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Quando la nostra psiche si fa male ...

Ferite psicologiche e dintorni


Siamo immersi in storie sin da quando nasciamo. Queste storie sono a volte molto belle, piene di lieti fine, riscaldano il cuore e ci danno la conferma del fatto che sia meraviglioso essere al mondo.

Ci sono, invece, altre storie che hanno il sapore della paura, della tristezza, del distacco, della rabbia, del rifiuto … e sono storie che, al contrario delle prime, non finiscono per niente bene.

Infine ci sono situazioni  (forse è così per la maggior parte di noi) dove storie belle si mischiano a storie meno belle.

E tutte queste storie contribuiscono a strutturare la nostra identità, a fare di noi ciò che siamo oggi, a farci approcciare al mondo e agli altri in un determinato modo.

Facile intuire che se vivi storie senza lieto fine queste lasceranno dentro di te come delle “tracce” più o meno profonde, perché creeranno delle ferite psicologiche di varia natura e complessità.

Ma che cosa è una ferita psicologica?

 

Che cos’è una ferita psicologica

 

Immagina di inciampare mentre stai camminando per strada e, senza nessun preavviso, di ritrovarti distesa/o sull’asfalto: per fortuna non ti succede nulla di grave, ma prendi un grande spavento oltre a ritrovarti con il pantalone strappato e del sangue che esce dal ginocchio.

Non so se ti è mai successa una cosa del genere, a me si: non capisci bene cosa sia successo, hai paura perché senti dolore e non capisci se ti sei rotta/o qualcosa, rimani bloccata/o per qualche secondo in attesa di riconnetterti con te stessa/o e la situazione in modo da capire cosa fare.

Nel momento in cui ti riprendi senti dolore, la ferita brucia a contatto con la stoffa dei pantaloni e pensi solo di far qualcosa per medicarla il prima possibile.

Una ferita psicologica è un qualcosa di molto simile ad una ferita “fisica”: crea una lacerazione, apre dei canali che dovevano restare chiusi, brucia e sanguina.

Possiamo definire la ferita psicologica come un “urto” che impatta più o meno improvvisamente la nostra psiche, e che causa una lacerazione di vario tipo ed intensità.

Non tutte le ferite sono, però, uguali: ce ne sono alcune che sanguinano per pochissimo e poi si rimettono subito solo mettendoci un cerotto sopra.

Altre sono molto più complicate, richiedono magari una medicazione particolare che brucia molto o, ancora peggio, anche dei punti di sutura per richiudere la parte offesa.

E, di conseguenza, ci sono ferite che si rimarginano nel giro di un giorno e non lasciano più traccia, mentre ce ne sono altre che ci mettono molto di più a cicatrizzarsi e ti lasciano delle cicatrici che durano nel tempo.

Da cosa dipende tutto questo?

Spesso dall’intensità dell’urto e dal livello di esposizione all’agente che crea la ferita.

Detto in altri termini, se mi faccio un piccolo taglietto mentre sto pelando le patate tutto si risolve in poco tempo con un cerotto. Se cadendo mi sbuccio un ginocchio dovrò, magari, disinfettare la ferita e poi metterci delle bende. Se ho fatto un brutto incidente e mi si crea una ferita sulla fronte che sanguina copiosamente devo correre in ospedale e, probabilmente, dovranno mettermi dei punti.

Questo per dirti che ci sono ferite psicologiche che ci segnano poco e che facciamo presto ad elaborare ed archiviare: parliamo, magari, di eventi circoscritti che succedono una volta e che, per quanto forti, non ci impattano poi così tanto.

Ci sono, invece, situazioni difficili che si ripetono nel tempo (pensa alle prese in giro a scuola, o alla violenza in casa, o agli abusi) e che causano dei danni maggiori al nostro apparato psichico.

 

Trauma e ferita

 

Possiamo usare questi due termini in maniera abbastanza intercambiabile, anche se è necessario fare attenzione ad alcune differenze.

