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Anatomia emozionale

Quando il corpo parla il linguaggio delle emozioni


Le emozioni sono un po’ il motore della vita, o almeno così dovrebbe essere.

Come abbiamo già visto in diversi post passati, già solo il termine emozione (dal latino emovere) rimanda ad un qualcosa che, letteralmente, smuove: infatti, il senso etimologico del termine vuol dire proprio “muovere da”.  

E, in effetti, ciò che caratterizza l’esperienza emozionale è una specie di “movimento”, in un certo senso la rottura di un “equilibrio”: nel momento in cui ti vivi una data emozione, sia essa più o meno piacevole, qualcosa dentro e fuori di te cambia.

Le emozioni hanno un ruolo fondamentale nella nostra vita: ci permettono di stabilire relazioni, di reagire a delle situazioni particolari, di comunicare, di fare scelte, di agire. A volte si traducono in pensieri o, meglio, possono influenzare i nostri pensieri. A volte diventano delle “molle” che ci spingono ad agire o a comportarci in un certo modo. A volte si trasformano in sensazioni somatiche più o meno simpatiche.

In questo post voglio proprio spostare la tua attenzione sull’anatomia emotiva, cioè su come le emozioni si possono manifestare nel corpo. In questa sede non parleremo del disagio che si manifesta sul corpo invece che essere espresso a livello psichico: abbiamo già trattato questo aspetto in altri post e ti invito ad andarteli a guardare se può essere per te importante.

Qui voglio parlarti nello specifico delle 6 emozioni di base, di cosa le innesca e di che reazioni somatiche ed espressive le caratterizzano. In questo modo potrai imparare a riconoscerle dentro di te attraverso i messaggi che ti arrivano dal corpo, acquisendo più consapevolezza e, chissà, più fiducia di poterle gestire senza sentirti sopraffatta/o da esse.

 

Anatomia emozionale e dintorni

 

Il termine Anatomia Emozionale è stato coniato negli anni ’90 da un certo Stanley Keleman, uno studioso americano che ci ha dimostrato con i suoi studi che senza anatomia le emozioni non esistono.

Tradotto in altri termini, questo significa che tutti i sentimenti che viviamo hanno un’architettura somatica, si manifestano attraverso il corpo per intendersi.

E, ancora, tutte le esperienze emotive che facciamo (soprattutto quelle in età infantile) plasmano il nostro corpo, ci danno una “forma” somatico – emotiva che, ad un occhio attento, può essere davvero molto chiara.

Per esempio, hai mai fatto caso a quelle persone che tendono a stare sempre con le spalle curve? O, magari, a chi ha delle rughette ai lati della bocca che vanno in giù, quasi a dare un piglio triste a tutto il volto? O a quelle Persone che sembrano avere gli occhi spalancati e le sopracciglia sollevate? O a chi ha una certa rigidità sulle spalle o a livello della mascella?

Questi sono tutti modi con cui il nostro corpo comunica degli stati emotivi particolari che, come sostiene Keleman, ma anche tutta una fetta importante del mondo della psicologia, si “cronicizzano” dentro di noi, andando a diventare dei tratti somatici ed espressivi specifici, anche se in quel dato momento magari non sentiamo nemmeno l’emozione che questi tratti rappresentano.

Ecco che, allora, conoscere e “mappare” queste manifestazioni del corpo ci dà delle informazioni fondamentali sulla direzione che le nostre emozioni hanno preso nel corso della nostra vita, sugli accumuli di energia emotiva che si sono radicati nel corpo, sulle varie “cinture” (come direbbe Wilhelm Reich, ma questa è un’altra puntata …) che bloccano il nostro corpo e la nostra piena esperienza emozionale.

Andiamo ad analizzare le singole emozioni in maniera più schematica così non ci confondiamo!

Le emozioni sono relativamente poche, sono innate (quindi uguali in tutte le culture) e costituiscono delle entità discrete, cioè distinte le une dalle altre e caratterizzate da configurazioni ben specifiche a livello espressivo, fisiologico, motivazionale ed esperienziale. Sono 6, e vengono definite anche emozioni fondamentali, o di base (felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto, sorpresa).

In questa sede andremo a vedere quali sono le manifestazioni fisiche di ogni emozione, ma anche da che tipo di stimoli vengono attivate e che azione determinano.

