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"Oggi la mia anima è triste fino al corpo"

I volti della tristezza e della depressione


Fernando Pessoa mette dentro la frase che ho voluto usare come titolo tutta l’essenza profonda di un’emozione che spesso viene evitata o allontanata: la tristezza come dimensione interiore che tocca non solo l’anima, ma tutto il corpo.

Non solo la persona, ma tutto il suo contesto.

Quando sei triste, non so se ti ritrovi, il tuo mondo assume i connotati di un qualcosa di grigio, sbiadito, faticoso, insoddisfacente.

E tu, di riflesso, perdi di forza, colore e vitalità.

L’esperienza della tristezza, per quanto i messaggi socio-culturali odierni tendano a mascherarlo, appartiene ad ogni uomo e ad ogni donna: puoi fare finta di no, inseguire felicità e gioia in maniera quasi ossessiva per non sentire dolore ma, prima o poi, la tristezza verrà a trovarti.

Capisco che, detta così, questa può sembrare quasi una minaccia e, chissà, mentre leggi stai “toccando ferro” o facendo mille scongiuri! Quando ti dico che prima o poi conoscerai la tristezza, te lo dico come una sorta di “augurio”: perché se impari a conoscerla, fartela amica e a farla entrare nella tua vita, questo ti potrà permettere di guardare davvero e più intensamente il suo opposto, cioè la gioia.

Ho deciso di scrivere degli articoli su tristezza, depressione e dintorni per cercare di farti avvicinare un pochino ad un argomento che si presenta come “scomodo”: nessuno al giorno d’oggi vorrebbe provare dolore o essere triste. Eppure molte più persone sono depresse oggi rispetto a ieri, come te lo spieghi? Forse a furia di scappare ed evitare certi argomenti o, per meglio dire, certi propri vissuti emotivi, si finisce per restarne intrappolati … Nello stesso tempo, però, sembra anche che la parola “depressione” sia un po’ sulla bocca di tutti, come se l’emozione della tristezza venga equiparata o scambiata per la condizione di depressione creando confusione.

Per questo andiamo per gradi e, intanto, proviamo a dare una definizione accurata di cosa sono la tristezza e la depressione.

 

Le declinazioni della perdita: tristezza e depressione

 

Sei seduta/o sul divano con lo sguardo perso nel vuoto. Non hai la forza di fare niente e, paradossalmente, ti scorrono davanti tutte le cose che dovresti fare e che non riesci a fare. E più ci pensi più ti senti senza forza e senza voglia e, magari, pensi che sei un fallimento e che è colpa tua. Allora inizi a pensare a come era prima, a quanto le cose erano diverse e piacevoli, a quanto tu eri diversa/o. Oppure, te la prendi con gli altri e con l’Universo per tutto il male che ti hanno fatto e inizi a raffigurarti i peggiori scenari futuri.

Senti un peso nel petto, ti metti a singhiozzare, oppure ti manca l’aria e senti come se stai svenendo. Il tuo corpo è debole e senza vitalità, non provi alcun interesse o piacere né per ciò che hai dentro, né per ciò che ti circonda. Impotenza, stanchezza, mancanza di fiducia, sensazione di non valere: ecco alcuni dei vissuti interni che caratterizzano uno stato depressivo.

Devi immaginarti la depressione come una sorta di “tristezza amplificata”: alla base della depressione c’è, infatti, un senso di abbattimento e tristezza, che assume, però, una portata più rilevante e può diventare un ostacolo per lo svolgimento delle tue attività quotidiane. La tristezza, invece, è un’emozione e, in quanto tale, ha le caratteristiche di essere passeggera, mentre uno stato depressivo rimane costante pur nella sua ciclicità.

La depressione, quindi, non è uguale alla tristezza pur avendocela alla base.

Oltre l’aspetto della “cronicità”, possiamo dire che, molto spesso, la depressione non ha un motivo: quando sei triste spesso sai anche dire perché, mentre se sei depressa/o non sempre lo sai, oppure il tuo stato d’animo non è sempre proporzionato a ciò che lo ha fatto venire fuori.

Altro aspetto rilevante è quanto il tuo stato d’animo incide e ostacola il normale svolgimento della tua vita: se sei triste ti vivi il tuo stato, magari prendendoti dei momenti per isolarti o per staccare dalla quotidianità, ma riesci comunque a funzionare bene nel tuo ambiente. La depressione invece, con diversi livelli di gravità e compromissione, può anche impedirti di lavorare, di fare sport, di coltivare un hobby o di prenderti cura dei tuoi figli.