Il trauma è una ferita psicologica, questo è chiaro. E', cioè, un evento o una situazione che impatta in maniera forte e inaspettata sulla nostra psiche e che crea una lacerazione di diversa entità. Nel mondo della psicologia si tende a fare una differenza tra i traumi con la T maiuscola e quelli con la t minuscola.

Traumi con la T sono degli eventi molto potenti nei quali viene messa a rischio la sopravvivenza nostra o di qualcuno a noi vicino: terremoti, aggressioni, incidenti, calamità naturali varie, ma anche abusi sessuali o violenza fisica.

Sono degli eventi “grossi” che nel linguaggio comune siamo tutti molto bravi ad identificare come traumi ed hanno una caratteristica particolare: tranne rari casi, hanno un inizio ed una fine, sono circoscritti in un tempo ben preciso per intenderci.

I traumi con la t sono, invece, delle situazioni nelle quali non è a rischio la nostra incolumità fisica, ma la nostra sopravvivenza psicologica: parliamo di prese in giro, critiche ripetute, rifiuti, abbandoni, distacco dalle nostre figure di riferimento, sensazione di non essere protetti, situazioni nelle quali qualcuno ci fa sentire non amati, non stimati o non accolti.

E la caratteristica principale di questo tipo di traumi è che sono continuativi perché hanno a che vedere con delle relazioni; possono ripetersi anche per molto tempo andando a strutturare una certa immagine di noi stessi e degli altri.

Ti potrà sembrare che i traumi T siamo molto peggio dei traumi t ma, in realtà, la situazione potrebbe non essere questa in quanto i primi sono, sì, forti ma durano meno mentre i secondi sono come delle goccioline che cadono dal rubinetto per molto tempo una dopo l’altra, fino ad allagare tutto.

Devo specificarti, però, che non è possibile fare una classifica del trauma: non esiste il trauma che vince in assoluto il premio del trauma dell’anno!

Un evento o una relazione può essere traumatica per me e non traumatica per te, e viceversa: ciò che fa la differenza è la possibilità di elaborazione che la nostra psiche mette o no in atto.

Se riusciamo ad elaborarla, anche la catastrofe peggiore può non trasformarsi in trauma, mentre se non riusciamo a “digerire” quella cosa che ci è successa, anche se “piccola”, essa si trasforma in trauma.

Detto in altri termini, non possiamo oggettivare i traumi, ma possiamo solo valutarli alla luce del vissuto e della storia di ognuno di noi, che è unico e irripetibile.

E qui arrivo ad una potenziale differenza tra trauma e ferita: il trauma è una ferita che non riesce ad essere elaborata e che, spesso, ha bisogno di un aiuto esterno per essere curata e per rimarginarsi. Spesso il trauma crea anche dei sintomi importanti di varia natura, come l’ansia, un abbassamento del tono dell’umore, dei pensieri ossessivi ricorrenti, l’isolamento sociale e via dicendo.

Una ferita, invece, può essere presente nella nostra vita senza causarci per forza un trauma: può essere facilmente medicabile ed elaborabile o, se non è così facile elaborarla, spesso tendiamo a gestirla usando quelli che in gergo si chiamano meccanismi di difesa.

I meccanismi di difesa possono essere più “evoluti” e, quindi, integrarsi perfettamente nel nostro quotidiano aiutandoci a gestire in maniera automatica le nostre ferite psicologiche; oppure possono essere più “primitivi” e diventare un pochino meno gestibili portandoci, magari, a chiedere un aiuto esterno perché non ci permettono nel modo migliore di integrare la nostra ferita.

Mi rendo conto che quello che sto dicendo è molto complesso e non può certo essere esaurito in due paginette di articolo: in questa sede mi interessa che tu comprenda quale può essere lo spartiacque tra un disturbo psicologico vero e proprio e un malessere emotivo di qualche tipo.

