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"Ho fallito e fallirò"

Conosciamo la trappola del fallimento


Ti senti sempre una nullità, privo di qualsiasi attrattiva, vuoto perché non hai nulla di speciale da dire, perché non sei speciale.

Pensi di sbagliare sempre e comunque, che qualsiasi cosa provi andrà male, che sei meno intelligente degli altri, che non sei in grado.

Ti senti sconfitta/o a priori, privo di energia e voglia di fare perché è certo che perderai.

Sfiduciata/o e rassegnata/o a non chiedere di meglio, impotente e bloccata/o in questa spirale di fallimenti e insuccessi che perpetua e alimenta se stessa …

Ti sei mai sentita/o così?

Questo è il vissuto di chi è immerso nella trappola del fallimento, uno stato emotivo che ti porta a stare molto male e che incide in maniera pesante sull’immagine che hai di te e delle tue relazioni.

 

La trappola del fallimento

 

Viviamo in una società dove la performance e il successo sono iper potenziati, dove sbagliare è un peccato mortale, non riuscire in qualcosa una catastrofe che prova la nostra mancanza di valore. Ed è proprio in questo scenario che si dipanano i vissuti di tutte quelle Persone che non si sentono adeguate, e che sono intrappolate dentro una visione negativa di se stesse e delle loro possibilità.

Ci possono essere, in sostanza, due modi di reagire a tutto questo: o iperattivi l’estremo opposto diventando un perfezionista incallito che non sbaglia mai, è sempre in controllo, è il primo a giudicare tutto e tutti con la puzza sotto il naso. Oppure, al contrario, tendi ad “assecondare” la tua trappola invece che opporti ad essa, andando a sentirti esattamente in un modo che aderisce in toto all’immagine di una Persona fallita.

Come avrai capito, questo modo di approcciarti a te stessa/o e alla tua realtà determina delle conseguenze sia a livello cognitivo, perché inizi a crearti delle convinzioni irrealistiche e irrazionali, sia e soprattutto a livello emotivo, perché tendi a buttarti giù, andando a sperimentare in maniera sempre più frequente emozioni come tristezza, impotenza, tensione, vuoto, paura.

E, conseguenza di tutto questo, ti approccerai alla tua vita confermando puntualmente il modello, nell’ottica di una sorta di profezia che si auto avvera: se penso di fallire, in qualche modo mi comporterò in modo da fallire davvero, creando più o meno involontariamente situazioni che rischiano di essere degli insuccessi.

Oppure, resterò bloccata senza agire, non rischierò, non mi metterò in gioco, lascerò che la vita mi scorra davanti senza viverla. La fuga e l’evitamento sono, infatti, i tratti caratteristici di questo profilo: non ti butti in nuove esperienze, non intraprendi una nuova attività, non prendi iniziativa sul lavoro perché il tuo pensiero ricorrente è qualcosa tipo “tanto a che serve?”.

Come possiamo capire bene, questa trappola spesso non è isolata, ma si presenta in concomitanza di altre come l’inadeguatezza, la dipendenza, la sfiducia, gli standard severi.

Ma da dove arriva?

 

Alle origini della trappola del fallimento

 

La trappola del fallimento, spesso, nasce con noi: è figlia di esperienze di critica, denigrazione, umiliazioni, insuccessi reali che vengono esagerati e censurati come inaccettabili. Infatti, è molto probabile che se vivi questa dimensione hai sperimentato la mancanza di un’accettazione positiva incondizionata da parte delle tue figure di attaccamento.

Probabilmente hai avuto dei genitori che tenevano molto alla scuola o alla tua riuscita sportiva, e che ti facevano sentire stupida/o se non riuscivi; oppure erano Persone di successo, con le quali sei stata/o in continuo paragone, finchè hai mollato credendo di non poter mai arrivare ad essere come loro.

Questo vuol dire che venivi apprezzata/o o, peggio ancora, voluta/o bene solo a condizione di essere in un certo modo e, se per caso non lo eri, ecco il rifiuto e il giudizio negativo. Ancora più nocivo se si è verificato quando eri troppo piccola/o per difenderti o per capire che non eri tu ad essere sbagliata/o.

In questi casi si verifica una sorta di “identificazione con l’aggressore”: per fartela semplice, se sei abituata/o ad essere continuamente criticata/o o sminuita dall’esterno, in primis penserai che se mamma e papà ti dicono questo probabilmente hanno ragione.

Successivamente, tenderai a trattare te stessa/o così come sei stata/o trattata/o, andando ad interiorizzare quelle critiche facendotele da sola/o. Questo ti dà l’illusione di avere un pochino più di potere: perché se ti dici quelle brutte cose da sola/o sei meno esposta/o all’aggressione esterna e, forse, soffri meno.

L’esposizione prolungata a queste esperienze si unisce, inoltre, a momenti nei quali magari hai davvero perso una partita, preso un brutto voto o ti hanno lasciato: con una visione “distorta” del tuo valore e di ciò che sei è molto probabile che i normali eventi di perdita e insuccesso della vita si trasformino in conferme del tuo non valore e della tua inadeguatezza.

O, ancora, i tuoi genitori non ti hanno supportato e spinto ad affermarti nella vita perché il tuo successo avrebbe, magari, rappresentato una minaccia per loro: qualcosa di ovviamente inconsapevole che suona tipo “se mio figlio riesce nella vita non sarà più a mia disposizione, se gli faccio sentire che non vale nulla dipenderà da me”.

La buona notizia è che i giochi non sono ancora finiti, che anche se il tuo passato è stato pesante puoi ancora intervenire per prenderti cura di questa trappola.

