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Liber-ando sotto l'ombrellone

Uno sguardo sui libri che aiutano a "liberare" il tuo potenziale


Estate significa anche avere più tempo libero, e per molti è un’occasione per dedicarsi alla lettura.

Ecco, quindi, 3 titoli utili per una lettura “riflessiva” ma leggera sotto l’ombrellone.

 

 

“Basta un caffè per essere felici” di Toshikazu Kawaguchi

 

Ritorna il secondo capitolo di una delle saghe più popolari degli ultimi tempi, quella del magico caffè dove si può viaggiare nel tempo.

Sicuramente avrai sentito parlare del primo libro, uscito in libreria già qualche tempo fa e, se proprio dobbiamo dirla tutta, il terzo libro è stato pubblicato proprio quest’anno.

Sarò sincera, non credo che sia necessario leggere per forza tutti e tre i romanzi perché sono, a mio avviso, un po’ ripetitivi e ridondanti. Detto in altri termini, letto uno letti tutti. Ciò non significa, però, che non siano dei testi validi per il messaggio che, seppur ripetitivo, ci trasferiscono.

Il romanzo racconta di relazioni “in sospeso”, di questioni irrisolte con Persone importanti della vita e, per questo, fa riflettere molto in merito alle proprie.

Ovviamente è un racconto di fantasia che non può radicarsi in un principio di accadimenti “reali” ma, proprio per questo, la fantasia aiuta, a mio avviso, ad entrare nella dimensione della possibilità. Per sentire, soprattutto, che è possibile non tanto cambiare il flusso degli eventi, ma cambiare il proprio cuore e la propria visione della relazione.

Una sorta di monito non solo a vivere davvero il presente, ma anche a non lesinare i gesti e le parole di affetto finchè si può, perché niente dura per sempre e, quando ce ne rendiamo conto, potrebbe essere troppo tardi.

 

3 COSE CHE HO IMPARATO DALLA LETTURA DI QUESTO LIBRO:

 

1. Vivi ogni momento intensamente.

 

Lungi dal portarsi dietro una sorta di macabra rassegnazione, il libro ci ricorda che non siamo eterni, e che le Persone attorno a noi non lo sono nemmeno.

Questo per dire che è importante vivere ogni giorno dando il meglio e godendoselo al meglio, proprio perché non sappiamo quanti ne avremo ancora da vivere. E questo vale ancora di più per i nostri rapporti interpersonali.

Il cuore di questo messaggio credo possa riassumersi proprio nel non dare niente e nessuno per scontato, sforzandosi giorno per giorno di dare valore alle nostre relazioni fondamentali.

 

2. Non puoi evitarti di cadere, ma hai un potere sul modo di leggere le tue cadute.

 

Un’altra verità che mi porto dietro da questa lettura è il fatto che, ovviamente, abbiamo un potere limitato sugli eventi che ci accadono nella vita, né tanto meno possiamo prevedere o prevenire ciò che potrà succederci nel futuro, e non possiamo evitare le ferite che la vita ci riserverà.

Ciò che, però, possiamo fare è imparare a dare un senso al nostro presente, non sopravvivendo nella corsa quotidiana, ma vivendo. Il presente resta tale, anche con tutte le ferite che si porta dietro, ma la differenza può farla proprio ciò che decidi di fare con le tue ferite, come le accetti e le vivi, come te ne prendi cura, che significato dai loro.

 

3. L’importanza di avere dei legami.

 

Questa storia non ha, a mio avviso, una grossa trama: è, appunto, un viaggio che si svolge più nell’interiorità dei personaggi che fuori, è più un processo interno che un movimento esterno.

E dal viaggio che chi legge fa, per forza di cose, insieme ai protagonisti arriva la riflessione sull’importanza e il valore dei propri legami, spesso dati troppo per scontato.  

Questo ci induce, necessariamente, a tornare al nostro interno e, soprattutto, a rivedere tutti i legami della nostra vita, passati e presenti. Il legame che hai con gli altri può davvero salvarti, facendoti capire delle cose di te oltre che di chi ti circonda; ti mette alla prova ogni giorno, ma ti dà anche la possibilità di realizzare te stessa/o e i tuoi valori.

