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Si può allenare il rilassamento?

Conosciamo il rilassamento muscolare e il training autogeno


Quante volte ti ripeti che sei stressata/o e non riesci mai a staccare? Immagino tante.

Viviamo, purtroppo, una vita frenetica, che tendiamo erroneamente a riempire sempre di più aggiungendo impegni invece di toglierli.

Questo ci porta frequentemente a sentirci tesi, stanchi e in qualche modo “costretti” dietro scadenze e attività che, magari, non vorremmo nemmeno avere.

Anche i momenti di svago, a volte, diventano quasi degli obblighi, dei doveri, delle cose che si devono fare per dire a noi stessi che ci stiamo svagando.

E, spesso, tutto questo si trasforma in nervosismo, disturbi organici non ben identificati (come il solito mal di testa o mal di schiena perenne per cui non riesci a trovare una spiegazione), in difficoltà a dormire o nella sensazione di non aver dormito bene non appena ti svegli.

Il punto fondamentale è che, inutile mentire, è molto difficile cambiare le proprie routine o diminuire gli impegni: quello che, però, si potrebbe imparare a fare è rilassarsi. Sembra facile a dirsi, meno a farsi lo capisco.

Forse l’errore sta proprio nel concepire il rilassamento come una cosa zen che riescono a fare solo i monaci tibetani e, soprattutto, che non funziona se non hai effetti dopo 3 secondi che pratichi qualche tecnica del genere.

E’ davvero molto complesso entrare nell’ottica del rilassamento come pratica di allenamento, come un qualcosa che non è già dato a priori e che non dipende dalla predisposizione di ognuno, ma che si può imparare.

Questo, però, richiede pazienza e allenamento, un po’ come andare in palestra: se vuoi dei risultati devi essere costante e paziente con te stessa/o. Infine, come è fondamentale avere un istruttore che ti guidi negli esercizi in palestra se sei alle prime armi, anche per il rilassamento è preferibile farsi seguire da un professionista che se ne occupa, magari attraverso dei corsi che organizzano ormai in tutte le città o, volendo, anche online.

Anche in psicoterapia si utilizzano delle tecniche che sfruttano i principi del rilassamento e sono molto utili per la regolazione emotiva, ma anche per i disturbi d’ansia e tanti altri disagi di natura psichica.

In questa sede, però, ci occupiamo del rilassamento che serve a tutti e, nello specifico, di 2 forme diverse di rilassamento che, con una buona pratica, anche tu puoi iniziare ad inserire nella tua routine giornaliera.

 

Conosciamo il rilassamento

 

Come già specificato in questa introduzione, oggi voglio parlarti di due forme di rilassamento molto diverse tra loro, ma che hanno più o meno le stesse funzioni.

In generale, le funzioni principali del rilassamento sono quelle della gestione dello stress che si manifesta per lo più con disturbi somatici o difficoltà del sonno. L’effetto principale di queste tecniche è proprio quello di farti sentire rilassata/o e di farti apprendere a ricreare dentro di te questa dimensione in maniera volontaria.

Il rilassamento ha, infatti, degli effetti molto importanti su tutto il nostro corpo: fa abbassare i livelli di adrenalina nel sangue, migliora l’ossigenazione del sangue, determina un abbassamento della pressione arteriosa. Per questo, se impari nel tempo a rilassarti in maniera volontaria in pratica fai un gran bene anche al tuo corpo e alla tua salute!

Inoltre, il rilassamento migliora la focalizzazione e l’apprendimento: non so se ti è mai capitato, ma quasi sicuramente avrai imparato meglio delle cose quando non ti sentivi tesa/o o agitata/o, e questo è proprio un effetto positivo del rilassamento, che nel ridurre la tua attivazione interna ti predispone meglio ad essere ricettiva/o.

Infine, vivere una condizione di rilassamento ti aiuta anche a mitigare gli effetti dello stress: ovviamente imparare a rilassarsi non significa non arrabbiarsi mai o non essere più tesi, ma determina un modo diverso di viverti la tensione e gli eventi stressanti. Detto in altri termini, se ti capita una brutta giornata e sai rilassarti ti arrabbierai lo stesso, ma sarà un malessere molto più passeggero e con molti meno effetti anche fisici.

 

Il training autogeno e il rilassamento muscolare progressivo

 

Voglio parlarti in breve di queste due forme di rilassamento, perché sono le più strutturate e sistematizzate ma ne esistono molte altre, soprattutto basate sull’immaginazione e la visualizzazione.

Nascono più o meno negli stessi periodi, agli inizi del ‘900 ma si basano su principi molto diversi.

Il training autogeno nasce all’incirca tra il 1908 e il 1912 ad opera di uno studioso di nome Schultz, che iniziò a sfruttare in sostanza gli stessi principi dell’ipnosi (che era già in voga in quegli anni) per indurre nella Persona una condizione di rilassamento.

