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Allenare la felicità

Fatica inutile o possibilità?


Ci sono momenti nei quali mi sento appagata anche solo impastando la pizza al sabato sera, altri dove niente sembra bastare. Nemmeno io a me stessa. E, allora, mi chiedo: è “normale” tutto questo? E, se lo è, posso migliorare? La ricetta della felicità non esiste ancora, e mi guardo bene dal parlarvi come se, invece, io l'avessi trovata...mi sento, forse, la persona meno indicata a trattare l'argomento. Ma, proprio perchè sono in cammino, posso raccontarvi il pezzettino di strada che ho percorso.

Voglio parlare di felicità proprio perchè mi sembra un argomento ancora aperto, privo di certezze e dogmi, che è fatto davvero di “esperienza sul campo”. La ricerca in psicologia ha detto e continua a dire molto a riguardo e credo che condividere qualche informazione su questo potrebbe essere utile. Molto è stato detto e scritto sulla felicità: filosofia, arte, psicologia, sociologia, teologia sono scese in campo in vari momenti della storia per dire la loro in merito. Probabilmente ne saprete più di me o, viceversa, sono certa che saprete documentarvi se siete interessati.

Quello che, invece, mi preme fare qui è concentrarmi su 3 concezioni (per altro inutili e inesatte) che spesso vengono fuori quando ci ritroviamo a discutere di felicità.

 

I 3 “errori” della felicità

 

1.      “Sarò felice quando avrò...”: alzi la mano chi non ha mai pensato che sarebbe stato finalmente felice solo al raggiungimento di un dato traguardo. Soldi, dimagrimento, relazioni sentimentali, casa nuova, potere, notorietà...tutti “piccoli” traguardi che mettiamo come condizione per essere felici. Peccato che la ricerca ci dimostra che non possiamo prevedere esattamente se e quanto saremo felici al raggiungimento di un simile traguardo. Anzi, non so se ci avete mai fatto caso, assaporare un qualcosa che deve ancora arrivare è spesso molto più appagante della cosa in sé.

Ancora meglio, è stato anche dimostrato che il sistema traguardo-felicità funziona un po' come quello della dipendenza da sostanze. Siamo, cioè, portati ad abituarci e adattarci (assuefazione) a ciò che è stata la nostra fonte momentanea di felicità e, alla fine, non ci basta più. Avremo, dunque, bisogno di “dosi” sempre più alte di soddisfazioni e traguardi per sentirci felici...e tutto si riduce ad una corsa infinita verso l'inafferrabile.

Ironia della sorte, la ricerca mostra proprio qualcosa di opposto: più ci sentiamo felici e appagati, più riusciamo ad avere un atteggiamento mentale funzionale al raggiungimento del successo nei più svariati ambiti di vita. Uno stato d'animo positivo incrementa, infatti, la creatività, il problem solving, l'energia, la resilienza e tutte quelle facoltà che ci permettono di riuscire meglio.

 

2.      “La felicità dipende da....”: immediatamente collegata alla prima concezione, questa idea ci porta a pensare che la felicità sia uno stato d'animo (o come meglio volete definirla..) che dipende da determinate condizioni (spesso esterne a noi) ed è in relazione ad esse. Vediamo la felicità più come uno stato che si raggiunge e resta, poi, sempre “fisso”, che come un processo interno che non dipende da fattori più o meno esterni, ma che si costruisce e si allena giorno dopo giorno. La felicità, in realtà, dovrebbe essere considerata più come un modo di essere che come un “bene da conquistare”.

 

3.      Chi è felice è sempre su di morale e non soffre mai”. Forse questa idea è la più gettonata di tutte ed è anche quella che ci fa cadere nella trappola della felicità. Siamo convinti che trovare la felicità equivalga a non essere tristi, a non provare mai dolore, ad essere sempre sorridenti...e se pensiamo che nella nostra vita potremo arrivare a questo siamo davvero fuori strada!

La vita è anche dolore, fatica, delusione, tristezza: però ciò non vuol dire che non si possa, nello stesso tempo, sentirsi felici. Lo capisco, sembra un assurdo controsenso ma, in realtà, chi dice di sentirsi felice è anche chi sceglie di vivere una vita piena e significativa. E, se vivi la tua vita intensamente senza scappare, è inevitabile che tu soffra. La differenza la fai nel modo di rispondere alla tua difficoltà.

 

 Ma la felicità esiste?

 

Abbiamo in breve visto cosa non è vera felicità ma, in soldoni, cosa invece potrebbe essere la felicità?

Gli esperti definiscono la felicità una sorta di ben-essere soggettivo, proprio perchè non ci può essere una definizione univoca e l'aspetto individuale è determinante. Alla base di questa sensazione di benessere ci sarebbe un elevato livello di soddisfazione sia globale che in ambiti definiti, insieme a livelli alti di emozioni “positive” e livelli bassi di emozioni “negative” (a me piace più parlare di emozioni funzionali e meno funzionali, ma lo vedremo magari in altri post..).

Martin Seligman, ritenuto il padre della psicologia positiva, individua 3 componenti alla base della felicità: piacere, impegno e significato. Per sentirsi felici devono coesistere, se no saremmo vittime di uno stato effimero e poco duraturo di benessere.