Ovviamente non si deve generalizzare e, se ti senti così, è sempre meglio consultare un professionista per capire insieme cosa succede e il livello di complessità della situazione: la compromissione delle attività di vita è solo uno degli aspetti che caratterizzano chi è depresso, ma questa compromissione potrebbe anche non esserci pur essendo in presenza di un quadro depressivo.

 

Identikit della depressione

 

Se andiamo a vedere cosa dice il DSM V, cioè il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali usato dai professionisti per fare diagnosti, vediamo che oltre alla tristezza, nella depressione intervengono tutta una serie di “modifiche” anche a livello fisiologico e corporeo in genere. Potresti sentirti stanca/o e senza forze, oppure sentirti irritabile e agitata/o. Potresti perdere interesse e piacere per tutto quello che fa parte della tua vita o quasi, potresti avere difficoltà a concentrarti, maggiore o minore appetito, maggiore o minore bisogno di sonno.

Oltre questi aspetti più fisiologici, però, ciò che spesso differenzia la depressione dalla semplice tristezza è il tuo modo di pensare e l’immagine che hai di te: non è infrequente trovare sentimenti di colpa e di auto difettosità in genere, uniti ad una visione pessimistica degli altri e del mondo. Questa visione delle cose, purtroppo, potrebbe anche indurti a pensare che la fine della vita possa essere l’unica “soluzione” per far cessare il tuo dolore.

Ti starai chiedendo perché succede tutto questo e da cosa dipende: beh, nella depressione intervengono fattori biologici, ma anche psicologici e sociali e, per questo, le manifestazioni depressive variano in base alla predominanza di un fattore rispetto ad un altro. Ti basti sapere che sei meno a rischio se ti senti soddisfatta/o a livello lavorativo e personale, se hai una buona rete di supporto, se non usi il rimuginio come strategia di pensiero principale, se sei in grado di coccolarti e rispondere in modo adeguato allo stress della vita, se riesci a stare sul presente invece che sul passato o sul futuro.

Cose da niente, no? Adesso, al di là dell’ironia, quello che credo sia importante che ti resti del discorso è racchiuso in una “semplice” parola: perdita. Se ci pensi, alla base della tristezza e, poi, alla base della depressione, c’è quasi sempre un’esperienza di perdita a qualche livello.

E parliamo o di una perdita che può coinvolgere te in relazione ad altri, come nel caso di separazioni a vari livelli, abbandoni, lutti, o di una perdita più “interna” legata a fallimenti, sconfitte, errori, insoddisfazioni rispetto al sé. In entrambi i casi la perdita in senso lato diventa la “molla” che alimenta la tristezza e che, in seguito, potrebbe trasformare la tua tristezza in depressione vera e propria.

Ciò che ci tengo a dirti, però, è che questo non vuol dire che bisogna evitare la tristezza come la peste, anzi. Molto spesso più tendi a volerla reprimere e allontanare dalla tua esistenza, più resta nascosta dentro di te e non ti permette di superarla. E, molto spesso, resti intrappolata/o nella tua tristezza proprio grazie ad un meccanismo cognitivo che si chiama rimuginazione.

 

Gli ostacoli della rimuginazione

 

Uno degli aspetti che va a connotare la depressione a livello cognitivo è la rimuginazione. Immagina di vivere una situazione spiacevole e di provare tristezza: pensi che se ci “ricami sopra” con il pensiero, andando a ripeterti all’infinito cosa è andato storto o quanto non sei stata/o adeguata/o in quel momento, il tuo stato d’animo migliorerà?

La ruminazione è una sorta di “vocio” interiore che ti porta a ragionare e ragionare e ragionare su un tema che ti fa soffrire senza, però, arrivare mai ad una conclusione, ma andando solo a peggiorare il tuo stato d’animo. Non so se ti è mai capitato ma la ruminazione, se ci fai caso, inizia quasi sempre con una parola: <<Perché>>.

“Perché succedono tutte a me? Perché  sono sfortunata/o? Quella situazione non doveva finire così. Se avessi fatto o detto” …. E via dicendo su questo canovaccio per ore e ore. Se ti è capitato di ruminare avrai avuto la sensazione di “perderti nei tuoi pensieri” e di non accorgerti davvero del tempo che passa e di ciò che succede fuori perché sei del tutto o quasi concentrata/o su te stessa/o.

