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I 10 "difetti" dello Psicologo

Se li conosci puoi imparare a comprenderli!


Oggi voglio parlarti della mia professione o, meglio, mettere la lente di ingrandimento su alcuni aspetti della figura dello psicologo che vengono di frequente travisati e male interpretati.

Spesso, infatti, si parla dei “pregi” dello psicologo, o di quali sono le caratteristiche di questa figura, o di come sceglierla e di cosa andare a valutare prima di contattare un professionista della mente. Ok, tutto giusto e utile.

Però, in maniera ironica e un po’ in controtendenza, io oggi ti voglio parlare dei “difetti” dello psicologo! Perché anche questa figura ha delle imperfezioni (menomale!) o, meglio ancora, fa e dice delle cose che potrebbero essere ritenute “difetti” dalla maggior parte delle Persone.

Ovviamente, la mia è una provocazione per farti riflettere su alcuni aspetti che, soprattutto all’inizio di una relazione con uno psicologo, ti possono sembrare ostacoli e punti di “demerito”, ma che non è detto che lo siano davvero.

 

Iniziamo con il decalogo allora!

 

1. Lo psicologo non dà consigli.

 

Punto tra i più gettonati e, per questo, primo in classifica! Di frequente si pensa che andare dallo psicologo voglia dire andare a “farsi consigliare” su cosa sia meglio fare della propria vita. E quando si scopre che le cose non vanno proprio così ecco arrivare delusione e dubbi rispetto al senso di rivolgersi ad un professionista che, di fatto, non ti dice cosa devi fare.

Qui il punto è che si tende ad applicare un visione “medicalizzata” ad un qualcosa che, di base, non lo è: se vai dal medico gli racconti i tuoi sintomi e lui ti dà una cura da prendere. Corretto, nulla di dire. Il problema è che un percorso psicologico non funziona allo stesso modo: non sei uno spettatore passivo o un burattino manovrato da qualcun altro!

Se lo psicologo iniziasse a dirti cosa fare o non fare in primis ti renderebbe dipendente, e poi farebbe tutto l’opposto di quello che in realtà è curativo: ti passerebbe, cioè, il messaggio che tu non hai né potere né capacità di gestire la tua vita. Si eliminerebbe, in poche parole, l’essenza della “cura psicologica”, che si basa soprattutto sullo stimolare nella Persona la capacità di autodeterminazione e la libertà di essere davvero se stessi.

 

2. Lo psicologo non risolve i problemi al posto tuo.

 

In diretta continuazione con il punto precedente, soprattutto nei primi incontri si vive la “frustrazione” di essersi rivolti ad uno specialista per avere la “soluzione” e non riceverla: come se questa soluzione dovesse arrivare da fuori e non da dentro. Il lavoro psicologico consiste proprio nell’opposto: non sono io psicologo che ti dò la soluzione (e ancora meno l’assoluzione!!...succede anche questo si!), ma sei tu che la trovi attraverso il lavoro che facciamo insieme.

So che non è molto facile comprendere questo, ma se ti sforzi ad entrare in questa visione delle cose, inizi a comprendere che sei tu l’artefice della tua vita e lo psicologo è colui che ti facilita in questo cammino. Uso una metafora già citata innumerevoli volte, ma che rende proprio l’idea: quando partorisci sei tu che partorisci, ma accanto a te c’è l’ostetrica che ti “facilita” il lavoro e ti aiuta ad eliminare gli ostacoli che puoi trovare.

Ecco, in qualche modo lo psicologo ha la funzione di eliminare i possibili ostacoli in un cammino che sei tu a dover fare, seguendo una direzione che sei tu a scegliere.

 

3. Lo psicologo non interviene sull’urgenza.

 

Altro punto importante: tranne in casi particolari dove è necessario che lo psicologo intervenga tempestivamente (perché magari è in pericolo la tua vita o quella degli altri), di norma il lavoro psicologico non ha la funzione di intervenire sull’urgenza.

Lo psicologo non interviene nel momento in cui hai una “crisi”, ma ti aiuta a capire perché l’hai avuta, da dove arriva e come fare a gestirla se e quando si ripresenterà. Il concetto è che il lavoro è più “lento” e graduale, proprio perché il cambiamento e il miglioramento devono essere graduali ed interiorizzati per essere duraturi ed efficaci.