Se guardiamo proprio il termine, training autogeno significa “allenamento che si genera da sé” (auto-geno): già il nome stesso di questa pratica ci dà molte informazioni importanti. Intanto parliamo, come già specificato sopra, di allenamento: non è un qualcosa dato a priori che si apprende una volta per tutte, ma è più una facoltà che va allenata e migliorata nel tempo.

È, poi, una pratica che si genera da sé: sei tu il protagonista e l’artefice della tua pratica, perché sei tu stessa/o che induci dentro di te uno stato di rilassamento.

Te lo spiego molto superficialmente e velocemente: nel training autogeno ci sono essenzialmente 2 livelli di pratica, uno base e uno avanzato. Su quello avanzato ti dico solo che è molto più vicino alla meditazione che al rilassamento in senso stretto.

Il livello base consiste nell’indursi, tramite la ripetizione di specifiche frasi, delle esperienze sensoriali che, tramite suggestione, verranno sentite davvero a livello corporeo.

Gli esercizi in questione sono 6 e vanno sperimentati a livello progressivo: si parte con l’esercizio della pesantezza (agisce sul rilassamento dei muscoli), per proseguire con quello del calore (agisce sulla dilatazione dei vasi sanguigni periferici), continuare con quello del cuore (agisce sulla funzionalità cardiaca), della respirazione (agisce sull’apparato respiratorio), del plesso solare (agisce sugli organi dell’addome) e, per finire, con quello della testa (agisce a livello cerebrale).

L’obiettivo è quello di dirigere la nostra attenzione su specifiche parti del corpo, come le braccia e le gambe nei primi 2 esercizi, il cuore o il respiro negli altri, dandoci il “comando” di percepire pesantezza, calore, il ritmo costante del battito cardiaco o del respiro, o la freschezza a livello della testa.

Tutte questi “comandi” ci permetteranno di sentire davvero nel nostro corpo ciò che evochiamo, portandoci in uno stato di estremo benessere e rilassamento come conseguenza.

Rispetto all’ipnosi dobbiamo dire che esiste una differenza fondamentale: qui sei cosciente e sei tu ad operare su di te in maniera attiva e volontaria i vari stati, mentre nella pratica ipnotica rimani un po’ più passiva/o ed è un terzo a darti le varie suggestioni in uno stato di non totale coscienza (il discorso è molto complesso e ci sono diversi tipi di ipnosi che in questa sede non ci serve trattare).

A questo proposito, qualcuno ha criticato il training autogeno proprio perché, lavorando sulla suggestione verbale, potrebbe accadere che l’esperienza di rilassamento non sia reale a livello fisico, ma percepita solo a livello psichico.

Ed è qui che interviene il rilassamento muscolare progressivo, pratica nata leggermente dopo (tra il 1917 e il 1924) ad opera di Edmund Jacobson. Il suo testo fondamentale (“Progressive relaxation”) risale al 1929 e questa pratica venne maggiormente studiata e applicata nei casi legati a malattie somatiche di varia natura.

Tale metodo si basa sull’idea che il pensiero e lo stato emotivo influiscano sul livello di risposta muscolare, evidenziando una relazione tra muscolo, pensiero ed emozioni.

In questo caso, non ci sono suggestioni verbali di sorta, ma è il movimento a farla da padrone:  il lavoro viene dal concentrare la propria attenzione sui vari distretti muscolari del corpo che dovranno essere contratti e successivamente rilasciati a intervalli.

Il principio fondamentale è che bisogna prima sentire la contrazione, anche più forte della normale tensione che hanno i nostri muscoli, per poter poi percepire il rilassamento successivo. Jacobson affermava, infatti, che notare la sensazione di tensione e di rilassamento nel momento in cui si smette di contrarre il muscolo aiuterà a provare una piacevole sensazione di benessere nel corpo che si tradurrà in benessere psicologico.

 

Non credo che ci sia una pratica migliore di un’altra ma che, anzi, i due approcci si completino a vicenda: molto dipende dalle tue caratteristiche e da cosa ti si addice di più.

A questo proposito, ti lascio alcuni titoli utili se vuoi approfondire i cenni che ti ho dato qui oggi:

- “Il rilassamento”, di Sapir e altri.

- “Il rilassamento progressivo in psicologia”, di Giorgio Bertolotti.

- “Il libro del training autogeno”, di Gisela Eberrlein.

- “Tecniche di rilassamento muscolare”, di Flavia Ricciardi. 

 

 

 

 

 

Un caldo benvenuto a chi è approdato per caso su questa pagina e a chi ci è arrivato di proposito, insieme ad un grosso arrivederci a chi vorrà tornare a trovarmi.