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Le ferite dell'anima

I piccoli e grandi traumi che ti cambiano la vita


Immagina di essere sopravvissuta/o ad un incendio.

Sono passati molti anni ma, come se il tempo si fosse fermato, continui a tremare non appena senti odore di fumo.

Oppure, sei stata/o vittima di una violenza fisica e, non appena per caso un tuo amico ti sfiora il braccio parlandoti, salti in aria e ti arrabbi in maniera spropositata.

Questi solo due esempi estremi di ciò che può succedere se hai vissuto una situazione traumatica e non hai elaborato davvero quello che ti è successo.

Se ci fai caso, siamo bombardati continuamente da notizie di cronaca più o meno importanti, dove tematiche come bullismo, abuso sessuale, violenza, morti improvvise, disastri e calamità naturali sono all’ordine del giorno.

Ma cosa rende un evento traumatico? E, soprattutto, come mai uno stesso evento può essere traumatico per qualcuno e non avere effetti su qualcun altro?

In questo post andiamo a vedere un po’ più da vicino cos’è il trauma e da dove arriva, ma soprattutto se siamo destinati a soccombere nel momento in cui viviamo un trauma o possiamo venirne fuori.

 

Trauma e traumatizzazione

 

Se andiamo a vedere l’etimologia del termine, la parola trauma deriva dal greco e vuol dire “ferita”. In questo caso possiamo parlare sia di una ferita che parte dal corpo (perché magari si è rischiato di morire o si è stati vittime di violenza in senso lato) e arriva alla psiche, ma anche di una ferita interiore.

Nell’Enciclopedia della Psicoanalisi Laplanche e Pontalis descrivono il trauma come un “evento della vita del soggetto che è caratterizzato dalla sua intensità, dall’incapacità del soggetto a rispondervi adeguatamente, dalla viva agitazione e dagli effetti patogeni durevoli che esso provoca nell’organizzazione psichica. In termini economici, il trauma è caratterizzato da un afflusso di eccitazioni che è eccessivo rispetto alla tolleranza del soggetto e alla sua capacità di dominare e di elaborare psichicamente queste eccitazioni”.

Se trasposto in termini psichici il trauma diventa, allora, un qualcosa che perfora, che lacera, che in fondo scioglie i legami, e, proprio per le sue caratteristiche (intensità, eccitazione eccessiva, agitazione, incapacità a rispondervi e carattere patogeno) rompe un equilibrio interno-esterno e richiede una riorganizzazione del soggetto.  

Possiamo definirlo come una situazione nella quale la Persona si sente come sopraffatta, come una sorta di “schianto improvviso” nella psiche che non lascia alcuna possibilità di elaborazione e rompe un equilibrio.

Chi vive situazioni traumatiche prova spesso impotenza, vulnerabilità, senso di minaccia, orrore, mancanza di controllo, paura, senso di colpa: ciò che viene messo a rischio nel trauma, quindi, non è solo la propria integrità fisica (se viene minata), ma soprattutto quella psicologica.

Non voglio e non ha nemmeno senso creare una sorta di “scala di importanza” legata all’origine dei vari traumi e alle diverse tipologie: ti basti sapere che esistono traumi legati a specifici eventi di vita dove il potere che hai di controllare gli eventi è pressocchè nullo (lutti, terremoti e simili), traumi legati a situazioni di abuso (sessuale, fisico, emotivo e psicologico), ma anche traumi da omissione di natura più relazionale (mancanza di sintonizzazione emotiva con i figli, assenza di cura, supporto emotivo e psicologico, conforto e simili).

Il punto qui è farti capire che non è assolutamente detto che traumatica possa essere solo una situazione come, per esempio, trovarsi nel bel mezzo di un attentato terroristico: esistono traumi molto più “leggeri” (solo all’apparenza), ma che scavano dentro ancora di più perché vanno a toccare quello che ha a che vedere con l’immagine di te e la tua identità in genere.

Se, da piccola/o, tuo padre ti guardava con uno sguardo di disapprovazione e ti ripeteva continuamente quanto non eri capace a fare questa o quell’altra cosa è possibile che questo evento entri a far parte dei tuoi “traumi relazionali”.

