle tue origini, in particolare dalle relazioni primarie della tua vita: è proprio lì che si nascondono le radici profonde sia delle tue risorse, che delle tue mancanze.

Prova a fare un bilancio sulle tue relazioni e sull’eredità che ti porti dietro oggi: senti che tendi a comportarti come, per esempio, tua madre si comportava con te da piccolo o, invece, ti accorgi di essere con gli altri l’esatto opposto? Cosa senti di “salvare” della tua storia relazionale, e cosa invece senti che ti è mancato? Tendi a legarti a persone che si comportano con te come si comportavano i tuoi genitori, o sei più attratta/o da persone completamente diverse?

Iniziare a “fare i conti” con il tuo passato potrà, in qualche maniera, aiutarti anche a leggere meglio il tuo presente costruendo, chissà, in maniera più funzionale il tuo futuro.

 

2. Prenditi cura delle tue ferite.

Se ti accorgi che alcuni tuoi bisogni non sono stati soddisfatti prova a capire come prendertene cura oggi, e cosa puoi fare tu da adulta/o per colmare le mancanze che puoi aver sperimentato da bambina/o.

Probabilmente, la parte piccola che è dentro di te ha bisogno di essere ascoltata e “coccolata” per fare pace con il passato e imparare a far fronte alle nuove sfide che la vita ti regalerà. Non temere le tue ferite: è normale che se all’inizio le vai a medicare potrebbero farti male, ma solo così alla lunga potranno rimarginarsi.

 

3. Osserva il tuo modo di stare in relazione.

Se hai la trappola dell’abbandono è molto probabile che, in maniera più o meno manifesta, sarai attratta/o proprio da quelle persone che la confermano. Troverai, quindi, più interessanti e intriganti proprio quelle persone che non ti daranno garanzie, che tenderanno ad essere sfuggenti o che non saranno disponibili a livello intimo ed emotivo.

Impara a chiederti cosa ti piace negli altri e perché e, di riflesso, quali bisogni stai andando a soddisfare legandoti a loro, oltre ad interrogarti su quali copioni stai andando a replicare attraverso determinate relazioni.

 

4. Non farti influenzare soltanto dalla primissima impressione quando conosci qualcuno.

Non è infrequente sentire che per chi ha la trappola dell’abbandono tutte le persone che sono “prevedibili”, costanti e che mostrano un interesse sincero siano considerate noiose o prive di qualsiasi attrattiva.

E, se la prima impressione è questa, è molto probabile che impedirai loro di avvicinarti o liquiderai qualsiasi manifestazione di interesse: invece, lasciati avvicinare da chi a primo impatto ti sembra noioso o poco interessante perché potresti avere delle belle sorprese in termini relazionali.

 

5. Tieni a bada gelosia e possessività imparando in primo luogo a riconoscerle.

Sentimenti molto intensi di gelosia potrebbero andare a corrodere le tue relazioni, facendo sentire l’altro soffocato e sotto esame. Prova a riconoscere la tua gelosia nel momento in cui si manifesta e, in particolare, immagina di vederti da fuori e analizzare i tuoi comportamenti andando a differenziare una gelosia “sana” e contestualizzata, da una più immotivata e disfunzionale.

 

6. Ritagliati degli spazi personali.

Prova a spostare l’attenzione su te stessa/o, evitando di concentrarti solo ed esclusivamente sulla tua relazione. Questo significa scoprire cosa ti piace fare nella vita, quali sono i tuoi interessi, che attività individuali puoi coltivare. Aprirti all’esterno potrà solo portare una ventata di novità e nuova carica alla tua relazione, andandola ad alimentare e ravvivare.

Ancora, puoi decidere di essere più autonoma/o, scegliendo di cavartela in quelle situazioni in cui normalmente ti appoggiavi ad altri, e puoi metterti alla prova anche sperimentando dei momenti di solitudine e sforzandoti di trovarci dei lati positivi.

 

7. Impara a gestire la rabbia e le crisi di angoscia.

Quando sei molto arrabbiata/o per l’instabilità che vivi con la persona a cui tieni, o quando sei in preda all’angoscia per il timore di essere abbandonata/o o lasciata/ sola/o, vivi come un blackout emozionale: tutto è confuso ed è come se perdessi il controllo delle tue emozioni e di tutta la tua persona.

Come se improvvisamente la terra ti mancasse sotto i piedi e stessi per essere risucchiata/o: in questi momenti sembra molto difficile uscirne indenne ma, se ci lavori, potrai imparare ad affrontare il dilagare delle tue emozioni senza venirne sopraffatta/o.

 

Come già ribadito, scardinare una modalità di funzionamento interno ed interpersonale radicata non è così scontato, ma non è impossibile. Il primo passo è quello di ascoltarti nel profondo e di renderti conto di come la metti in atto e perché: solo dopo aver acquisito una consapevolezza sufficiente di te stessa/o, potrai scegliere se e come “smussare gli angoli”.

 

Nel farti un grosso in bocca al lupo per questo viaggio di scoperta interiore, ti lascio come sempre alcuni testi utili se vuoi riflettere meglio:

- “Reinventa la tua vita. Scoprite come modificare voi stessi e liberarvi dalle trappole che vi impediscono di cambiare la vostra vita”, di Jeffrey E. Young e Janet S. Klosko.

- “Attaccamento e amore”, di Grazia Attili.

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.