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Liber-ando sotto l'albero di Natale

Uno sguardo sui libri che aiutano a "liberare" il tuo potenziale


Il Natale è alle porte: quale migliore occasione per scegliere di regalare un libro? Te ne propongo tre, molto diversi l’uno dall’altro ma tutti con qualche “messaggio di senso”.

 

“Se non ti vedo non esisti” - Levante.

 

Libro ironico tanto quanto “crudo” e diretto ha, a mio avviso, la capacità di affrontare temi importanti di vita in maniera leggera ma mai superficiale.

Racconta la storia di Anita, giovane redattrice di una rivista di moda, dalla vita incasinata e inquieta. Una vita dove, ad un certo punto, i nodi arrivano al pettine e la protagonista scopre che “far finta di non soffrire” non la può portare da nessuna parte.

E’ la storia di un viaggio interiore tramite e attraverso l’esperienza nel mondo esterno, dove il presente si intreccia al passato in maniera molto forte ed incisiva. Ed è proprio iniziando a guardare con onestà il suo presente che Anita potrà finalmente elaborare le ferite del suo passato che, forse, hanno lasciato delle tracce indelebili.

 

 3 cose che mi porto dalla lettura di questo libro:

 

1. Sbagliando si impara.

 

Mai come nel caso di questo libro questo antico detto può essere più calzante: puoi imparare solo se ti butti nella mischia, prendendoti il rischio di sbagliare. E la protagonista decide di abbracciare la vita nella sua interezza, nel bene e nel male, trovando porte a volte chiuse e a volte aperte.

Si prende il rischio di seguire il suo cuore anche quando la ragione sembra dirle di andare in una direzione opposta, per poi ritrovarsi a realizzare di aver perso delle occasioni importanti. Ma ciò che resta oltre la perdita, alla fine, è proprio l’apprendimento, l’insegnamento che la vita riserva anche e soprattutto attraverso le cadute.

Se non cadi non puoi rialzarti e non puoi imparare: vivi davvero solo se fai esperienza, mai se stai ferma/o nella tua zona di confort.

 

2. L’amicizia vera ti guida e ti fa da scudo.

 

Un valore molto forte che emerge dalla lettura del libro è quello dell’amicizia.

Anita è circondata da figure molto importanti, che non solo passano il messaggio che quella dell’amicizia può essere un’esperienza vitale e molto significativa per ognuno di noi, ma ci ricordano che l’amicizia vera fa crescere.

L’amicizia può insegnarti a guardarti con occhi amorevoli anche quando sbagli, può ricordati che giudicarti non serve a niente, e può farti provare l’intensità e la pienezza che si nasconde dentro un abbraccio di sostegno e di conforto.

Perché due amici non si giudicano, si aiutano l’un l’altro a ritrovare la “strada di casa”: senza ammonizioni  o prediche, solo accettando di cercare questa “strada maestra” insieme.

 

3. Non importa come cammini, basta che lo fai.

 

Un po’ in linea con il punto precedente, non puoi trovare la “strada” se stai ferma/o nel tuo cantuccio a leccarti le ferite. Non importa sa camminando ti perdi, o se leggi male la tua mappa e arrivi da tutt’altra parte: l’importante è che non perdi mai la voglia e la forza di camminare e cercare.

Del resto, la ricerca di senso e la scoperta dei propri reali bisogni passa spesso dal buio, dal baratro, dalla grande solitudine: ma se non accetti anche questo, e se non ti poni domande, non camminerai mai davvero e non troverai la tua meta.

 

CITAZIONE PREFERITA

 

“Strano riflettere sul nulla. Il mio nulla è tutto, per ogni volta in cui mi sono detta “non è nulla!” davanti a un fortissimo pugno allo stomaco, a un crampo al cuore, a un attacco d’asma illuminante, per tutte quelle volte in cui ho capito che non c’era poi una grande differenza tra la mancanza di carezze e quella di ossigeno. Il mio nulla è un armadio dove con disattenzione ripongo cose importanti. Le butto dentro senza aprire troppo le ante, anzi ne dischiudo leggermente soltanto una e con un gesto veloce ci nascondo il mio dispiacere. Ciao. Vai. Se rimarrai lì dentro non esisterai più qui fuori, ti lascio nell’ombra, dove non posso vederti. Se non ti vedo non esisti. Se non mi vedi non esisto”.

 

 

 

“Diventare se stessi” - Irvin Yalom.

 

Scritto poco dopo aver superato gli 80 anni, questo libro rappresenta una sorta di “testamento spirituale” che questo noto psichiatra americano ha deciso di regalare al mondo.