Attenzione però, non ti sto dicendo che un malessere è meno importante e che, quindi, si può far finta di nulla!

Ci sono malesseri che non ci fanno dormire la notte e per la maggior parte dei quali andiamo in terapia, ma ci sono delle ferite psicologiche con le quali, invece, possiamo riuscire a convivere o, addirittura, che possiamo integrare da soli nella nostra storia senza per forza ricorrere all’aiuto di un terapeuta.

A questo punto ti starai forse facendo una domanda precisa: le ferite psicologiche, grandi o piccole che siano, guariscono?

 

Guarire o curare?

 

La risposta è si, si possono curare.

Mi sembra doveroso fare un’ultima specificazione: guarire è una cosa, curare è un’altra. Nel gergo medico guarire significa che non hai più quel sintomo, che stai bene e la malattia che avevi ti è passata.

Per la psiche, forse, dobbiamo ragionare più in termini di cura che di guarigione. Una ferita psicologica lascia delle cicatrici che difficilmente andranno via, per cui se parliamo di guarigione la cicatrice è un qualcosa che non guarisce.

Ma la cicatrice è il ricordo di una ferita, il segno tangibile che qualcosa ha lacerato la tua pelle in un dato momento ma che ora quel qualcosa non ci fa più male, non sanguina più, si è rimarginato.

In questo caso, parlare di prenderci cura delle nostre ferite psichiche è, forse, più calzante: ci prendiamo cura di un qualcosa quando lo abbiamo a cuore, quando ce ne ricordiamo, quando lo avviciniamo con delicatezza e rispetto, quando gli dedichiamo del tempo.

E delle ferite psicologiche non puoi fare altro che prendertene cura.

Come? In primis, riconoscendole e guardandole, anche se all’inizio può fare molto male. Poi, permettendo loro di parlare, di raccontare la storia che hanno da raccontare, di “drenare” un dolore. Perché se lasci che il dolore di quella ferita resti dentro di te non ti permetti di elaborarlo, ma lo soffochi e basta paralizzandolo chissà dove.

Credo fermamente che il dolore che abbiamo vada, invece, tirato fuori, accolto e abbracciato: solo così puoi passarci attraverso e superarlo. Il dolore è una sorta di energia dentro di noi che va drenata, nel senso di smossa, trasformata in vissuto momento dopo momento, e “scaricata” poi.

Ecco che, allora, dentro o fuori la stanza di terapia curare un ferita psicologica vuol dire prendersene cura, guardarla e accoglierla per ciò che è, senza nascondersi. E, solo dopo questo passaggio, una ferita si cura nel momento in cui le diamo la legittimità di esserci, e il giusto rispetto e ascolto.

Le nostre ferite meritano di avere voce e di trovare un orecchio che le ascolta permettendo loro di integrarsi nei nostri vissuti e, in ultimo, nella nostra storia di vita. Credo tanto che se una ferita può essere messa in parole può essere curata, cioè può medicarsi e, infine, cicatrizzarsi.

Resta la cicatrice, è vero, quindi da una ferita psicologica forse non si può guarire mai se usiamo questa parola in senso stretto.

Ma se la curi, quella ferita non ti farà più male e potrà essere una sorta di “bagaglio” che ti porti dietro nella vita e che ti aiuterà, paradossalmente, nelle puntate successive di questa storia chiamata esistenza.

 

Chi più chi meno, siamo tutti feriti: e le ferite psicologiche sono tante e diverse tra loro. Possiamo, però, raggrupparle in delle “categorie” che ci possono aiutare ad orientarci e, soprattutto, a conoscerci meglio.

Passeremo tutto questo 2024 a parlare di ferite: ti proporrò vari articoli durante l’anno per raccontare le ferite e, chissà, per provare ad avvicinarle con meno paura.

Se ti va di intraprendere questo viaggio, benvenuta/o a bordo!

 

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.