 

Citazione preferita

 

“Per un genitore, un figlio resta un figlio per sempre. Senza mai aspettarsi niente in cambio, era solo una madre che desiderava la felicità per suo figlio e lo inondava d’amore. Yukio si era detto <<se muoio almeno finirà tutto>>. Aveva pensato che non avrebbe fatto soffrire Kinuyo perché tanto lei era già morta. Ma si era sbagliato. Anche dopo la sua morte, lei restava sempre sua madre. I sentimenti non cambiavano”

 

 

 

 

“Ricucire l’anima” di Erika Poli

 

Libro molto denso di spunti utili, il testo coniuga mirabilmente la forma del romanzo con quella del manuale di crescita personale. Dopo una prima parte teorica che dà degli spunti utili per riflettere su se stessi e sul proprio percorso di crescita interiore, il libro risponde a tre domande fondamentali attraverso sette racconti, che si snodano in maniera graduale.

Immagina questi racconti come delle “tappe”, dove la precedente è in qualche modo collegata alla successiva e ne prepara l’arrivo. Le domande fondamentali dell’essere umano sono “Da dove vieni?”, “Dove vai?” e “Chi sei?”, e le sette storie trattano diversi temi legati a queste tre domande di senso.

Al termine di ogni racconto, poi, troviamo una spiegazione dei simboli in esso contenuti, oltre ad una serie di domande per favorire una riflessione personale.

Un testo che definirei molto denso, ma nello stesso tempo fruibile con diversi livelli di complessità proprio perché lascia al lettore la possibilità di fermarsi al mero racconto, o quella di andare oltre scavando dentro di sé.

 

3 COSE CHE HO IMPARATO DALLA LETTURA DI QUESTO LIBRO:

 

1. Un vero cammino di scoperta è graduale.

 

La lettura e l’esperienza che questo libro permette di fare riconferma dentro di me una verità fondamentale: non puoi conoscerti e accoglierti se hai fretta. Detto in altri termini, un percorso di crescita interiore deve per forza di cose essere graduale e procedere per approssimazioni successive.

Non a caso i vari racconti si susseguono uno dopo l’altro per darci il senso del passare del tempo, ma anche della concatenazione di simboli e contenuti, oltre che dell’importanza del passare una tappa per poter arrivare alla successiva.

Come avviene, per esempio, in una psicoterapia è molto più normale giungere gradualmente a delle consapevolezze che avere un’illuminazione improvvisa che arriva repentina. Può succedere anche questo, è ovvio, ma per consolidare una scoperta ci vuole del tempo e bisogna passare da certe tappe.

Questo per dire che un cambiamento repentino e in qualche modo “giustapposto” non sempre è realistico e duraturo.

 

2. Le ali si fondano sulle radici.

 

Nella simbologia del testo, le ali rappresentano l’ultima storia e, in un certo senso, il punto di arrivo massimo in un percorso di crescita interiore. Non a caso, forse, la prima tappa del viaggio e anche il primo racconto parte dalle radici e l’ultima tappa arriva alle ali: mi piace pensare che non si possa volare se, paradossalmente, non si è ben radicati alla terra.

Questo, tradotto, mi fa riflettere sull’importanza di ricostruire la nostra storia personale, di conoscere e comprendere da dove arriviamo per definire meglio chi siamo e dove vogliamo andare. E questo processo, del resto, emerge molto chiaramente dalle storie proposte, e ci permette di rispondere a quelle tre domande di senso inglobando passato e presente, luci e ombre, radici e ali.

 

3. L’importanza di porsi domande.

 

Questo libro, a mio avviso, si pone a monte nella logica dell’interrogativo e della domanda in genere. Non fornisce, cioè, delle verità precostituite, ma ti pone diverse domande per spingerti a trovare le tue risposte e le tue verità.

Questo mi fa riflettere sulla necessità di porsi in ascolto di noi stessi e degli altri ponendoci degli interrogativi, chiedendoci e chiedendo delle cose, senza avere la presunzione di sapere tutto a priori e non dando delle cose per scontate.

Questo perché se non mi interrogo non scoprirò nulla di me stessa/o, e se non mi porrò in un atteggiamento di ascolto profondo delle mie risposte non potrò sapere chi sono, da dove vengo e dove voglio andare.

Citazione preferita

 

“Solo accogliendo l’immagine che ci viene riflessa, e vedendola in controluce insieme con l’immagine che invece vogliamo dare di noi, possiamo aspirare ad un’integrità di buono e cattivo, di oscuro e luminoso, di piccolo e grande, divino e abietto, forte e fragile, che è la vera individuazione”.