Per me felicità è un modo di essere, in evoluzione e mutevole, che ci fa sentire appagati nell'essere ciò che già siamo e nel fare ciò che già facciamo...e ci metto dentro paroloni come autenticità, fiducia, speranza, passione, creatività, vitalità, auto compassione, significato, accettazione, dono, gioco, connessione.

 

Troppa roba, vero? E anche troppo difficile, no?

 

Come già detto, il concetto di felicità ha molte sfaccettature e non può prescindere dalla definizione che ognuno di noi ne dà. Ma, nonostante ciò, vari studi nel campo della psicologia positiva hanno cercato di individuare in maniera scientifica alcune componenti osservabili nelle persone che si definiscono felici. Trasformo liberamente questi fattori individuati dalla ricerca in “istruzioni per l'uso”, spero utili per la tua riflessione.

 

Pillole di felicità

 

1.     Cambia occhiali.

Spesso ciò che ci impedisce di essere felici è proprio il nostro atteggiamento mentale e comportamentale di fronte alla realtà. Se hai sempre imparato a leggere tutto con occhiali scuri sarà molto difficile per te trovare qualcosa che funzioni. Ciò non vuol dire sforzarsi di vedere tutto a cuoricini rosa e far finta che il negativo non esista, ma iniziare ad allenarti a vedere anche le tue risorse e ciò che va bene nella tua vita.

2.  Trasforma la difficoltà in sfida.

Come abbiamo già sottolineato, felicità non significa assenza di dolore. Essere felici vuol dire anche approcciarsi ai problemi con spirito ricettivo e con fiducia. Che opportunità si nascondono nella prova che stai attraversando? Come puoi rispondere al tuo fallimento in un modo che ti faccia sentire attiva/o e dotata/o di potere personale? Qui entrano in causa i concetti di impotenza appresa e profezia che si auto realizza, di cui magari parleremo in altri post...

3.     Abbi fiducia in te.

Non ci può essere felicità senza autostima e accettazione di sé, nel bene e nel male. Solo quando imparerai a volerti bene e a guardarti con tenerezza potrai sentirti piena/o e, quasi magicamente, ti vedrai migliore di quello che pensavi. Ciò significa anche dare luce ai tuoi talenti, darti il giusto credito per le cose che sai fare, e riconoscerti delle qualità positive.

4.    Ringrazia.

Prova ad esercitare la gratitudine ogni giorno (a breve un post a riguardo!) in modo da allenare la tua mente a trovare risorse e traguardi che hai già raggiunto, invece di focalizzarti solo su ciò che ti manca.

5.  Dona.

Regala agli altri il tuo tempo, il tuo ascolto, il tuo aiuto, il tuo amore, la tua amicizia. La relazione con gli altri è una delle vie più importanti per allenare la felicità: le relazioni amicali, familiari, lavorative e sociali in genere sono una risorsa preziosa per la nostra vita. Ci permettono di ricevere, ma anche di esercitarci a dare.

A questo proposito la ricerca ha dimostrato che chi dà gratuitamente prova emozioni piacevoli e incrementa un'immagine positiva di se stesso (autostima). Prende coscienza di ciò che ha invece che di ciò che gli manca (per dare devi avere qualcosa...) e acquisisce maggiore fiducia nell'umanità e nella possibilità di poter ricevere a sua volta.

6.      Gioca.

Ritagliati dei momenti per fare delle attività che ti fanno stare bene, concediti la possibilità di divertirti. Scegli qualcosa che fai solo per il puro piacere di farla, senza che sia per forza produttiva o che abbia uno scopo.

7.   Credi.

Chiediti cosa dà significato alla tua vita, quali sono i valori per cui ti alzi dal letto ogni mattina, che senso vuoi dare al tuo passaggio su questa terra. Inevitabilmente questo chiama in causa la spiritualità, ma credere non vuol dire per forza aderire ad una religione. Credere vuol dire rivestire le proprie azioni e tutto il proprio essere di un qualche senso.

8.      Sorridi.

Quando sorridiamo (a prescindere che il sorriso abbia alla base un'emozione di gioia o meno...) vengono inviati dei messaggi al cervello, che comunque interpreta il sorriso come un segnale di gioia (questo fenomeno si chiama retroazione facciale). Di conseguenza secerne i neurotrasmettitori corrispondenti che ci fanno migliorare davvero l'umore. Perchè non provare a sorridere di più?

 

Questi dei piccoli spunti di riflessione per facilitarti nella scoperta di quale può essere il tuo allenamento per la felicità.... sei pronta/o a cominciare?

 

Se vuoi approfondire questo tema ti metto di seguito qualche lettura interessante che mi ha aiutato a riflettere e da cui ho tratto ispirazione:

  • Ricerche sulla felicità. Come accrescere il ben-essere psicologico per una vita più soddisfacente” di Edoardo Giusti e Emanuela Perfetti.
  • Il vantaggio della felicità. 7 principi della psicologia positiva che alimentano il successo e la performance” di Shawn Achor.
  • Quaderno di esercizi di psicologia positiva” di Yves-Alexandre Thalmann.
  • Imparare l'ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero” di Martin Seligman.
  • Più felice. Come imparare ad essere felici nella vita di ogni giorno” di Tal Ben Shahar.

 

 Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.