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"Giochiamo con le emozioni?!"

La regolazione emotiva nei bambini


Quando parliamo di emozioni in età infantile siamo, spesso, portati a leggere l’argomento come una sorta di “rogna” che deve essere liquidata in modo rapido e indolore.

E, non so se sei d’accordo, parlare di emozioni nei bambini ci fa subito pensare alle varie crisi “isteriche” di turno, o ai pianti inconsolabili che i nostri figli possono manifestare nei posti più impensati, o alle scenate di rabbia esplosiva e incontenibile.

Tutto questo viene, erroneamente, visto come un qualcosa di “fuori controllo”, che ci mette a dura prova perché non sempre ci sentiamo in grado di gestirlo e, quindi, come un qualcosa da evitare o alla peggio “sedare” prima ancora che si manifesti.

Le emozioni, invece, sono una componente naturale fondamentale nella nostra vita e, anzi, hanno l’importante funzione non solo di guidare i nostri pensieri e i nostri comportamenti, ma anche di permetterci di adattarci nel migliore dei modi al nostro contesto, sia in termini comportamentali che relazionali.

Ecco che, allora, la regolazione emotiva diventa un fattore di protezione molto importante per lo sviluppo emotivo dei nostri bambini e per il loro adattamento all’ambiente in genere. Infatti, il ruolo dei genitori è anche quello di “allenare” questa facoltà mentale nei loro figli fin da quando sono piccoli.

Ma come? Intanto cerchiamo di capire meglio di cosa stiamo parlando!

 

Il doppio binario della regolazione

 

Devi intendere la regolazione emotiva come la capacità di modulare le tue emozioni con il fine di adattarti il meglio possibile al tuo ambiente. Immagina che regolare le emozioni sia un po’ come alzare o abbassare il volume della tua “radio interiore” a seconda delle necessità, in modo che questo volume ti permetta di sentire la musica che sta suonando senza però arrecarti fastidio.

La modulazione delle emozioni non è un qualcosa di già dato a priori, ma devi intenderla come un processo che si costruisce fin da piccoli, con gradi diversi di complessità.

E, quando parliamo di regolazione, entrano in campo due forme assolutamente complementari e collegate: la regolazione dell’esperienza emotiva e quella dell’espressione emotiva. 

Regolare la tua esperienza emotiva ha a che vedere con la modulazione dell’intensità delle tue emozioni: se, per esempio, sei arrabbiata/o devi poter essere in grado di viverti la tua rabbia senza necessariamente sentirti sopraffatta/o a tal punto da non riuscire a calmarti.

Oppure, sempre in linea con questo concetto, regolare la propria esperienza emotiva ha a che vedere anche con il significato che ciò che senti assume in un dato momento, come questo incide sui tuoi pensieri e come tu puoi gestire ciò che senti esercitando la tua consapevolezza.

Questo, tradotto, vuol dire anche essere in grado di riconoscere e dare un nome alle proprie emozioni e a quelle altrui, inserire la nostra esperienza emotiva all’interno di una cornice di senso mettendola in relazione con i nostri pensieri, usare in modo appropriato le nostre emozioni anche per fare delle scelte comportamentali.

La regolazione dell’espressione emotiva, invece, è inerente alle gestione del modo con cui esprimiamo le nostre emozioni: di nuovo, se sei arrabbiata/o un conto è, magari, esprimere il tuo disappunto a parole o con una certa espressione facciale, altro è urlare a squarciagola mentre sei in mezzo alla strada o, peggio ancora, distruggere qualcosa o fare del male a qualcuno!

Tutto questo ha a che fare con le “regole di esibizione emotiva” che sono definite in maniera più o meno manifesta in un dato contesto. Saprai bene come, per esempio, l’espressione emotiva delle culture orientali sia molto diversa da quella occidentale e via dicendo.

Questa componente ti sembrerà, forse, meno importante di quella interna ma, di fatto, è necessaria e fondamentale per il nostro adattamento alla realtà sociale e culturale nella quale viviamo. Ed è una componente che si affina con la crescita.

Se ci fai caso, per un bambino di 1 o 2 anni l’esperienza emotiva e l’espressione emotiva vanno di pari passo: non esiste ancora una reale consapevolezza emozionale e, quindi, non è del tutto presente una vera e propria modulazione.

Cioè, se un bambino di questa età è arrabbiato per qualcosa farà fatica non solo ad averne consapevolezza, ma anche a controllarsi dal piangere o urlare a squarciagola, oltre che dal pestare i piedi o, esagerando, dal lanciare la prima cosa che ha sottomano.