 

 

 

 

Kintsukuroi: L'arte giapponese di curare le ferite dell'anima”, di Tomas Navarro

 

Il termine Kintsukuroi significa letteralmente “riparare con l’oro”, e si riferisce ad un’antica tecnica di restauro giapponese che permette di riparare le ceramiche frantumate. Il libro, che si presenta come un manuale di crescita personale, riprende questa simbologia per traslarla alla nostra vita.

Ricco di spunti di riflessione, uniti a diversi esempi tratti dai casi clinici riportati dall’autore, il saggio si rivolge a tutte quelle Persone che in qualche modo si sentono un po’ “rotte” dalla vita.

Con molta delicatezza e, oserei quasi, tenerezza ci permette di fare un viaggio dentro noi stessi per diventare dei “ceramisti dell’anima” in grado di riparare le nostre ferite quotidiane.

 

3 COSE CHE HO IMPARATO DALLA LETTURA DI QUESTO LIBRO:

 

1. Accettare che le cose si possono rompere.

 

Verità forse scomoda ai più, leggere questo libro mi ha permesso di riconfermare dentro di me il fatto che non possiamo essere né perfetti, né infallibili, né tanto meno eterni. Questo significa che, solo per il fatto di essere umani, saremo esposti per forza di cose a cadute, delusioni, perdite e sofferenze di ogni genere.

Ma, probabilmente per non soffrire, tendiamo a nasconderlo a noi stessi e agli altri o, ancora più semplicemente, a dimenticarcelo. Questo ci porta ad avere, poi, grande difficoltà ad accettare che le cose si possono rompere e, non accettandolo, faremo più fatica a lavorare per ricostruire qualcosa di nuovo e diverso.

Solo se ci poniamo in un’ottica di maggiore accettazione di questa verità “scomoda” potremo, magari, rialzarci e ricrearci.

 

2. Si può imparare dalle cadute.

 

Lungi dall’essere un testo pessimistico o macabro, il saggio ci stimola ad accettare che possiamo cadere ma, ancora più importante, ci aiuta a leggere le nostre cadute in un’ottica di crescita e apprendimento.

La verità più grande che riconfermo da questa lettura è, infatti, che non è così importante cadere o non cadere, ma portarsi dentro un qualcosa che ci possa servire per il futuro. Se non rifletto su ciò che mi accade, o non apprendo dalla mia esperienza, i miei fallimenti saranno stati vani perché non mi avranno insegnato nulla.

Il messaggio che l’autore vuole lasciarci è, quindi, carico di speranza proprio perché valorizza e potenzia l’aspetto “positivo” della caduta come opportunità di crescita e arricchimento, nonostante tutto.

 

3. Non vergognarti se cadi.

 

Un po’ in linea con il punto precedente, ultimo aspetto che mi porto dentro da questa lettura è proprio la possibilità di legittimarsi e legittimare agli altri il fallimento. Viviamo in un mondo dove siamo un po’ educati a non sbagliare, a non mostrarci fragili, a “coprire” qualsiasi possibile segno di fragilità: il paradosso della tecnica che ripara con l’oro ci dice, invece, proprio l’opposto.

I ceramisti giapponesi valorizzano le fratture, le abbelliscono rendendole preziose. E questo, tradotto e rapportato al nostro vivere quotidiano, significa provare a non nascondere le nostre fragilità o i nostri fallimenti, anzi mostrarli con fierezza a riprova del nostro essere umani e in cammino su questa terra.

Se non ti sporchi le mani non vivi davvero, se non cadi nel fango non puoi provare l’ebbrezza di rialzarti, se non trasformi in oro le tue difficoltà mostrandole senza vergogna non insegni nulla nemmeno a chi ti sta vicino.

Quindi non vergognarti e abbi il coraggio di mostrarti valorizzando le tue rotture, perché questa potrebbe essere la strada giusta per superarle ridando vita ad un qualcosa di ancora più bello!

 

Citazione preferita

 

“Sokei non riusciva a trattenere un sorriso, non stava semplicemente riparando qualcosa di rotto … il suo compito era molto più elevato: ridare vita alla sua bella ciotola”

 

                                                                                                 

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.