È una sorta di biografia scritta di suo pugno che, a mio avviso, non ha nulla a che vedere con gli intenti autocelebrativi che spesso si celano dietro questo tipo di scritti. Proprio in opposizione a tutto questo, è la storia di una vita: di una vita come molte altre, straordinaria nella sua apparente ordinarietà, ma che si prende, però, il rischio di esplorare territori “scomodi” ai più.

Sceglie, infatti, di toccare le domande di senso più importanti che ogni uomo tende a porsi quando supera un certo “limite” di tempo nella sua vita. Il bello di tutto questo, però, è che il monito che arriva forte e chiaro da una Persona che potremmo definire “anziana” è proprio qualcosa come: “non aspettare di avere 80 anni per farti delle domande importanti sul senso della vita, inizia ora a vivere come se ti restasse un solo giorno”.

Quindi, quello che, in apparenza, può sembrare macabro o pesante è, in realtà, fonte di grande apertura e vitalità, proprio perché ti ricorda che la tua vita è una sola e che non puoi sprecarla.

 

3 cose che mi porto da questo libro:

 

1. Il segreto è accettarsi.

 

Yalom racconta diversi aneddoti legati alla sua vita personale e professionale, spesso connotati da dubbi e insicurezze, e lo fa in maniera molto aperta e sincera. Questo per insegnare, forse, a guardare alle proprie “zone d’ombra” con com-passione e accettazione, oltre che con ironia e, a tratti, con bonario distacco.

E’ come se attraverso la narrazione della sua storia volesse lasciare il messaggio che non si può diventare pienamente se stessi se non si sceglie deliberatamente di abbracciarsi in toto: di accogliere, cioè, sia le proprie bellezze ma anche, e direi soprattutto, le proprie bruttezze.

 

2. Meglio fare esperienza che non farla.

 

Altro apprendimento che mi porto dietro leggendo la storia di vita di questo psichiatra è che nella vita è sempre meglio provare che non provare.

Soprattutto nella sua carriera professionale, Yalom racconta di momenti di insuccesso o nei quali ha dovuto “tuffarsi nel vuoto” non sapendo bene cosa sarebbe successo: alcune volte ha portato a casa dei successi, altre delle amare sconfitte, ma è soprattutto da queste ultime che ha ricevuto gli insegnamenti più importanti.

 

3. L’importanza degli affetti.

 

Yalom appare come un uomo molto legato ai suoi affetti, in particolare alla moglie Marilyn e ai loro quattro figli. E tutte le relazioni che ha avuto nella sua vita, anche quelle di amicizia e di lavoro, hanno contribuito a farlo crescere come uomo e come professionista, lasciando delle impronte indelebili in tutto il suo percorso.

La riflessione che sorge in me a riguardo è proprio il fatto che nessuno si salva da solo: non puoi pensare di rimanere una monade isolata dagli altri, ne hai invece necessità e bisogno anche se non vuoi sentirlo per paura di fidarti o affidarti.

 

 

CITAZIONE PREFERITA

 

“Secondo le parole di una paziente: <<Che peccato aver dovuto aspettare fino ad ora, ora che il mio corpo è crivellato dal cancro, per imparare a vivere>>. Quella frase si è insediata in permanenza nella mia mente e mi ha aiutato a dare forma alla mia pratica della terapia esistenziale. Spesso la metto in questo modo: anche se la realtà della morte ci può distruggere, l’idea della morte ci può salvare. Mi sembra renda bene l’idea che, siccome abbiamo solo una possibilità di vivere, dovremmo sfruttarla pienamente e concludere la vita con il minor numero possibile di rimpianti”.

 

 

 

“Se il mondo ti crolla addosso. Imparare a veleggiare tra le ondate della vita ” - Russ Harris.

 

Scritto dal famoso autore del libro “La trappola della felicità”, il testo riprende alcune tematiche già presenti nel suo best seller, e lo fa usando un linguaggio davvero molto semplice che parla diretto al cuore.

Leggerlo ti pone, inevitabilmente, davanti a dei “dilemmi” che avrai sicuramente provato anche tu almeno una volta nella tua vita: parla, infatti, di tutte quelle volte in cui il mondo ci crolla addosso in maniera più o meno grande. Di tutte le volte in cui ci sentiamo sopraffatti da quello che ci succede, e perdiamo la forza di reagire. Di tutte quelle volte in cui rimaniamo delusi da quello che il destino ci ha riservato o dalle nostre aspettative non soddisfatte.

A tutto questo c’è un “rimedio”: è questo il messaggio che, più o meno velatamente, Russ Harris ci vuole lasciare. Trovi rimedio nel momento in cui decidi di occuparti di ciò che ti fa soffrire senza evitarlo. C’è un rimedio quando accetti la tua realtà di vita senza per forza volerla cambiare a tutti i costi, o quando riesci a capire il senso del tuo essere su questa terra.