 

4. Lo psicologo non vuole dirti nulla di sè.

 

Il fatto che lo psicologo non parli di sé viene spesso interpretato come segno di distanza e freddezza. Posto che su questo ci sono diverse scuole di pensiero e che questo aspetto può variare in base all’approccio teorico e allo stile personale di ogni psicologo, è importante comprendere una questione: se lo psicologo si mettesse a parlarti di se stesso sentiresti che è concentrato su di sé o su di te?

Probabilmente percepiresti che se utilizza il tempo della seduta per parlare di sé, forse, non ti sta facendo un buon servizio. Tutto questo non significa che il tuo psicologo è distante o vuole restare nel “mistero” per qualche motivo: non entro nel merito di tecnicismi o discorsi teorici, ma è bene che tu sappia che la riservatezza dello psicologo è nel tuo interesse.

Detto questo, io per esempio non mi faccio problemi a rispondere a delle domande se mi vengono fatte, però sempre dopo aver valutato se la domanda e la risposta che posso dare può essere “terapeutica” per chi mi sta davanti. L’obiettivo che lo psicologo dovrebbe avere è sempre quello della crescita e dello sviluppo del suo assistito, anche quando decide di dire o non dire di sé.

 

5. Lo psicologo non ha la verità assoluta in tasca.

 

Mi viene da pensare per fortuna! Invece, a volte, credere che la persona a cui ti riferisci per un percorso psicologico abbia tutte le verità “certe” in tasca ti rassicura. Ti rassicura perché, magari, può rivelartele in modo da risolvere per sempre i tuoi dilemmi (di nuovo, tu non sei capace di trovarle da solo??) e, soprattutto, è rassicurante perché ti fa vedere lo psicologo con un alone quasi “divino”.

E’ ovvio che ci siano dei ruoli diversi e delle competenze diverse, se no non avrebbe senso che tu ti rivolga ad uno psicologo: ma un conto è l’ovvia differenza di competenze che può esserti di aiuto in determinati momenti della tua vita, un conto è la figura mitica di “santone” che tutto vede e tutto sa.

 

6. Lo psicologo è un essere perfetto senza problemi che non può capirmi davvero.

 

In linea con il punto precedente, a volte ci si approccia al professionista sentendosi “da meno”, come se lo psicologo sia “superiore” a noi, non abbia alcun problema o non abbia mai provato ciò che a noi fa stare male. Ebbene, ti assicuro che lo ha provato eccome!

E lo prova tutt’ora…..anche noi abbiamo dei problemi quotidiani, anche noi soffriamo, anche noi non sappiamo che cosa fare in certi casi. Ma, unica differenza, abbiamo fatto una serie di esperienze nella vita che ci permettono di avere degli strumenti “diversi” per leggere la nostra vita e quella degli altri.

Quando incontro per la prima volta qualche Persona nuova che mi viene a trovare in studio uso spesso questa metafora: è come se tu stai scalando la tua montagna e lo psicologo sta scalando quella di fianco. Ma scalando una montagna che non è la tua, può guardarti e accompagnarti mentre lo fai e, in qualche modo, “farti vedere” che pericoli e ostacoli ci sono.

Semplicemente perché vede da fuori cose che tu non vedi mentre sei intenta/o a scalare. Ho reso l’idea? Quindi, anche lo psicologo scala ogni giorno la sua montagna, ma si prende anche la briga di guardare te mentre scali la tua.

 

7. Lo psicologo ti legge nella mente.

 

Altro mito molto diffuso! Incontri una Persona per un’ora e, come fosse una cosa ovvia, alla fine dell’incontro ti viene chiesto: <<Allora, cosa pensa di me? Cosa devo fare secondo lei?>>… come se fossimo dei veggenti che leggono nella mente, come se un’ora bastasse per conoscere e comprendere l’essere umano.

Purtroppo no, lo psicologo non ti legge nella mente, né scopre i tuoi segreti più reconditi solo guardandoti negli occhi. Ecco perché non è professionale, oltre ad essere anche poco deontologico, “sparare” diagnosi e ipotesi di lavoro dopo mezz’ora che conosci una persona … anche quella con lo psicologo è una relazione, come tutte le altre. Scusami, quando conosci una Persona nuova tu la conosci già davvero dopo mezz’ora? Io non credo.