Questo per dire che, se all’inizio esperienza ed espressione emotiva sono in qualche modo corrispondenti, con il tempo e la crescita inizieranno a prendere due “binari separati” pur restando profondamente connesse.

Già a 4/5 anni un bambino è in grado di identificare esattamente le sue emozioni e quelle degli altri, di comportarsi di conseguenza e di iniziare a modularne l’intensità oltre che l’espressione. E, andando avanti con gli anni, inizierà anche a differenziare una dimensione più “privata” da una più “pubblica” iniziando, magari, a sentire un qualcosa ma a non manifestarlo.

E qui entriamo in un terreno abbastanza delicato, perché il confine tra la funzionalità e la disfunzionalità nell’esperienza e nell’espressione emotiva è sempre molto complesso da definire, oltre ad essere in profonda correlazione con l’attaccamento e le prime esperienze di relazione che i bambini hanno con i loro adulti di riferimento.

 

Da etero ad auto regolazione

 

Come abbiamo appena accennato, la modulazione emotiva nei bambini è strettamente collegata alle prime esperienze di relazione che si hanno con i genitori: proprio perché, all’inizio, il sistema del bambino non è pienamente sviluppato, la funzione dell’adulto sarà proprio quella di “fare per lui”.

Questo non vuol dire sostituirsi al bambino nel quotidiano, ma fare da “modello” per insegnargli poi a trattare se stesso così come viene trattato.

La regolazione emotiva del bambino è, perciò, a carico del genitore ed è, quindi, una sorta di etero regolazione: solo se mamma e papà saranno in grado di aiutare il loro piccolino a riconoscere quello che sente, e a gestirlo per calmarsi, potranno permettere lo sviluppo della sua successiva capacità di autoregolazione.

“Tutto bello”, mi dirai, “ma che vuol dire questo in pratica?”.

In primis questo vuol dire che tuo figlio impara a vivere o non vivere le sue emozioni guardando te: se quando sei arrabbiata/o ti metti ad urlare senza controllo o, peggio ancora, a dare colpi al muro, molto probabilmente farà lo stesso.

O, viceversa, se quando sei profondamente triste per una perdita fai finta di niente e magari gli dici che stai bene con gli occhi colmi di lacrime imparerà che quello che prova non va mostrato, anzi va proprio mascherato.

Anche se non ne siamo spesso consapevoli, purtroppo o per fortuna, siamo un modello di regolazione emozionale per i nostri figli e, forse, iniziare a prenderne atto è già un passo importante per aiutare noi stessi e i nostri bambini.

Altro punto importante su cui voglio farti riflettere è che, anche se non lo fai di proposito, sei tu a definire cosa è “giusto” provare e cosa no proprio attraverso le critiche o gli apprezzamenti che fai a tuo figlio. Ti è mai capitato che da piccola/o magari stessi piangendo per un qualcosa che ti faceva soffrire ed è arrivato puntuale l’adulto di turno a dirti che ormai sei grande e non sta bene piangere? Ecco, è esattamente questo quello che voglio dire!

Spesso tendiamo a non legittimare nei nostri figli proprio le emozioni che per noi sono “pericolose” o complicate, come la rabbia o la tristezza, magari proprio perché ci hanno insegnato a nostra volta a rifuggirle o evitarle.

E lo facciamo, per esempio, minimizzando ciò che il nostro bambino prova, peggio ancora ridicolizzandolo o criticandolo per ciò che manifesta, o evitando proprio di venire a contatto con le sue emozioni passandogli il messaggio che se siamo noi i primi a non saperle o poterle gestire figuriamoci sei lui o lei può esserne in grado!

In questo modo il rischio è quello che il nostro bambino, crescendo, imparerà a non sentire più alcune emozioni o a nasconderle, con la speranza di essere più “gradito” ai suoi genitori. 

Per questo, interrogarsi sulle emozioni “ammesse” in casa nostra e su quelle che, invece, non hanno diritto di asilo può essere un primo passo importante per capire come stiamo funzionando noi dal punto di vista emotivo ed, inevitabilmente, che strada stiamo facendo prendere anche ai nostri piccoli.

E, per tornare all’ipotetica domanda che immagino ti starai facendo (“ma come si fa??”), credo che una dimensione che puoi imparare a coltivare sempre di più con i tuoi bambini sia proprio quella dell’empatia e della validazione di ciò che sentono.