Attraverso diversi spunti di riflessione e anche grazie ai diversi esercizi presenti, questo libro può essere considerato un buon manuale di auto aiuto e di crescita personale, rivolto a tutti ma, nello specifico, a chi sta attraversando un momento di abbattimento e naufragio interiore.

 

3 cose che mi porto da questo libro:

 

1. Prenditi il rischio di so-stare nello scarto.

 

Siamo per natura portati ad eliminare il fastidio, a rifiutare di sentire il dolore o lo sconforto. E se, per certi versi, questo può essere adattivo in piccole dosi, diventa disfunzionale se esercitiamo un evitamento massiccio del dis-agio per perseguire benessere e felicità a tutti i costi (che non potranno mai essere costanti nella vita…).

Prendersi il rischio di guardare il proprio “scarto di vita” può essere un primo passo per iniziare ad occuparsi davvero di noi stessi: per scarto di vita si intende il divario esistente tra i nostri pensieri (e le nostre aspettative) e la realtà nuda e cruda della vita.

Non sempre le cose vanno come vorremmo, molto spesso le delusioni e le cadute sono dietro l’angolo e, quasi sempre, siamo portati a voler “risolvere lo scarto” per non sentire la sofferenza da esso causata. Se accetti, invece, di sentire l’angoscia, la preoccupazione, la paura, forse potrai pian piano imparare a domare queste sensazioni che senti tanto indesiderate dentro di te.

 

2. Sei qualcosa in più che un ammasso di pensieri.

 

In linea con il punto precedente, di fronte allo scarto la nostra mente “fa i capricci”. E il pensiero, magari con una dose massiccia di ruminazione, ha spesso la funzione di darci l’illusione di poter controllare o risolvere lo scarto che ci crea dis-agio. Il rischio, però, è proprio quello di iniziare a fondersi con i nostri pensieri, non distinguendo più ciò che è solo un prodotto della nostra mente da ciò che è realtà.

I pensieri non sono la realtà: detto con un esempio, se pensi di essere un fallimento non è assolutamente detto che tu lo sia davvero (anzi, la maggior parte delle volte non lo sei per niente!).

Questo per dirti che è molto importante dare il giusto peso e nome alle cose: i pensieri sono pensieri e, proprio in quanto frutto della nostra mente, non sono la copia della realtà e possono essere messi in discussione, alla prova, o contestati.

Non voglio dire che tutto quello che pensi è frutto della tua “mente malata”: voglio dire che se continui a fonderti con i tuoi pensieri ne uscirai solo più abbattuta/o e appesantita/o, perdendo di vista ciò che può essere davvero importante per la tua vita.

 

3. La “presenza a te stessa/o” ha bisogno di uno scopo.

 

Ancora in linea con il punto precedente, puoi davvero essere pienamente in contatto con te stessa/o e con ciò che vivi momento dopo momento solo se inizi a distanziarti dai pensieri che ti ostacolano e non ti permettono di guardare al tua vita a 360 gradi.

Se ci pensi, i due “mali del secolo” per antonomasia, cioè l’ansia e la depressione, sono spesso caratterizzati dall’assenza della presenza autentica con noi stessi. L’ansia vive nel futuro, la depressione nel passato: ma dove va a finire il tuo presente? Magari non volendo, ti ritrovi ad essere intrappolata/o nel passato o nel futuro e, paradossalmente, non vivi l’unica cosa che ti è dato di vivere: il presente.

Vivere il presente vuol dire, soprattutto, trovare un perché a quello che fai, un senso profondo che ti dà la spinta di alzarti dal letto ogni mattina, sentire per che cosa vale la pena impegnarsi nella tua vita, trovare un passione che ti fa ancorare al presente e ti rende pienamente consapevole di te stessa/o con gioia e attivazione.

 

  

CITAZIONE PREFERITA

 

“Nonostante avessi tutto questo, ero profondamente infelice. I fattori responsabili erano diversi, non da ultimo un severo <<critico interiore>>: un flusso costante di pensieri giudicanti su me stesso. Ma prima e soprattutto c’era un senso di inutilità generalizzato. <<A che serve tutto questo?>> mi chiedevo spesso. Certo, avevo un buon lavoro, una bella casa, un buon reddito, un buon hobby e allora? Era tutto lì? (…) Alla fine, la mia infelicità mi fece intraprendere una ricerca: un viaggio per trovare le risposte, non soltanto per me stesso ma anche per i molti pazienti che vedevo e che sembravano dibattersi con problemi molto simili al mio. E ciò che scoprii fu che per trovare le grandi risposte bisogna prima porsi alcune grandi domande”.

 

 

 

 

E voi, che libri regalerete o leggerete in questo Natale?

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.