 

Abbracciare il fallimento

 

La trappola del fallimento è molto più diffusa di quanto pensi, anche in Persone “riuscite” nella vita, che vivono in costante allerta, con la paura che l’insuccesso sia dietro l’angolo o, peggio ancora, sentendosi degli impostori che fingono sicurezza e competenza, e che prima o poi verranno smascherati.

Superare questa trappola non è così facile perché, come già visto, coinvolge delle dimensioni molto profonde della nostra identità proprio perché legate alle nostre primissime esperienze di relazione. Questo comporta un intervento profondo, che vada pian piano a lenire le ferite di attaccamento e a “riabilitare” una sana e corretta visione di sé.

La psicoterapia è lo strumento principe per aiutarti a fare tutto questo, ma puoi iniziare ad occupartene riflettendo su dei piccoli spunti.

 

1. Il fallimento è normale.

 

Per vivere meglio la tua vita è importante iniziare a vedere il fallimento come una possibilità naturale, come un qualcosa che può capitare.

Detto in altri termini, è “normale” se non passi un esame, anzi può essere un’esperienza che ti sprona ancora di più a studiare per fare meglio, mentre se lo avessi superato al primo colpo magari non ti sarebbe rimasto nulla di più che qualche nozione posticcia.

Inoltre, inizia a “valutare” il tuo fallimento, nel senso di vedere se è reale o solo percepito: infatti, è possibilissimo che tu sia vittima di una distorsione che ti fa valutare come fallimento un qualcosa che non lo è per niente.

A questo proposito, puoi chiedere il supporto di Persone care di cui ti fidi, per aiutarti a valutare la situazione in maniera più puntuale e obiettiva.

 

2. Non generalizzare.

 

Per chi vive questa trappola la generalizzazione è all’ordine del giorno. “Se non ho passato quell’esame sono un fallito in toto”: quante volte ti sei ritrovata/o a sentire delle cose simili? Questo è frutto di un’altra grande distorsione cognitiva: trasformi, cioè, un evento circoscritto e specifico in una convinzione irrazionale su te stessa/o nella sua totalità.

Invece, devi provare ad approcciarti all’insuccesso circoscrivendolo ad aspetti specifici, andandolo a guardare nella maniera più distaccata e obiettiva possibile.

Se ti può essere utile prova a fare l’amico di te stesso ed approcciati al tuo insuccesso come faresti con un tuo familiare o amico: cosa le/gli diresti? Che consiglio daresti? Che cosa faresti per risollevare il suo umore?

A volte usiamo due pesi e due misure per noi stessi e per gli altri, quindi imparare a trattarci come se fossimo “esterni” ci fa essere anche più clementi.

 

3. Accogli la ferita.

 

Dietro la sensazione di essere un fallimento si nasconde, quasi sicuramente, una bambina o un bimbo che non si sente amata/o. Avvicinati senza paura, senti quello che c’è da sentire, anche se fa male. Oggi sei grande, sei una Persona diversa, puoi iniziare tu stessa/o a prenderti cura di quel bambino che sei stata/o, iniziando a fargli capire che non è sbagliata/o.

Prova ad immaginare di poter difendere quel bambino dalle ingiustizie che ha ricevuto, prendi le sue difese dalla posizione dell’adulta/o che sei oggi, e affronta nel tuo intimo chi ti ha fatto del male: cosa diresti oggi ai tuoi genitori? Come proteggeresti quel bambino? Cosa gli diresti per fargli sentire che non è lui quello sbagliato?

 

4. Trova le tue risorse.

 

Proprio perché sei stata/o portata/o a credere di essere meno capace o intelligente degli altri, lo sforzo che devi provare a fare è proprio quello di riappropriarti di ciò che sei. E questo significa ritrovare dentro di te le qualità, le caratteristiche, le risorse, le capacità che sicuramente hai ma che, per la paura di non riuscire, eviti di contattare e vedere davvero.

Potresti, per esempio, costruirti una sorta di “pinacoteca delle risorse” interiore: immagina un corridoio con tanti quadri, dove ognuno di essi rappresenta una qualità, una risorsa o un successo che, nonostante tutto, riesci a riconoscerti.

Appendi simbolicamente questi quadri e, se vuoi, trasformali in qualcosa di concreto tramite un disegno, una scritta, una forma simbolica che possa ricordarti visivamente le risorse che possiedi e i successi che hai già realizzato nella tua vita.

 

5. Non fuggire.

 

Ultimo, ma non meno importante aspetto, è quello di combattere l’evitamento: più ti isolerai accontentandoti di non fare peggio sarà, più mollerai più aumenterà la sensazione di fallimento.

Qui la sfida è proprio quella di buttarti un po’ di più nella vita: prova a fare una sorta di gerarchia delle cose che ti verrebbe più facile affrontare fino ad arrivare a quelle che proprio ti fanno paura, e inizia dalle più semplici.

Che so, magari alla base di questa “montagna da scalare” potrebbe esserci iniziare uno sport che ti piace ma che non hai mai intrapreso per paura di fallire e, poi, via via salendo invitare a cena quella Persona a cui tieni o, ancora di più, proporti per quell’incarico per cui ti senti portata/o ma che per paura eviti di assumere.

Non è importante cosa metti nella tua lista dell’anti-evitamento, è importante che ci provi!

 

 

Spero che queste riflessioni su questa trappola molto diffusa al giorno d’oggi ti siano servite e, come sempre, ecco qualche spunto utile per approfondire:

- “Elogio del fallimento. Perché sbagliare fa bene”, di Francesca Corrado.

- “Il magico potere del fallimento. Perché la sconfitta ci rende liberi”, di Charles Pèpin.

- “Reinventa la tua vita”, di Jeffrey Young e Janet Klosko.

 

 

 

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.