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Liber-ando “Cosa mi racconti oggi?"

Uno sguardo sui libri che aiutano a "liberare" il tuo potenziale


Quando si è piccoli si fa ancora fatica a riconoscere le proprie emozioni e i propri pensieri.

I bambini tendono, quindi, a vivere nell’immediato ciò che sperimentano momento dopo momento e, proprio per questo, il ruolo degli adulti è fondamentale.

Attraverso la presenza supportiva e responsiva dei loro adulti di riferimento, impareranno non solo a riconoscere e dare un nome a ciò che vivono, ma anche a “contenerlo” e regolarlo.

A questo proposito, la narrazione può essere uno strumento molto utile per coltivare e stimolare gradualmente questa capacità. Quando parlo di narrazione mi riferisco sia alla lettura, ma anche alla scrittura e al dialogo in genere: tutto ciò che permette di mettere in parola stati interni diventa un valido strumento per imparare a conoscersi, ascoltarsi ed esprimersi.

Ed è proprio qui che si inserisce il libro di Elisabetta Maùti di cui voglio parlarti oggi.

Questo libro permette, infatti, di intrattenere una sorta di dialogo diretto con il lettore, invitandolo ad esprimersi in prima persona attraverso le domande presenti nel testo. La protagonista è Miagolina, una simpatica bimba che ci fa entrare nel suo piccolo grande mondo quotidiano, fatto di nuovi apprendimenti, paure, esperienze di gioia, relazioni.

E, attraverso il suo parlare di sé, Miagolina invita i bambini che la leggono a partecipare alle sue vicende ma, soprattutto, ad esprimere a loro volta vissuti e pensieri in merito. Vissuti che, attraverso il tramite della parola, possono essere avvicinati e metabolizzati in maniera più spontanea e, se vogliamo, divertente.

Il libro è adatto ad essere usato dai 3 anni in su, e l’aspetto a mio avviso rilevante è che tratta delle tematiche che possono essere affrontate in maniera diversa in base all’età, restando in questo modo sempre utile e attuale.

 

 

 

3 COSE CHE HO IMPARATO LEGGENDO QUESTO LIBRO

 

 

1. La narrazione è relazione.

 

Raccontarsi presuppone sempre una relazione: relazione con noi stessi attraverso la scrittura di un diario, o relazione con altri che ascoltano o leggono ciò che raccontiamo. La narrazione diventa, quindi, occasione di contatto e momento di interazione positiva, oltre che di crescita.

Se leggi una storia al tuo bambino non stai solo veicolando dei contenuti: stai consolidando un legame. Se gli fai scrivere una storia gli stai insegnando ad ascoltare se stesso e a creare un qualcosa a partire da ciò che ha dentro. Se lo ascolti mentre ti racconta cosa ha fatto a scuola stai costruendo un “ponte” immaginario tra te e lui.

 

2. La parola come contenimento.

 

Questo libro mi ha permesso di riflettere sulla grande importanza che hanno le parole: non solo perché ci aiutano a veicolare dei significati e, in qualche modo, a conoscere la realtà, ma anche perché ci permettono di “contenere” questa stessa realtà.

E penso, per esempio, al racconto di un brutto sogno, o alla lettura di una favola che esprime delle emozioni difficili, o all’espressione dei nostri vissuti attraverso l’uso della poesia: è come se “buttare fuori” ciò che abbiamo dentro raccontandolo o, semplicemente, trasformandolo in parola possa già permetterci di prenderne un po’ le distanze dandoci, quindi, la sensazione di poterlo regolare e gestire meglio.

 

3. Se posso dirlo posso elaborarlo.

 

Un pò in continuazione rispetto al punto precedente, leggere queste pagine mi ha fatto toccare con mano una verità che sembra tanto ovvia quanto, a volte, difficile da accettare: se ti concedi di avvicinarti a ciò che ti fa paura senza evitarlo sarai più pronta/o ad affrontarlo.

Spesso si tende a pensare che non parlare con i nostri figli di alcuni temi scottanti, come quello della morte, della solitudine o della paura sia la soluzione più giusta: come se, per magia, discutere di alcune questioni possa quasi farcele materializzare davanti, spingendoci dritti verso un baratro dal quale non si ritorna.

In realtà, è vero l’esatto opposto: più mi sforzo di ignorare una cosa che mi mette paura o tristezza, più la ingigantisco. Più ne parlo, più posso provare a darle un significato e, quindi, a “trasformarla” rendendola più avvicinabile e accettabile.

 

 

 

CITAZIONE PREFERITA

 

“La mamma dice che le urla sono come i temporali, sembra che facciano paura, ma in realtà non fanno niente di male. Dice anche che le lacrime sono come le gocce di pioggia. Anche se ne cade un po’ non succede nulla di male, anzi: la pioggia fa bene ai campi e ai fiori.

Anche lei fa un po’ di pioggia quando piange perché dice che fa bene agli occhi.

Poi, quando il temporale è finito, si esce con gli stivali a giocare dentro le pozzanghere. Questo è quando si ride, che non ci sono più né le urla del temporale, né le lacrime della pioggia. Io non so perché, ma mi piace di più quando la mamma ride.

E a te piace giocare nelle pozzanghere?”

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.