Infatti, ci sono tipologie di ferite, quelle appunto legate all’attaccamento e al senso di sicurezza provato o meno con le nostre figure di riferimento, che diventano “croniche” e difficilmente rimarginabili proprio perché incidono sul nostro sviluppo personale.

Quindi, non sto ovviamente dicendo che siamo tutti “traumatizzati”, ma voglio solo passarti il messaggio che non c’è bisogno di eventi eclatanti per fare l’esperienza del trauma, anzi a volte più gli eventi sono circoscritti, anche se devastanti, meglio riesci ad elaborarli. Perché non toccano la tua identità, non vanno a colpire il tuo senso di fiducia in te stessa/o e negli altri, non ledono l’immagine che hai di te.

Ma perché, ti starai chiedendo, ciò che per me può essere devastante per un’altra Persona non è vissuto in questo modo?

 

Le esperienze sfavorevoli infantili

 

Spesso ciò che rende traumatica una situazione difficile non è necessariamente, come ho detto qualche riga fa, l’entità della situazione in sé, ma la ripetitività. Se, in età precoce, sei stata/o esposto ad eventi stressanti il tuo cervello sarà meno “resistente” agli effetti dei successivi eventi negativi che per forza di cose succederanno nella tua vita, esponendoti più direttamente al trauma.

Purtroppo lo stress è tossico per il cervello e, soprattutto se lo hai vissuto in tenera età, potresti poi avere delle ripercussioni in età adulta. E’ un classico vivere una vita serena fino alla prima età adulta e poi, magari, sviluppare un disturbo d’ansia o un disturbo alimentare: se vai a fondo, forse, puoi vedere che da piccola/o hai vissuto uno o più eventi potenzialmente traumatici che hanno “indebolito” il tuo cervello.

E per traumatico, di nuovo, non intendo solo abusi sessuali o catastrofi naturali: possono essere ancora più traumatiche delle situazioni di svalutazione o critica ad opera delle tue figure di riferimento, o degli episodi di separazione prolungata dai genitori, il divorzio di mamma e papà, la perdita precoce di un genitore, o l’assenza di supporto emotivo e di ascolto.

Nello stesso tempo, però, dobbiamo specificare che traumatico potrebbe non essere l’evento in sé, ma le conseguenze che esso ha per quella specifica persona: ciò che fa la differenza, quindi, è proprio il modo personale e unico di rispondere, elaborare e reagire a determinate situazioni più o meno esterne, le quali possono essere traumatiche per qualcuno e per qualcun altro no.

La ricerca ci mostra, purtroppo, che in età adulta l’80% delle difficoltà di regolazione emotiva, la dissociazione, i comportamenti a rischio, le dipendenze, le problematiche di autostima o legate al controllo degli impulsi hanno tutte o quasi una base traumatica che deriva da qualche esperienza sfavorevole vissuta in età infantile.

Questo apre non solo diversi scenari rispetto al’importanza della prevenzione e dell’intervento precoce nelle situazioni di rischio, ma ti fa vedere come ciò che sei oggi è spesso frutto di ciò che hai vissuto ieri, proprio perché è “tutto scritto nel cervello”.

Ciò che caratterizza la ferita interiore dovuta ad una situazione sfavorevole è, infatti, proprio la sua “fissità”: in alcuni casi, non riesci ad andare oltre dando un significato a ciò che hai vissuto e, quindi, il tuo ricordo difficile rimane “congelato” in una dimensione senza tempo scollegata dal resto delle tue esperienze.

 

Il “congelamento psichico” del trauma

 

Non so se ti è mai capitata un cosa del genere, ma spesso succede che chi è stato vittima di un trauma tende o proprio a rivivere, senza volerlo, alcuni frammenti della situazione traumatica (immagini, sensazioni fisiche, emozioni, sogni), come succede a chi è affetto da un disturbo da stress post-traumatico vero e proprio, o ad “isolare” del tutto quello che ha vissuto, andandolo come a dimenticare.

Il problema è che gli echi del trauma fanno capolino ugualmente nella tua vita: e possono manifestarsi sottoforma di emozioni dirompenti, legate magari a tutt’altra cosa, che ti fanno reagire in maniera spropositata e incontrollabile, o attraverso delle convinzioni più o meno negative su te stessa/o e sugli altri, o tramite dei comportamenti “ripetitivi” che ti portano a mettere in atto un “copione” di vita in particolare.