 

Le 6 emozioni di base viste dalla prospettiva del corpo

 

In questo viaggio di consapevolezza ed esplorazione ti chiedo solo una cosa: mentre leggi quello che ti sto scrivendo sulle emozioni, fermati un secondo e prova ad evocare dentro di te delle situazioni specifiche dove hai provato le emozioni di cui ti sto parlando.

Analizza come si sente il tuo corpo mentre rievochi quelle situazioni, quali sono le manifestazioni che vengono fuori, se sono minimamente sovrapponibili nell’espressione a quello che leggerai e, soprattutto, come ti approcci a questi vissuti.

Questo ti aiuterà anche a comprendere se sei aperta/o rispetto alla tua esperienza emozionale, o se c’è un certo evitamento, se per qualche motivo hai “paura di sentire” le tue emozioni e le blocchi, magari irrigidendo involontariamente qualche parte del tuo corpo.

Facci caso e basta, tutto qui.

 

Gioia

Ciò che muove la gioia è uno stimolo positivo, qualcosa che dà piacere e soddisfa i nostri bisogni. E’ un’emozione che ti dà attivazione, movimento, una sensazione di pienezza e forza.

Se ci fai caso, quando sei felice sorridi, la tua voce si fa magari più acuta e alta, parli in modo più veloce, non riesci a stare ferma/o. In questi casi la pressione sanguigna e la temperatura aumentano, ti senti carica/o, il tuo battito è accelerato, tendi a muovere gli arti superiori e inferiori.

L’azione della gioia è quella dell’andare verso, dell’abbracciare, del saltare, dell’esultare: in ogni caso la tendenza generale è quella dell’avvicinamento in ogni sua forma possibile, infatti la gioia crea relazione e affiliazione.

 

Rabbia

Quella della rabbia è sempre un’attivazione, simile alla gioia ma, ovviamente, di carattere diverso.

Quando ti arrabbi, spesso lo stimolo attivante è un ostacolo al tuo volere o ai tuoi bisogni, un sopruso, un non rispetto dei tuoi confini, un’ingiustizia in senso lato.

Anche qui l’attivazione determina l’innalzamento della pressione sanguigna e del battito cardiaco, il respiro si fa più affannoso e corto, spesso avviene una vasodilatazione (le vene del collo o della fronte si gonfiano). Il sangue va di più verso gli arti superiori, dove senti formicolio o calore (mani rosse dalla rabbia, pugno chiuso), tendendo magari a gesticolare di più, e anche il tuo volto potrebbe diventare più colorito.

Il tuo modo di parlare diventa veloce, il tono di voce si alza, magari tendi ad urlare o la tua voce si altera nel tono. Le pupille si dilatano e, magari, digrigni i denti mostrandoli.

Come sarà facile intuire, la tendenza all’azione della rabbia è, normalmente, quella dell’attacco. Anche se, molto spesso, potresti avere difficoltà nel manifestarla in maniera congruente, per cui esprimerai rabbia piangendo o la rivolgerai dentro di te, trasformandola in tristezza (ma questo rientra nelle difficoltà di espressione e gestione emotiva di cui non ci occuperemo adesso). L’obiettivo finale rimane quello di autoproteggersi e superare l’ostacolo che non ci fa arrivare al nostro obiettivo.

 

Paura.

La paura è, forse, l’emozione più arcaica che possediamo, la più vicina al mondo animale.

Lo stimolo è il pericolo, la minaccia in senso generale che, soprattutto al giorno d’oggi, può essere più interna che esterna. Detto in altri termini, magari è più probabile che tu provi paura perché devi parlare in pubblico, piuttosto che perché ti trovi un orso davanti al tuo cammino.

La paura, infatti, è un qualcosa di ancestrale che nasce, certo, da una condizione di minaccia più fisica e oggettiva, ma oggi la minaccia è sempre più percepita a livello interno che esterno.

Quando hai paura gli occhi si spalancano, l’udito si acuisce, le mani diventano fredde perché il sangue va verso gli arti inferiori che si devono preparare a fuggire, impallidisci. Anche qui il tuo cuore batte più in fretta, il respiro diventa più affannato o tendi ad andare in apnea.

In conseguenza di ciò, in situazioni normali la tendenza all’azione è proprio quella della fuga o dell’evitamento. Oppure, in casi di maggiore criticità e complessità, potresti proprio bloccarti, congelarti come se dovessi fingerti morta/o.

 

Sorpresa.