Se impari a metterti davvero nei loro panni, legittimando ciò che provano e passando soprattutto il messaggio che tutte le emozioni sono ben accette, potrai contribuire allo strutturarsi della loro capacità di riconoscere le emozioni e, soprattutto, di poterle accettare per quello che sono. 

Attenzione, empatizzare e convalidare non vuol dire, poi, acconsentire a qualsiasi richiesta o accettare qualsiasi comportamento: se, invece, impari anche a distinguere il vissuto (che devi legittimare) dal comportamento (che non sempre può essere corretto), il tuo bambino potrà sentirsi capito anche se non può essere accontentato in una data cosa.

Infine, altro punto che può esserti di aiuto nel favorire una sana regolazione emotiva è parlare con i tuoi figli: parlare in questo caso vuol dire permettere che loro possano raccontarsi e raccontare ciò che sentono in base a ciò che succede loro di volta in volta. Perché è proprio partendo dalla condivisione emotiva di ciò che vivono o hanno vissuto che puoi trovare la “chiave di ingresso” per far si che loro stessi si permettano di vivere e legittimare ciò che provano.

 

Giochiamo con le emozioni

 

Per entrare più nel vivo e nel concreto rispetto a quello che abbiamo visto sopra, ti propongo una sorta di gioco che ho ideato qualche tempo fa per la mia bimba di quasi 4 anni. Chiaramente puoi adattarlo nelle modalità anche per bambini più grandi: è un’esperienza che crescerà e diventerà più complessa man mano che cambia l’età dei tuoi figli.

Il gioco riprende un testo per bambini dai 3 ai 6 anni di cui ti parlerò nel prossimo post (“Sei folletti nel mio cuore), che tratta appunto il tema delle emozioni, trasformandole in dei folletti che vivono all’interno del cuore di ogni bimbo.

Noi abbiamo deciso di riprodurre le 6 emozioni fondamentali (gioia, rabbia, tristezza, sorpresa, disgusto, paura) andandole ad identificare con i 6 colori tipici che le definiscono nella maggior parte dei testi e aggiungendo proprio l’immagine del folletto corrispondente.

Per schematizzare: gioia colore giallo, rabbia colore rosso, tristezza blu, sorpresa colore verde, disgusto bianco e paura colore nero.

Abbiamo, poi, stampato, colorato e plastificato le sagome dei folletti, andandole a fissare con uno stecchino ad un bicchiere di plastica, che abbiamo colorato con le tempere.

Di pari passo abbiamo creato delle “fish” a forma di cuore (sempre disegnando, colorando e plastificando il tutto) che avessero i diversi colori delle varie emozioni, e che abbiamo conservato in un barattolino creato apposta per contenerle.

Lo scopo del “gioco” è questo: andare a mettere una fish nel bicchiere del folletto corrispondente non appena si prova una data emozione. Questo permette non solo di allenare l’identificazione e la discriminazione emotiva, ma fa sì anche che il bambino riesca a regolarsi pian piano proprio facendo questa operazione di “messa in ordine” del caos emotivo che potrebbe vivere in un dato momento.

Infine, un personaggio extra rispetto alle emozioni di base è la fata Serenella, colore rosa, che abbiamo identificato con il bene e la gratitudine: ogni sera ci sforziamo di trovare un qualcosa di bello che ci è capitato durante il giorno e andiamo, quindi, a mettere la fish rosa nel bicchiere corrispondente.

In questo modo stimoliamo nel bambino non solo il racconto di sé e della sua giornata, ma anche la gratitudine, insegnando ai nostri figli a guardare ciò che hanno già invece che concentrarsi solo su ciò che possono ottenere o migliorare in seguito.

 

Spero di esserti stata utile con questo semplice esempio di gioco sulle emozioni e attraverso le piccole riflessioni che ho provato a trasmetterti in questo post.

 

Nel salutarti, ti propongo sia alcuni testi da condividere con i tuoi bimbi, sia qualche testo utile per la tua riflessione personale:

- “Sei folletti nel mio cuore” (versione età 3-6 e dai 6 anni), di Rosalba Corallo.

- “Il mostro delle emozioni”, di Anna Llenas.

- “Emozioni in fiaba. Aiutare i bambini ad accogliere e gestire la propria sfera emotiva”, di Veronica Arlati.

- “Genitori efficaci”, di Thomas Gordon.

- “L’educazione emotiva”, di Alberto Pellai.

- “Intelligenza emotiva per un figlio”, di John Gottman e Joan Declaire.

 

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.