All’interno della tua ruminazione ci sono tutta una serie di distorsioni cognitive che non fanno altro che alimentarla: per esempio, tendi a vedere le cose o bianche o nere? Oppure vedi sempre il bicchiere mezzo vuoto e leggi tutto quello che ti succede in termini di catastrofe irrecuperabile? Oppure non valuti tutti i segnali che arrivano dalla tua realtà interna ed esterna traendo delle conclusioni affrettate, spesso negative? Se si, sei in preda alle più importanti distorsioni cognitive.

La ruminazione, purtroppo, è alla base della maggior parte dei disturbi di tipo depressivo: e, per certi versi, ha come la funzione di aiutarti a risolvere la situazione andando a ragionarci su. Come se peggiorare il tuo stato con il pensiero possa esserti d’aiuto! Trovare una sorta di spiegazione ti dà, forse, un senso di maggior controllo e padronanza ma, purtroppo, non ti permette di migliorare la tua situazione.

Inizia a chiederti, invece, “come posso fare?”: se sostituisci i “perché” con i “come”, forse ti approccerai al tuo problema con uno spirito più proattivo, sentendoti maggiormente agente rispetto alla tua esistenza. L’idea di chiederti non perché hai un problema ma come puoi “accoglierlo” il meglio possibile ed, eventualmente, risolverlo ti permette, infatti, di prendere posizione rispetto a chi sei e a che direzione vuoi far prendere alla tua vita.

Credi che questo sia realizzabile per te? Se fai pian piano questa “piccola” operazione potrai iniziare a partire dall’unica cosa su cui hai davvero potere: il tuo presente.

 

Uno sguardo al presente

 

Come ho già sottolineato in altri post, pre-occuparsi vuol dire un po’ mettere il carro davanti ai buoi: siamo tutti portati a pre-occuparci, è normalissimo. Lo diventa meno se la pre-occupazione, con la conseguente ruminazione, ci impedisce di goderci il presente. Se vado o ad anticipare le peggiori catastrofi future o resto intrappolata su cosa è andato storto nel mio passato o su come stavo bene un tempo rispetto ad ora, tenderò a non potermi vivere il presente e, quindi, non vivrò davvero.

Vivere il momento presente significa approcciarti con curiosità alla tua realtà interna, senza giudicarti e senza aspettarti nulla in particolare. Solo accogliendo e accettando tutto quello che arriva: e, non appena i pensieri e le emozioni arrivano, lasciali essere così come sono senza alimentarli. In poche parole, questo è ciò che significa avere un atteggiamento mindfulness.

Quando, nell’introduzione, ti facevo l’augurio di sperimentare la tristezza intendevo qualcosa del genere: se accetti davvero dentro di te questa emozione e te ne prendi cura senza andarci a ruminare sopra ecco che puoi diventare “curativa/o” per te stessa/o. Se ti rivolgi un pensiero di comprensione e compassione la tua tristezza sarà più sopportabile, forse arriverai anche a “salutarla” quando arriva e a “coccolare” la parte dentro di te che sta provando dolore.

In questo modo resti ancorata/o al presente, proprio perché non provi a controllarlo con il pensiero o ad allontanarlo con la distrazione: lo accetti così com’è e, anzi, provi ad ascoltare cosa ha da dirti. Perché la tua tristezza vuole senza dubbio dirti qualcosa, anzi spesso si nasconde dietro altre emozioni come la rabbia o la frustrazione, proprio perché vuole il tuo “permesso” per palesarsi.

Il punto è un po’ questo: non avere paura di so-stare con questa emozione “scomoda”, perché più inizi a lasciarla arrivare più potrai anche avere la possibilità di lasciarla andare e di guardare la gioia e la soddisfazione che arrivano non appena la saluti.

 

 

Prossimamente troverai un post nel quale andiamo a vedere un po’ più nel concreto come provare a far fronte alla tristezza nel momento in cui ti viene a fare visita. Per il momento ti lascio qualche testo utile se vuoi approfondire:

- “Il presente come cura. Superare la depressione e prevenire le ricadute”, di Pietro Spagnulo e Stefano Marchi.

- “Se il mondo ti crolla addosso. Imparare a veleggiare tra le ondate della vita”, di Russ Harris.

- “Ritrovare la serenità. Come superare la depressione attraverso la consapevolezza”, di J. Kabat-Zinn, Z. Segal, J. Teasdale e M. Williams.

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.