 

8. Lo psicologo non vuole essere tuo amico.

 

Spesso si confonde la figura dello psicologo con quella dell’amico confidente. Beh, non sono per niente la stessa cosa: l’amico è quello con cui passi del tempo, più o meno divertente, e con cui hai uno “scambio alla pari”. Tu racconti di te, lui/lei racconta di sé, ci si confronta, si cresce insieme. Non c’è alcun intento di “presa in carico” dell’uno nei confronti dell’altro: nella stanza dello psicologo succedono cose un po’ diverse, anche solo per il fatto che si hanno competenze diverse.

La relazione terapeutica può essere una delle relazioni più intime della tua vita, spesso l’unica, ma non è una relazione di amicizia. È una relazione che ha l’obiettivo di favorire la tua crescita interiore, che ti permette di conoscerti nel profondo proprio perché sei accompagnata/o da un professionista che in quel momento è lì per te e per aiutarti ad entrare in contatto con i tuoi vissuti.

Intanto per sperimentarli in sicurezza e imparare a modularli, poi anche per dare loro un significato e un “ordine” all’interno della tua vita. Quindi, non è che lo psicologo è uno stronzo o non tiene a te perché non viene a prendere un caffè al bar (poi, anche qui, ci sono situazioni e situazioni nelle quali non posso entrare nel merito in questa sede), ma non lo fa proprio perché tiene tanto a te e alla tua crescita personale.

 

9. Lo psicologo ti giudica mentre parli.

 

Cresciamo in una società imbevuta di giudizio e valutazione, tanto da essere abituati ad approcciarci agli altri con queste modalità, anche involontariamente. E, per questo, tendiamo ad applicare le stesse “regole” anche quando siamo seduti davanti ad uno psicologo.

L’essenza di una buona relazione terapeutica dovrebbe essere proprio quella del non giudizio: perché se non ti senti giudicata/o da me, forse puoi imparare a non giudicarti a tua volta e ti puoi permettere di essere così come sei, con le tue bellezze e le tue bruttezze.

Sai quante volte mi si chiede scusa per il fatto di piangere? Ebbene si, piangere è giudicato, per esempio, come segno di debolezza dalla nostra società e, quindi, si chiede scusa allo psicologo perché si crede di venire giudicati magari allo stesso modo. Non è così, o almeno un bravo professionista non ha interesse a valutarti o giudicarti. Non è questo che lo aiuta ad aiutarti, in nessun caso.

 

10. Lo psicologo non è sempre a tua completa disposizione.

 

Quando si chiede allo psicologo se può essere contattato al di fuori delle sedute e simili si va in dei terreni che potrebbero essere in qualche modo “minati”. Bisogna comprendere perché si ha la necessità di chiamare o scrivere allo psicologo al di fuori delle sedute: se hai bisogno di farlo e non hai delle urgenze più o meno oggettive questo dice molto di te e della tua storia, e va bene così.

Quello che, a volte, viene recepito in modo sbagliato è il modo di rispondere del professionista: di nuovo, non posso entrare nel merito di discorsi complessi e tecnici relativi alla gestione di una relazione psicoterapeutica, ma ti basti sapere che se per caso lo psicologo non è sempre reperibile o non ti risponde subito al telefono, o non è sempre disponibile ad ogni tua necessità non vuol dire che non è un buon professionista.

C’è una spiegazione e un motivo per ogni cosa e, se il professionista agisce pensando al tuo bene, sappi solo che a volte il tuo bene può essere anche quello di imparare a gestirti alcune questioni da sola/o senza avere prima il consenso/consiglio dello psicologo.

Questo non vuol dire, certo, che il tuo psicologo esiste solo nei 50 minuti di seduta e poi scompare lasciandoti in pasto a pericoli e devastazioni senza uscita, ma non vuol dire nemmeno che il professionista è al tuo servizio h24 festivi compresi.

Parola d’ordine flessibilità e, soprattutto, buon senso in primis nel professionista, laddove la Persona che si rivolge a lui non ha momentaneamente gli strumenti per esercitarlo. E dialogo, sempre. Di tutto quello che avviene dentro e fuori la stanza di terapia se ne deve e se ne può parlare.

 

 

Ok, direi che ho già messo troppa carne sul fuoco e lascio a te la possibilità di interrogarti su queste “idee preconcette” che potresti avere sulla figura dello psicologo, con la speranza che le mie riflessioni possano aiutarti a relazionarti a questa figura “brutta e cattiva” (scherzo!) con più fiducia e libertà.

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.