La sorpresa è un’emozione che arriva all’improvviso, proprio perché viene attivata da uno stimolo imprevisto, che può essere positivo o negativo a seconda dei casi. Non è detto, quindi, che la sorpresa sia per forza positiva, anzi spesso può essere determinata da un evento negativo non previsto che ci attiva proprio perché non ce lo aspettavamo.

Anche per questo, la sorpresa è velocissima, e lascia subito il posto ad altre emozioni collegate come la gioia o la paura e il disgusto.

Possiamo inserirla tra le emozioni che stanno a metà tra l’attivazione e la l’abbassamento del tono, in quanto gli occhi si spalancano e le sopracciglia si inarcano, le pupille si dilatano e la bocca si apre. Ma c’è anche come un attimo di blocco, nel senso che può capitare che per un attimo il fiato si fermi o la voce sparisca, e che i muscoli abbiano come dei sussulti o degli spasmi che durano una frazione di secondo.

La tendenza all’azione della sorpresa è un po’ quella dell’attivarsi per classificare lo stimolo, per capire se è nocivo o meno e, quindi, per reagire poi di conseguenza. E’ come se dovessimo concentrare tutta la nostra attenzione verso questo stimolo nuovo, “resettando” tutto il resto per prepararci ad una qualche azione e, quindi, va da sé che, in questo caso, il processamento è davvero molto molto veloce.

 

Disgusto.

Il disgusto viene attivato da una repulsione, da uno stimolo che ci dà un senso di sporco, riluttante, ma anche non corretto in senso etico, che offende la nostra sensibilità.

Questa è, paradossalmente, un’emozione molto primitiva perché ci ha protetto da minacce concrete (magari portandoci a non mangiare dei cibi che possono avere un brutto aspetto), ma nello stesso tempo è diventata anche un’emozione molto “evoluta”, nel senso che puoi provare disgusto e ripugnanza anche per situazioni specifiche come la violenza.

La mimica del disgusto è un po’ quella del conato di vomito e della nausea: il naso si arriccia, potresti avere brividi o pelle d’oca, o potresti avere l’istinto di tirare fuori la lingua. Il tono della voce potrebbe aumentare ma, rispetto alle altre emozioni che abbiamo visto, la ritmicità potrebbe invece abbassarsi.

La tendenza all’azione è quella di allontanarci, magari di coprirci gli occhi o girarci dall’altro lato, in senso generale di proteggere noi stessi da quello stimolo nocivo a cui siamo per qualche motivo sottoposti.

 

Tristezza.

A differenza delle altre, la tristezza è un’emozione che spegne, che abbassa l’energia. Viene attivata da una perdita in senso lato, da un fallimento di varia natura dove abbiamo perso un privilegio, uno status, una Persona cara, una nostra dimensione personale interna o esterna.

Quando sei triste il tuo arousal si abbassa, la pressione sanguigna diminuisce, gli arti si indeboliscono, e c’è una perdita del tono muscolare e della forza fisica. Tendi ad inarcare le spalle che si chiudono su di te come se portassi un peso, i movimenti si fanno rallentati e provi un senso di pesantezza generale.

La temperatura si abbassa e potresti sentire più spesso freddo. Il volto appare rilassato nel senso di “cadente”, le sopracciglia vanno in giù e anche i lati della bocca tendono ad andare verso il basso simulando un sorriso al contrario.

La tendenza all’azione è un po’ quella del ritiro, dell’isolamento, del piangere, dell’immobilità, dell’abbattimento. Ma, nello stesso tempo, la tristezza è auto protettiva nel senso che ha la funzione di farti ottenere accudimento dall’altro: ti fa ripiegare su di te ma, paradossalmente, per ricercare un supporto sociale che possa aiutarti a superare il tuo momento triste.

 

Queste solo le 6 emozioni di base viste con la lente di ingrandimento del corpo e, come ti ho già detto prima, l’invito è proprio quello di approcciarti ad esse riconoscendole e sentendole dentro di te senza scappare.

Se questo argomento è stato interessante per te, ecco alcuni titoli utili se vuoi approfondire:

- “Le emozioni che curano”, di Erika Poli.

- “Non è niente”, di Silvia Pasqualini.

- “Le emozioni”, di Luigi Anolli.

- “Anatomia emozionale”, di Carlo Gervasi.

- “Paura di sentire. Come gestire il pericolo delle emozioni”, di Michele Giannantonio.

 

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.