O, ancora più banalmente, il ricordo del trauma che hai dovuto isolare per sopravvivere si può manifestare con sintomi legati all’ansia o alla depressione, o collegati al mondo delle dipendenze in genere.

Non voglio addentrarmi troppo in questioni strettamente cliniche che esulano dall’intento divulgativo e di semplificazione del mio scritto quindi, per farla breve, il punto è un po’ questo: se nella tua vita sopraggiunge un trauma questo determina una sorta di “congelamento” (anche cerebrale), che non permette al tuo cervello di andare verso l’adattamento positivo a cui normalmente tende.

Questo vuol dire che l’informazione legata al trauma rimane come “bloccata” all’interno delle tue reti neurali, con le stesse emozioni, le stesse convinzioni e sensazioni presenti al momento dell’evento.

Infatti, un evento negativo determina nel nostro cervello delle risposte biochimiche (ad esempio produzione di adrenalina e cortisolo) che bloccano il sistema innato di elaborazione del cervello. La conseguenza di ciò è che l’informazione resta imprigionata lì senza poter essere elaborata.

Infatti, è stato ormai dimostrato che il cervello non solo può modificarsi in relazione alle esperienze in cui è immerso (plasticità neuronale), ma ha proprio la caratteristica di tendere verso una “risoluzione” adattiva delle informazioni.

Ecco che, quindi, in alcuni casi una situazione traumatica impedisce proprio questa tendenza positiva e fisiologica del cervello ad andare verso una sorta di auto guarigione.

E, quando questo succede, puoi avere, per esempio, delle reazioni continue e prolungate ad eventi passati da molto tempo o può succedere che delle situazioni attuali che, per qualche motivo, rimandano a quella traumatica (anche se non sei minimamente consapevole di tutto ciò o dei possibili collegamenti) vengono vissute con diverse difficoltà o determinano l’insorgenza di sintomi di varia natura.

Tutto questo perché, come già detto, l’informazione non viene “digerita” e quindi non ha la possibilità di evolversi in senso positivo e di essere collegata con le altre informazioni presenti in memoria per darle un senso. Diventa allora molto importante andare come a “creare dei ponti” tra presente e passato, in modo da poter “scongelare” quello che è rimasto intrappolato dentro di te, per poi andarlo finalmente ad elaborare.

Questo lavoro può essere fatto solo tramite un percorso di psicoterapia e, nello specifico, esistono degli approcci che lavorano in maniera profonda e sistematica su questo come l’EMDR, di cui ti parlerò meglio in altri post.

Purtroppo, però, proprio perché l’impatto del trauma può essere molto forte, la strategia principale che la maggior parte di noi usa per farvi fronte è l’evitamento. “Se non ci penso non esiste”: non so se questa frase è mai passata per la mene tua o di qualche persona a te vicina. Pensiamo di dover “lasciare fuori” dalla nostra vita il dolore, o che sia pericoloso avvicinarlo perché rischiamo di tornare a stare male di nuovo.

Tutto questo non ci aiuta, anzi “rallenta” il cervello nel suo percorso verso l’auto guarigione fisiologica e spontanea: come ho detto più volte, se hai una ferita che ti fa male e non la vai a medicare non potrà rimarginarsi. E’ vero che la medicazione può fare male, ma è un “dolore buono” perché dopo tutto passa e puoi guarire.

 

Spero, allora, che la lettura di questa panoramica sul trauma ti sia servita sia per fare chiarezza dentro di te, ma anche per acquisire maggiore fiducia nel fatto che ci sono delle possibilità concrete di prenderti cura delle tue ferite, grandi o piccole che siano.

 

Come sempre, ti lascio qualche testo utile per approfondire:

- “Lasciare il passato nel passato. Tecniche di auto terapia con l’EMDR”, di Francine Shapiro.

- “Emdr revolution. Cambiare la propria vita un ricordo alla volta. Una guida per i pazienti”, di Tal Croitoru.

- “Traumi Psicologici, ferite dell’anima. Il contributo della terapia con EMDR”, di Isabel Fernandez.

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.